Ordinanza n. 285/2000

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ORDINANZA N. 285

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 52, comma 4, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1998 dalla Commissione tributaria centrale sul ricorso proposto da Nista Vittorio ed altri contro l’Ufficio del Registro di San Severo, iscritta al n. 389 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 1999.

 Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da alcuni contribuenti contro la decisione con la quale la Commissione tributaria di secondo grado, in parziale accoglimento dell’appello, aveva rettificato il valore del fondo oggetto di accertamento, la Commissione tributaria centrale ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), in riferimento agli artt 3 e 53 della Costituzione, nella parte in cui preclude la rettifica sul valore dei suoli forniti di rendita catastale, inedificabili ma utilizzabili per coltivazione di cava;

che, in fatto, l’ufficio del registro aveva accertato che il terreno oggetto del contratto di compravendita era classificato a pascolo ma era “utilizzato a cava per l’estrazione e per la commercializzazione”;

che la disposizione censurata violerebbe gli indicati parametri costituzionali, atteso che opererebbe una disparità di trattamento tra i fondi edificabili, per i quali è liquidabile l’imposta di registro sul valore reale, eventualmente superiore a quello catastale, rispetto a quelli non edificabili ma destinati a cava, la cui imposta di registro dovrebbe essere liquidata non sul valore catastale, ma con il criterio dell’effettivo valore venale. In tali casi, inoltre, l’atto conterrebbe una espressione di ricchezza che rimarrebbe, senza alcuna giustificazione, estranea al prelievo tributario;

che nel presente giudizio di legittimità costituzionale si è costituita la Presidenza del Consiglio dei ministri rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato che ha concluso chiedendo che sia dichiarata la manifesta infondatezza della questione, in quanto la disposizione censurata – ponendo un limite al potere di rettifica da parte dell’ufficio del registro, qualora il valore dichiarato sia superiore a quello determinato sulla base delle rendite catastali – non è applicabile ai terreni utilizzati a cava, atteso che, l’attività posta in essere con la coltivazione di un fondo adibito a questo fine è riconducibile a quelle di carattere industriale e, come tale, non è suscettibile di valutazione secondo i canoni utilizzati per i terreni agricoli e per i fabbricati. Ed invero, ex art. 18 del r.d. 8 ottobre 1931, n. 1572 (Approvazione del testo unico delle leggi sul nuovo catasto) le cave sono escluse dalla stima fondiaria per la determinazione delle tariffe di reddito dominicale ed agrario dei terreni. Né alcuna conseguenza sul potere di rettifica dell’ufficio del registro può derivare dal fatto che l’interessato non abbia adempiuto all’obbligo di presentare la denuncia di variazione da terreno agricolo a cava, dal momento che il presupposto della valutazione automatica viene meno per il terreno effettivamente adibito a cava, non per la circostanza che sia presentata la prescritta denuncia di variazione.

Considerato che la disciplina dell’imposta di registro (d.P.R. n. 131 del 1986) si fonda sul principio generale secondo cui il valore degli immobili che deve essere assunto per i beni e i diritti afferenti all’atto assoggettato ad imposta è quello corrispondente al loro valore venale, con il conseguente potere di rettifica da parte dell’ufficio ex art. 52, comma 1;

che il successivo comma 4 dello stesso articolo, introducendo la c.d. valutazione forfettaria, pone un limite al potere di rettifica di cui sopra, impedendo all’ufficio di procedere ad una maggiore valutazione allorché il valore degli immobili sia superiore all’ammontare determinato in modo automatico mediante applicazione di determinati coefficienti di rivalutazione sulla base, rispettivamente, del reddito dominicale risultante in catasto per i terreni e per i fabbricati;

che l’art. 18 del r.d. n. 1572 del 1931 esclude le cave dalla stima fondiaria per la determinazione del reddito dominicale, sicché il reddito del terreno formalmente risultante in catasto di natura agricola non è espressivo dell’effettiva ricchezza derivante dalla sua pacifica destinazione e dallo sfruttamento del medesimo a finalità estrattiva, essendo riconducibile l’utilizzazione a cava ad una attività di carattere esclusivamente industriale;

che, come già in sede di accertamento fiscale e nel contenzioso tributario, l’ordinanza di rimessione parte da un erroneo presupposto interpretativo non considerando che avrebbe dovuto tenersi conto del menzionato art. 18, che fa sistema con le norme che più direttamente riguardano l’imposta di registro;

che una corretta interpretazione della normativa su detta imposta esclude l’applicazione dell’istituto della cd. valutazione automatica quando le risultanze catastali non corrispondano alla effettiva e giuridica destinazione del terreno, anche se il contribuente non abbia avuto cura di denunciare la variazione;

che, pertanto, la sollevata questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 52, comma 4, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria centrale con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 14 luglio 2000.