Ordinanza n. 249/2000

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ORDINANZA N. 249

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI  Giudice

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Nome sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale), promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1999 dal Tribunale di sorveglianza di Roma nel procedimento di sorveglianza nei confronti di C. C., iscritta al n. 461 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella Camera di Consiglio del 7 giugno 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza del 23 marzo 1999 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha sollevato su eccezione della difesa, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà personale), come modificato dall'art. 15, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 (Modificazioni urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto della criminalità mafiosa), nella parte in cui non prevede che la liberazione condizionale e la semilibertà possano essere concesse ai condannati per i delitti previsti nel comma 1 del citato art. 4-bis <<che non abbiano fruito di permessi premio quando il giudice che procede ritenga che essi abbiano comunque raggiunto un grado di rieducazione adeguato, conseguito prima dell'entrata in vigore dell'articolo 15, comma 1, del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306 e per i quali non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata>>;

che il rimettente premette:

- di essere stato investito di una richiesta di liberazione condizionale e di semilibertà presentata da un detenuto condannato per sequestro di persona a scopo di estorsione e violazione della legge sulle armi alla pena di ventidue anni di reclusione, con decorrenza dal 15 aprile 1983 e fine pena al 19 settembre 2002;

- che il condannato non potrebbe essere ammesso ai benefici richiesti, neppure in virtù delle sentenze della Corte costituzionale che hanno dichiarato la parziale illegittimità dell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario;

- che il condannato, di cui appaiono indubbi <<i progressi trattamentali e il ravvedimento interiore>>, non ha mai goduto di permessi premio, pur avendo dimostrato nel corso della detenzione <<fattiva e concreta adesione all'opera di rieducazione, tanto da essere ammesso dal giugno 1996 all’attività lavorativa fuori della cinta perimetrale dell’istituto penitenziario>>;

- che tale circostanza impedirebbe al condannato di essere ammesso alla semilibertà, in quanto la sentenza n. 445 del 1997 della Corte costituzionale <<nella parte motiva, da interpretarsi necessariamente alla luce della fattispecie sottoposta all'esame della Corte>>, fa esclusivo riferimento alla situazione di condannati già ammessi al permesso premio in epoca antecedente all'entrata in vigore del decreto-legge n. 306 del 1992;

 che, con particolare riferimento ai parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., il rimettente rileva che, <<una volta elevato a corollario dell'art. 27 della Costituzione il principio della intangibilità, anche ad opera del legislatore ordinario, degli effetti dei progressi del trattamento conseguiti prima dell'entrata in vigore della disciplina restrittiva, risulta irragionevole ritenere accertato un determinato grado di risocializzazione solo in virtù di una pronuncia a sua volta intervenuta prima dell'entrata in vigore della legge>>;

 che, qualora - come nel caso di specie - tale pronuncia manchi, per motivi indipendenti sia dalla volontà del detenuto che dagli esiti del trattamento, si determinerebbe, in violazione dell'art. 3 Cost., una ingiustificata e irragionevole disparità in danno di quei detenuti il cui iter trattamentale non sia stato valutato in tempo utile;

 che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che, richiamandosi alla sentenza di questa Corte n. 137 del 1999 (successiva all'ordinanza di rimessione), ove è affermato il principio che non vi può essere preclusione alla concessione di determinati benefici o di determinate misure alternative in favore di chi, al momento in cui è entrata in vigore la legge restrittiva, abbia già realizzato tutte le condizioni per usufruire di quei benefici o di quelle misure, si è rimessa alle valutazioni della Corte.

Considerato che il rimettente, nel sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis dell'ordinamento penitenziario, come modificato dal decreto-legge n. 306 del 1992, lamenta che la norma censurata non consenta di concedere la liberazione condizionale e la semilibertà ai condannati che, pur avendo raggiunto alla data di entrata in vigore della nuova disciplina restrittiva un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto, non abbiano goduto a tale data di permessi premio;

che peraltro il rimettente non indica quale delle due misure egli intenderebbe in concreto applicare, menzionando genericamente, nel motivare sulla rilevanza della questione, l'<<iter trattamentale e la presenza di ogni altra condizione utile ai fini dell'ammissione [...] sia alla liberazione condizionale che alla semilibertà>>;

che, trattandosi di misure non cumulabili, in quanto applicabili solo alternativamente, e per le quali la legge richiede diversi requisiti e condizioni di ammissione, ne risulta l'incertezza assoluta sulla richiesta che il rimettente intende sottoporre a questa Corte;

che, ai fini dell'ammissibilità della questione, tale incertezza è tanto più rilevante ove si consideri che con sentenza n. 137 del 1999, successiva alla data dell'ordinanza di rimessione, questa Corte - decidendo su un caso in cui non era stato in precedenza concesso alcun beneficio - ha affermato che è sufficiente che il condannato abbia conseguito, alla data di entrata in vigore dell'art. 15, comma 1, del decreto-legge n. 306 del 1992, un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto, risultando così superata l'interpretazione restrittiva riservata dal rimettente alla precedente sentenza n. 445 del 1997, che si riferiva appunto alla semilibertà;

che la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 27, terzo comma, 101, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Roma, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 giugno 2000.