Ordinanza n. 241/2000

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ORDINANZA N. 241

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 31 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto dall'"Euro Tour Viaggi" contro il Ministero dei trasporti e della navigazione, iscritta al n. 843 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che il Presidente del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione terza, con ordinanza del 30 settembre 1998 (R.O. n. 843 del 1998), all’esito di un’udienza (presidenziale) di comparizione delle parti, fissata a seguito della proposizione di un regolamento di competenza da parte dell’amministrazione resistente, ha sollevato le seguenti questioni di legittimità costituzionale: a) in via principale, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), ad eccezione dell’ultimo periodo del primo comma, secondo cui "l’incompetenza per territorio non è rilevabile d’ufficio", in quanto, configurando il regolamento di competenza quale rimedio preventivo devoluto alla cognizione incidentale del Consiglio di Stato e sottraendo al giudizio del giudice di primo grado la corrispondente eccezione processuale di parte, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, primo comma, 125, secondo comma, e 24 della Costituzione; b) in via subordinata, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, quinto comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in quanto, non riconoscendo al giudice di primo grado il potere di impedire la sospensione del processo quando il regolamento di competenza risulti manifestamente inammissibile o manifestamente infondato (così come previsto in materia di regolamento preventivo di giurisdizione nel processo civile dall’art. 367 cod. proc. civ.), si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, primo comma, 125, secondo comma, e 24 della Costituzione;

che l’ordinanza anzidetta è stata pronunciata nell’ambito di un giudizio in cui la fase cautelare si era già esaurita, essendo stata accolta la domanda di sospensione con provvedimento non appellato dalla resistente amministrazione, che, prima della fissazione dell’udienza di merito, ha proposto rituale regolamento di competenza;

che il ricorrente non ha aderito all’eccezione di incompetenza ed ha chiesto al Presidente del Tribunale di pronunciare un provvedimento che esplicitamente impedisse la sospensione del giudizio, poiché l’istanza era palesemente inammissibile ed infondata, assumendo l’applicabilità nel processo amministrativo di una regola conforme a quella posta dall’art. 367 cod.proc.civ.; in subordine, ha chiesto che fosse sollevata la questione di legittimità costituzionale;

che il Presidente del Tribunale amministrativo regionale, all’esito di un’udienza fissata davanti a sé, ha sollevato le predette questioni di costituzionalità, disponendo l’immediata sospensione del processo;

che il giudice a quo ha ritenuto, anzitutto, che la tesi dell’immediata applicazione dell’art. 367 cod. proc. civ. al processo amministrativo, sostenuta dal ricorrente (resistente rispetto al regolamento di competenza), non potesse essere accolta, ed ha, quindi, rigettato l’eccezione di inammissibilità ed infondatezza del regolamento, per prendere in esame i profili che riguardano la costituzionalità dell’art. 31 della legge n. 1034 del 1971;

che, in particolare, il Presidente del Tribunale amministrativo regionale ha ravvisato ragioni sufficienti per sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31 in tutte le sue disposizioni, ad eccezione di quella che si desume dall’ultimo periodo del primo comma, secondo cui l’incompetenza per territorio non è rilevabile d’ufficio. In via subordinata, ed in aderenza alle richieste della parte privata ricorrente, il Presidente ha, altresì, sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 31, quinto comma, nella parte in cui non prevede il potere del giudice di impedire la sospensione del processo qualora il regolamento di competenza sia manifestamente inammissibile o infondato;

che le dedotte questioni, secondo il giudice a quo, sarebbero entrambe rilevanti, poiché, in caso di rispettivo accoglimento, sarebbe concesso al tribunale di decidere con sentenza sulla questione di competenza ovvero al tribunale (o al presidente) di decidere con apposita ordinanza che il processo non rimanga sospeso, in coerenza con quanto dispone l’art. 367 cod. proc. civ.; la rilevanza nel giudizio sarebbe, per altro verso, confermata dalla circostanza che le questioni riguarderebbero norme processuali direttamente applicabili in una determinata fase del processo;

che ciò spiegherebbe - sempre secondo l’ordinanza di rimessione - anche la competenza del Presidente del Tribunale amministrativo regionale a promuovere il giudizio di legittimità costituzionale: la costituzionalità delle norme processuali che regolano una determinata fase del giudizio dovrebbe necessariamente essere esaminata e sollevata dal giudice che viene adìto prima che tali norme vengano applicate dal medesimo organo giurisdizionale, senza che si possa ammettere un differimento ad una fase in cui esse abbiano ormai avuto piena e definitiva applicazione;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità o di infondatezza della questione, illustrando ampiamente le proprie tesi difensive.

Considerato che giova premettere, al fine di inquadrare nel sistema la norma denunciata, che nel processo amministrativo la competenza per territorio è derogabile in base ad "accordo" delle parti, mentre è escluso che il giudice adìto possa rilevare di ufficio l’incompetenza territoriale e decidere sulla competenza stessa, essendo rimessa la relativa questione alla eccezione della parte resistente o interveniente, sottoposta a ristretti termini di decadenza per esigenze di speditezza processuale e di definizione in limine delle questioni di competenza per territorio, sottratte al regime delle impugnazioni in appello (artt. 31 e 32 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034);

che la decisione sulle eccepite questioni di ripartizione della competenza territoriale tra tribunale amministrativo regionale sedente nel capoluogo e sezioni staccate è attribuita al presidente del tribunale amministrativo regionale sentite le parti che ne facciano richiesta (art. 32 della legge n. 1034 del 1971, ipotesi al di fuori della presente fattispecie); che, invece, il regolamento della competenza territoriale tra i tribunali amministrativi regionali è attribuito, in caso di disaccordo tra le parti, al Consiglio di Stato (la cui decisione è destinata ad avere effetti vincolanti per gli stessi Tar), essendo la stessa legge a disporre una sospensione dei processi e un obbligo di trasmissione di ufficio degli atti a cura della segreteria del Tar al Consiglio di Stato, senza l’esigenza di provvedimento decisorio del giudice (art. 31, quinto comma, della legge n. 1034 del 1971); mentre "se tutte le parti siano d’accordo sulla rimessione del ricorso ad altro Tribunale amministrativo regionale, il Presidente cura" (nell’esercizio di poteri organizzatori e di sovraintendenza degli uffici amministrativi di segreteria), "su loro istanza, la trasmissione d’ufficio degli atti del ricorso a tale tribunale regionale" (art. 31, quarto comma);

che le questioni di legittimità costituzionale sono manifestamente inammissibili in quanto sollevate in una fase - per di più presidenziale - non prevista espressamente dalla legge in caso di disaccordo tra le parti, e priva - secondo l’ordinamento del processo amministrativo - di qualsiasi potere decisorio in ordine alla competenza dell’adìto Tar, laddove in ogni caso, anche a seguito di eliminazione della norma denunciata, ogni determinazione sulla competenza sarebbe riservata successivamente ad organo collegiale in sede di decisione preliminare alla definizione del giudizio nella fase di merito;

che, anche sotto il profilo della sospensione del processo e dell’esame delle questioni pregiudiziali ed eccezioni proposte dalle parti, deve escludersi uno spazio decisorio del giudice nella fase in cui è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale della norma, della cui applicazione doveva essere ritualmente investito il Consiglio di Stato in sede di regolamento di competenza (una volta che questo sia stato proposto e che manchi l’accordo tra le parti e quindi si sia prodotta ex lege la sospensione del processo) o il tribunale amministrativo regionale adìto, eventualmente dopo la decisione sulla competenza da parte del Consiglio di Stato, ove si ritenesse la possibilità di contestare, in sede di esame delle questioni preliminari al merito, la vincolatività e l’intero sistema di determinazione della competenza territoriale;

che la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale proposte in via incidentale presuppone che il giudice che le solleva debba in quel momento processuale fare applicazione della norma denunciata, nell’esercizio di funzioni giurisdizionali (istruttorie o decisionali che siano) di cui sia investito, con poteri di risolvere quell’aspetto anche solo procedimentale o preliminare, necessario per la prosecuzione e definizione del giudizio; ipotesi che non si realizza nel caso in esame.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 31 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 125, e 24 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 2000.