Ordinanza n. 234/2000
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ORDINANZA N. 234

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto  CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 146-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse il 28 ottobre ed il 9 novembre 1999 dal Tribunale di Torre Annunziata nei procedimenti a carico di C. N. e di D.M.L., iscritte al n. 748 del registro ordinanze 1999 e al n. 31 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4 e 8, prima serie speciale, dell'anno 2000.

 Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 Ritenuto che con ordinanza in data 28 ottobre 1999 (r.o. n. 748 del 1999) il Tribunale di Torre Annunziata ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 146-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, introdotto dall'art. 2 della legge 7 gennaio 1998, n. 11 (Disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell'esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia), nella parte in cui richiede come presupposto indispensabile per attivare il collegamento audiovisivo a distanza che si proceda per uno dei delitti indicati dall'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., anche nel caso previsto dalla lettera c) della norma censurata;

 che identica questione è stata successivamente sollevata, con ordinanza in data 9 novembre 1999 (r.o. n. 31 del 2000) nel corso di altro procedimento, dal medesimo Tribunale;

 che in entrambi i casi il giudice a quo precisa di procedere nei confronti di soggetto sottoposto al regime speciale di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario, ma imputato per un delitto non rientrante tra quelli elencati dall'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., per i quali è appunto prevista in via esclusiva l'applicazione della disciplina della partecipazione al dibattimento a distanza;

 che il rimettente (ordinanza r.o. n. 748 del 1999) - premesso che la difesa aveva eccepito l'omessa traduzione dell'imputato detenuto (nei cui confronti era stata applicata la disciplina della partecipazione a distanza per la celebrazione, immediatamente precedente, di altro processo per un reato rientrante tra quelli indicati dall'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen.) - rileva che la norma censurata prevede che la partecipazione al dibattimento avvenga a distanza in tre specifiche ipotesi, di cui le prime due (lettere a e b) di natura oggettiva, mentre la terza (lettera c), di natura soggettiva, in quanto si riferisce alle particolari condizioni del soggetto sottoposto al regime speciale di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario, avrebbe dovuto più propriamente essere collocata autonomamente in altra norma;

 che il giudice a quo, preso atto che presupposto indispensabile di tutte e tre le ipotesi di partecipazione al dibattimento a distanza è che si proceda per uno dei delitti elencati nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., osserva che, se la finalità dell'ipotesi di cui alla lettera c) della norma censurata va ravvisata - come affermato dalla sentenza n. 342 del 1999 della Corte costituzionale - nell'esigenza di evitare che detenuti pericolosi possano comunicare con l'esterno in occasione delle traduzioni per la celebrazione dei processi a loro carico, la sola qualità di detenuto sottoposto alla misura di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario dovrebbe di per sé giustificare questa particolare modalità di celebrazione del dibattimento;

 che, ad avviso del rimettente, risulterebbe quindi violato l'art. 3 Cost., per la mancanza di coerenza e per l'intrinseca irragionevolezza del sistema così delineato;

 che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, richiamandosi alle argomentazioni svolte in relazione all'ordinanza della Corte di assise di Catania in data 14 aprile 1998, con la quale, ad avviso dell'Avvocatura, erano state prospettate identiche censure.

 Considerato che le due ordinanze di rimessione hanno per oggetto la medesima questione, per cui deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi di costituzionalità;

 che il rimettente contesta, in quanto incoerente e irragionevole, la scelta, operata dal legislatore nell'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen., di subordinare in ogni caso la partecipazione al dibattimento a distanza alla condizione che si proceda per uno dei delitti elencati nell'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., anche nell'ipotesi di soggetti egualmente portatori di un'alta carica di pericolosità sociale in quanto sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis dell'ordinamento penitenziario, ma imputati per delitti diversi da quelli elencati nel predetto comma 3-bis;

 che la disciplina censurata corrisponde all'esigenza di circoscrivere la partecipazione al dibattimento a distanza ai soli reati che sono diretta "espressione delle più gravi manifestazioni di criminalità di stampo mafioso" (v. sentenza n. 342 del 1999), avendo il legislatore ritenuto che solo nei confronti di soggetti imputati di tali reati fosse opportuno prevedere particolari modalità di esercizio del diritto al contraddittorio;

 che la scelta risulta espressione della sfera di discrezionalità del legislatore, esercitata in maniera non irragionevole e quindi non censurabile in sede di scrutinio di legittimità costituzionale;

 che, inoltre, la disciplina dettata dall'art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. ha carattere temporaneo (il termine di efficacia è fissato alla data del 31 dicembre 2000), essendo volta a fronteggiare esigenze eccezionali, ed è comunque suscettibile di eventuali aggiustamenti in base ai risultati della sperimentazione triennale in corso;

 che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata.

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 riuniti i giudizi,

 dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 146-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Torre Annunziata, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 22 giugno 2000.