Ordinanza n. 219/2000

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ORDINANZA N. 219

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2909 del codice civile e 619 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1999 dal Tribunale di Spoleto nel procedimento civile vertente tra Pimpinicchi Mario e la Banca Popolare di Spoleto ed altri, iscritta al n. 398 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

 Ritenuto che - nel corso di un giudizio di opposizione all'esecuzione promosso da un terzo che pretende avere la proprietà sul bene immobile pignorato, il Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Spoleto, con ordinanza del 24 marzo 1999, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimità costituzionale:

 a) in via principale, dell'art. 2909 del codice civile, nella parte in cui consente, secondo l'interpretazione fornitane dal "diritto vivente", di opporre il giudicato a soggetti rimasti estranei al processo, titolari di un diritto dipendente o subordinato alla situazione definita in quel processo;

 b) in via subordinata («ove tali dubbi di costituzionalità della norma fossero, a giudizio della Corte, infondati»), dell'art. 619 del codice di procedura civile, nella parte in cui consente al terzo di far valere, con l'opposizione all'esecuzione, il suo diritto di proprietà sul bene pignorato, od altro diritto reale, accertato in un giudizio nel quale non siano stati contraddittori i creditori pignoranti;

 che, per quanto riguarda l'art. 2909 cod. civ. - secondo il rimettente - il presupposto su cui il "diritto vivente" fonda l'efficacia riflessa del giudicato civile nei confronti dei titolari di un diritto dipendente o subordinato alla situazione definita nel processo, rimasti estranei a quest'ultimo, cioè l'assunto che la sentenza rappresenti un'affermazione oggettiva di verità, contrasta sia con l'art. 3 Cost., perché le parti, con il loro comportamento nei confronti della lite, possono disporre dell'esito del giudizio, pur in assenza di intenti frodatori o collusivi, sia con l'art. 24 Cost., perché chi è soggetto a tale efficacia riflessa non è sufficientemente tutelato dall'azione di cui all'art. 404, secondo comma, cod. proc. civ., ristretta ai soli casi di collusione e dolo delle parti del processo pregiudizievole;

 che l'ulteriore dubbio di costituzionalità viene prospettato - in riferimento agli stessi parametri - sotto il profilo che l'art. 619 cod. proc. civ., non imponendo che il diritto di proprietà (od altro diritto reale) del terzo sul bene pignorato venga accertato esclusivamente nel giudizio di opposizione all'esecuzione e, quindi, nel contraddittorio con il creditore pignorante, consentirebbe al terzo, con la deduzione di un giudicato formatosi di fronte ad altre parti processuali, di ridurre a sua scelta le difese del pignorante nei ristretti limiti di cui all'art. 404, secondo comma, cod. proc. civ.;

 che il rimettente - dopo aver riferito che, secondo le deduzioni di uno dei creditori procedenti, la domanda di accertamento dell'usucapione era stata proposta dopo il pignoramento, eseguito in base ad un'ipoteca volontaria costituita prima della proposizione di tale domanda ed anteriormente al maturare dei venti anni dell'asserito possesso ad usucapionem del bene da parte del terzo, e dopo aver affermato anche, in punto di diritto, che l'art. 2915, secondo comma, cod. civ. ha riguardo solo agli acquisti a titolo derivativo - afferma la rilevanza della questione sul semplice assunto che nella specie si controverte sull'opponibilità al creditore pignorante, rimasto estraneo al giudizio, della sentenza accertativa dell'acquisto a titolo originario in favore del terzo, per usucapione, del bene pignorato;

 che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di infondatezza della questione.

 Considerato che il giudice rimettente - ritenendo insufficiente la tutela apprestata agli aventi causa ed ai creditori di una delle parti di un processo dall'art. 404, secondo comma, cod. proc. civ., perché limitata ai soli casi di sentenza effetto di dolo o collusione a loro danno - dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 2909 cod. civ. e dell'art. 619 cod. proc. civ., nella parte in cui, secondo il "diritto vivente", rispettivamente prevedono, in generale, la cosiddetta "efficacia riflessa" del giudicato civile e, in particolare, consentono al terzo di far valere, con l'opposizione all'esecuzione, il giudicato relativamente al suo diritto di proprietà sul bene pignorato (nella specie acquistato per usucapione), formatosi a séguito di giudizio nel quale non siano state parti i creditori pignoranti;

 che esso rimettente, nonostante le specifiche deduzioni di parte al riguardo (menzionate nella stessa ordinanza di rimessione), omette di motivare o non motiva adeguatamente su due punti decisivi della controversia, logicamente preliminari alla sollevata questione di costituzionalità, e cioè, in primo luogo, sull'eccepita inefficacia, in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell'esecuzione, ai sensi dell'art. 2915, secondo comma, cod. civ., della domanda di accertamento del diritto di proprietà o di revindica di un immobile per usucapione, trascritta successivamente al pignoramento; e, in secondo luogo, sull'invocata opponibilità - al terzo che faccia valere la intervenuta usucapione a suo favore del bene immobile pignorato - dell'ipoteca in favore del creditore pignorante, iscritta sul medesimo bene in data anteriore alla maturazione del termine per l'usucapione ed alla trascrizione della correlativa domanda di accertamento o di revindica;

 che, in particolare, sul primo punto il rimettente si limita ad affermare, con asserzione meramente apodittica, che l'art. 2915, secondo comma, cod. civ. è applicabile solo alle ipotesi di acquisto derivativo, mentre occorrerebbe invece compiutamente argomentare - pur tenuto conto della peculiarità degli effetti della trascrizione della domanda e delle sentenze relative all'acquisto di diritti immobiliari per usucapione, ai sensi degli artt. 2653 n. 1 e 2651 cod. civ. - in ordine all'eventuale non riconducibilità della domanda di usucapione a quelle «per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione», secondo quanto stabilito dal citato art. 2915, secondo comma, cod. civ.;

 che sul secondo punto (involgente questioni da lungo tempo agitate in dottrina e giurisprudenza, come quelle relative alla configurabilità nel nostro ordinamento della cosiddetta usucapio libertatis ed al senso ed ai limiti del principio della cosiddetta "retroattività reale" dell'usucapione) il giudice a quo omette qualsiasi considerazione sia in fatto sia in diritto, impedendo così ogni controllo sulla rilevanza del prospettato dubbio di costituzionalità;

 che il mancato esame di punti decisivi della controversia si risolve nell'inottemperanza del giudice rimettente all'onere di argomentare e motivare sulla rilevanza stessa, così da rendere la sollevata questione manifestamente inammissibile (v., ex multis, ordinanze nn. 450, 282 e 174 del 1999).

 Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2909 del codice civile e 619 del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Giudice dell'esecuzione del Tribunale di Spoleto, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 giugno 2000.