Ordinanza n. 206/2000
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ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art.206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 17 luglio 1999 dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, nel procedimento civile vertente tra C.R. e il Servizio di riscossione tributi iscritta al n. 550 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 maggio 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, con ordinanza in data 17 luglio 1999, solleva, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui disciplina la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria irrogata per violazione delle norme del codice della strada mediante rinvio all'art. 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), il quale, a sua volta, rinvia all'art. 54, secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito);

che, secondo il rimettente, l'applicabilità alla riscossione delle entrate in esame dell'art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, in virtù del richiamo contenuto nell'art. 27 della legge n. 689 del 1981, al quale rinvia la norma impugnata, renderebbe inammissibili le opposizioni ex artt. 615 e 617 cod. proc. civ.;

che, ad avviso del giudice a quo, l'applicabilità dell'art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973 realizzerebbe una non ragionevole limitazione del diritto di difesa del debitore, dato che, in riferimento ad una entrata non tributaria qual è quella in esame, non sussisterebbe l'esigenza di garantire il programmato afflusso nelle casse dello Stato delle risorse indispensabili per la spesa pubblica;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale, in linea preliminare, ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile per sopravvenuto difetto di rilevanza, a seguito delle modificazioni introdotte dall'art. 16 del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 - le quali renderebbero comunque necessario ordinare la restituzione degli atti - e, nel merito, ha chiesto che la Corte la dichiari infondata in virtù delle argomentazioni svolte nella sentenza n. 437 del 1995.

Considerato che il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 206 del d.lgs. n. 285 del 1992, nella parte in cui, attraverso il rinvio all'art. 27 della legge n. 689 del 1981, rendendo applicabile alla riscossione delle entrate in esame l'art. 54, secondo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973, realizzerebbe una non ragionevole limitazione della tutela del debitore;

che, in data anteriore all'ordinanza di rimessione, è entrato in vigore il d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, il quale ha innovato la disciplina della riscossione coattiva;

che, in particolare, l'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999 ha sostituito l'intero Titolo II del d.P.R. n. 602 del 1973, modificando l'art. 54 e confermando, agli artt. 57 e 60, l'improponibilità delle opposizioni regolate dall'art. 615, cod. proc. civ., ad eccezione di quelle aventi ad oggetto la pignorabilità dei beni, e delle opposizioni disciplinate dall'art. 617, cod. proc. civ. concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, disponendo che il giudice dell'esecuzione non può sospendere il processo esecutivo, salvo che ricorrano fondati motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno;

che, in particolare, l'art. 29 del d.lgs. n. 46 del 1999 dispone che, ora, per le entrate <<non tributarie, il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo può sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi>>, stabilendo altresì che ad esse <<non si applica la disposizione del comma 1 dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 come sostituito dall'art. 16 del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie>> e che <<ad esecuzione iniziata il giudice può sospendere la riscossione solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto>>;

che il predetto art. 29 riguarda anche le entrate derivanti dall'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie per infrazioni alle norme del codice della strada, in quanto esse non hanno natura tributaria;

che, nonostante la nuova disciplina sia entrata in vigore anteriormente alla data dell'ordinanza di rimessione, essa non risulta presa in esame dal giudice a quo, il quale, conseguentemente, non ha esplicitato se il mutamento del quadro normativo di riferimento abbia eventualmente inciso, ed entro quali limiti, sulla fattispecie sottoposta al suo esame;

che la mancanza di ogni specificazione al riguardo determina la carenza della motivazione in ordine alle ragioni che, secondo il rimettente, fanno ritenere la perdurante rilevanza della questione;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui disciplina la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria irrogata per violazione delle norme del codice della strada, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 16 giugno 2000.