Ordinanza n. 174/2000

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ORDINANZA N. 174

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 30 giugno 1998 dal Pretore di Varese nei procedimenti civili riuniti vertenti tra G.C. ed altri e l'A.S.L. della Provincia di Varese, iscritta al n. 851 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1998 e il 14 settembre 1998 dal Pretore di Milano, sezione distaccata di Abbiategrasso, nel procedimento civile vertente tra M.M. ed altri e l'A.S.L. della Provincia di Milano 1, iscritta al n. 235 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 aprile 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Pretore di Varese ed il Pretore di Milano, Sezione distaccata di Abbiategrasso, in funzione di giudici del lavoro, con ordinanze emesse rispettivamente il 30 giugno ed il 14 settembre 1998, in giudizi aventi ad oggetto l'impugnazione di provvedimenti di revoca degli incarichi adottati da Aziende sanitarie locali nei confronti di medici specialisti ambulatoriali convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui esclude la prosecuzione del rapporto di lavoro con i medici specialisti ambulatoriali che abbiano compiuto il cinquantacinquesimo anno di età e siano titolari di un trattamento di quiescenza per pregressi rapporti, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 4, 35 e 38, secondo comma, della Costituzione;

che, ritenuta la giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria e la competenza del giudice del lavoro in ordine alle controversie sottoposte al loro esame, i giudici rimettenti sostengono che la fissazione di un limite legale di età per la prosecuzione del rapporto convenzionale, in presenza delle condizioni previste dalla norma impugnata, determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento non solo rispetto agli altri sanitari convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, ma anche rispetto ai medici specialisti ambulatoriali di età superiore a cinquantacinque anni che non fruiscano di un trattamento di quiescenza e non siano titolari di altro tipo di convenzioni, o che, se titolari delle stesse, vi abbiano rinunziato nel termine appositamente previsto, nonché rispetto a quelli di età inferiore a cinquantacinque anni;

che la norma censurata, ad avviso dei giudici a quibus, risulterebbe lesiva anche del diritto al lavoro dei professionisti interessati, i quali non potrebbero dedicarsi alla libera professione senza risentire negativamente della facoltà, riconosciuta ai cittadini, di rivolgersi gratuitamente, per le medesime prestazioni, al Servizio sanitario nazionale o a specialisti ambulatoriali convenzionati;

che l'individuazione della mera titolarità del trattamento di quiescenza quale causa di risoluzione del rapporto di lavoro, non accompagnata dalla fissazione della sua misura, pregiudicherebbe il diritto degli specialisti ambulatoriali ad un trattamento pensionistico adeguato alle loro esigenze di vita, che non potrebbe ritenersi sufficientemente garantito da quello maturato al cinquantacinquesimo anno di età;

che, ad avviso del Pretore di Milano, la norma impugnata contrasterebbe anche con l'art. 36 della Costituzione, in quanto al compimento del cinquantacinquesimo anno di età i medici specialisti ambulatoriali convenzionati si trovano nell'impossibilità di conseguire sia il trattamento di quiescenza in qualità di dipendenti del Servizio sanitario nazionale, sia la pensione di anzianità corrisposta dall'ENPAM;

che, in entrambi i giudizi, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, ed ha eccepito l'infondatezza della questione, sostenendo che la determinazione dei requisiti per la definizione del trattamento riservato ai medici specialisti ambulatoriali convenzionati costituisce il frutto di una scelta discrezionale del legislatore, conforme ai principi costituzionali e razionale sul piano logico-sistematico;

che non si sono invece costituite le parti dei giudizi principali.

Considerato che le questioni di legittimità costituzionale hanno entrambe ad oggetto l'art. 34, comma 1, della legge n. 449 del 1997, il quale disciplina l'inquadramento a domanda, nel primo livello dirigenziale del Servizio sanitario nazionale, degli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale che, alla data del 31 dicembre 1997, svolgessero esclusivamente attività ambulatoriale con incarico non inferiore a ventinove ore settimanali e non avessero ancora superato i cinquantacinque anni di età, disponendo la cessazione dei rapporti convenzionali nei confronti dei professionisti che non siano in possesso dei requisiti indicati oppure che, avendone titolo, non abbiano presentato domanda di inquadramento;

che entrambi i giudici a quibus censurano la norma impugnata per violazione degli artt. 3, primo e secondo comma, 4, 35 e 38, secondo comma, ed il Pretore di Milano anche per violazione dell'art. 36 della Costituzione, nella parte in cui prevede che gli specialisti ambulatoriali che, alla data del 31 dicembre 1997, avessero almeno cinquantacinque anni di età mantengono il precedente incarico di medicina ambulatoriale a condizione che non si trovino in trattamento di quiescenza per pregressi rapporti;

che l'identità della norma impugnata e la parziale comunanza delle norme costituzionali invocate dai giudici rimettenti, nonché l'affinità delle argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione, rendono opportuna la trattazione congiunta delle questioni;

che l'art. 34 della legge n. 449 del 1997 disciplina i rapporti convenzionali costituiti a norma dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 con i medici specialisti ambulatoriali, nel quadro del processo di revisione e superamento del regime delle convenzioni attuato dall'art. 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, in conformità anche con il principio dell'unicità del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale, introdotto dall'art. 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412;

che nel quadro di tale disciplina, volta a ridurre il numero delle convenzioni in atto per accelerare la transizione al nuovo sistema disciplinato dagli articoli da 8-bis a 8-octies del d.lgs. n. 502 del 1992, non appare priva di ragionevole giustificazione, in quanto ispirata ad esigenze di migliore funzionalità del servizio, la distinzione introdotta tra gli specialisti ambulatoriali convenzionati, ai fini della prosecuzione del rapporto di lavoro, in relazione all'età ed alla titolarità di un trattamento di quiescenza, sicché risulta infondata, sotto tale profilo, la denuncia di violazione dell'art. 3 della Costituzione;

che, per altro verso, non è possibile la comparazione con il trattamento riservato ad altre categorie di professionisti convenzionati, il cui rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale è assoggettato ad una disciplina organizzativa ed economica caratterizzata da una pluralità di elementi di differenziazione, correlati al luogo in cui viene resa la prestazione professionale o alle modalità di espletamento della stessa, tali da renderla incompatibile con quella alla quale sono sottoposti gli specialisti ambulatoriali, la cui attività è contraddistinta dalla natura pubblica delle strutture in cui sono destinati ad operare e dai profili di parasubordinazione che ne qualificano la prestazione professionale (cfr. ordinanza n. 128 del 1998, sentenza n. 293 del 1997);

che infondata risulta anche la censura riferita agli artt. 4 e 35 della Costituzione, in quanto la prima disposizione concerne precipuamente «l'accesso al mercato del lavoro» (cfr. sentenza n. 293 del 1997, ordinanza n. 380 del 1994), e non offre una garanzia costituzionale in ordine alla conservazione del posto di lavoro, ove siano intervenuti, come nel caso di specie, mutamenti nelle situazioni giuridiche ed economiche su cui il rapporto di lavoro risulti fondato, mentre la seconda enuncia un principio generale di garanzia del lavoro, riservando al legislatore ordinario la disciplina per la protezione delle varie forme di attività lavorativa (cfr. ordinanza n. 254 del 1997, sentenza n. 419 del 1993);

che la norma censurata, d'altronde, si limita ad escludere la prosecuzione dei rapporti convenzionali disciplinati dall'art. 48 della legge n. 833 del 1978, e non incide quindi sul diritto degli specialisti ambulatoriali di esercitare l'attività libero-professionale, né esclude la possibilità di accedere, subordinatamente all'accertamento dei requisiti prescritti dalle regioni a norma dell'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, ai nuovi rapporti fondati sull'accreditamento istituzionale e sulla remunerazione a tariffa delle prestazioni rese;

che inconferente deve ritenersi il richiamo all'art. 36 della Costituzione, in quanto la garanzia di un trattamento retributivo sufficiente ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa si riferisce ai rapporti di lavoro subordinato (cfr. sentenza n. 115 del 1994, sentenza n. 7 del 1993), mentre l'attività svolta dagli specialisti ambulatoriali convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, pur presentando profili di parasubordinazione, si inquadra in un rapporto di prestazione d'opera professionale;

che infondata risulta infine la censura riferita all'art. 38 della Costituzione, in quanto la norma impugnata non incide sulla titolarità del trattamento di quiescenza spettante ai professionisti in questione, né prevede una riduzione della sua misura in dipendenza dell'ulteriore svolgimento di attività lavorativa da parte del titolare, ma, disponendo la risoluzione dei rapporti convenzionali in atto, comporta soltanto il venir meno del diritto al relativo compenso, non avente natura di prestazione previdenziale.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 4, 35 e 38, secondo comma, della Costituzione, dal Pretore di Varese, ed in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 4, 35, 36 e 38, secondo comma, dal Pretore di Milano, Sezione distaccata di Abbiategrasso, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 1° giugno 2000.