Ordinanza n. 171/2000

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ORDINANZA N. 171

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 1, lettera b) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività d’accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), nonché dell’art. 11, comma 9, della medesima legge n. 413 del 1991, promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Terni, sul ricorso proposto da Galassi Vittorio contro la Direzione regionale per le entrate dell’Umbria – sezione di Terni, iscritta al n. 129 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che ¾ nel corso di un giudizio promosso per ottenere il rimborso dell’IRPEF corrisposta su somme percepite a titolo di indennità di esproprio ¾ la Commissione tributaria provinciale di Terni, con ordinanza emessa il 5 febbraio 1998 (pervenuta a questa Corte il 22 febbraio 1999 ed iscritta al R.O. n. 129 del 1999), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività d’accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), nonché dell’art. 11, comma 9, della citata legge n. 413 del 1991;

che il rimettente, nel denunciare le menzionate disposizioni ¾ per contrasto con gli artt. 3 e 53 della Costituzione “nel loro combinato disposto (oltre che nelle singole statuizioni di tali articoli)” ¾ rileva, anzitutto, che l’art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 917 del 1986, come modificato dall’art. 11 della legge n. 413 del 1991, avrebbe introdotto “il criterio della valutabilità ai fini reddituali” delle alienazioni connesse a procedimenti espropriativi, dando così luogo ad un trattamento differenziato ¾ del quale “non è dato di comprendere minimamente il senso, non parendo espressione di una diversa capacità reddituale ed impositiva” ¾ tra plusvalenze derivanti da “generica alienazione infraquinquennale di beni acquisiti per donazione o successione”, le quali “non rilevano ai fini dell’IRPEF”, e “somme costituenti il controvalore della speciale alienazione connessa ad un procedimento espropriativo";

che, inoltre, secondo il giudice a quo, dalla modifica così apportata all’art. 81 del d.P.R. n. 917 del 1986 deriverebbe “una equivalenza assoluta” tra concetto di “plusvalenza” (che, “già etimologicamente, evoca il concetto di un maggior valore”) e “il prezzo/indennità di cessione/espropriazione, che viene elevato a rango di plusvalenza nella sua totalità, prescindendo da ogni valutazione circa la sua maggiore elevatezza (o, piuttosto, equivalenza o minusvalenza) rispetto al valore corrente del bene acquisito alla mano pubblica”, in assenza, peraltro, di “giustificate ragioni per tale speciale severità impositiva”;

che, ad avviso del rimettente, sarebbe da reputare incostituzionale anche il comma 9 del censurato art. 11 della legge n. 413 del 1991, in quanto considera indice di capacità contributiva “circostanze e situazioni avveratesi antecedentemente alla sua promulgazione introducendo per di più, ancora una volta, un discrimine temporale (31 dicembre 1988) del quale non è dato di comprendere la ragione”;

che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il giudice rimettente ha l’onere di indicare i concreti elementi della fattispecie sottoposta al suo esame e di esporre le argomentazioni che fondano il giudizio di rilevanza: onere particolarmente rigoroso in una materia caratterizzata, oltre tutto, da non univoci orientamenti giurisprudenziali circa i presupposti della tassazione delle plusvalenze previste dall’art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413;

che, nel caso di specie, l’ordinanza, al di là di un generico riferimento alla data del "titolo per la riscossione di somme" (26 giugno 1991), non indica puntualmente gli elementi della fattispecie che, avuto riguardo alla data del trasferimento del bene e a quella della percezione delle somme stesse, lo portano a ricondurre la fattispecie medesima sotto la disciplina delle disposizioni denunciate;

che, pertanto, in mancanza delle condizioni necessarie per dare ingresso al giudizio di legittimità costituzionale, le sollevate questioni vanno dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti la Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 81, comma 1, lettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi), come modificato dall’art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività d’accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), nonché dell’art. 11, comma 9, della citata legge n. 413 del 1991 sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Terni con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 1° giugno 2000.