Ordinanza n. 155/2000

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ORDINANZA N. 155

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 105 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), promossi con due ordinanze della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, emessa, l’una, il 23 settembre 1998, nel corso di un giudizio di responsabilità, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 1999, e, l’altra, il 19 gennaio 1999, nel corso di un giudizio in materia di pensione militare proposto da Castagna Ernesto, iscritta al n. 249 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di costituzione di Castagna Ernesto nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, giudicando in sede di rinvio da parte delle Sezioni giurisdizionali centrali di appello, ha sollevato ¾ con due ordinanze emesse in data 23 settembre 1998 (R.O. n. 237 del 1999) e 19 gennaio 1999 (R.O. n. 249 del 1999) ¾ questione di legittimità costituzionale dell'art. 105 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti);

che, secondo il rimettente, il predetto art. 105, giusta l’interpretazione accolta dal c.d. "diritto vivente", consentirebbe, in sede di appello, di limitare la cognizione alle questioni pregiudiziali ovvero di conoscere in tutto o in parte del merito, a prescindere dall’esistenza di una questione pregiudiziale, con rinvio al giudice di primo grado per la definizione del giudizio;

che, pertanto, la disposizione denunciata, nella interpretazione di cui sopra, consentendo al giudice d'appello di trattare anche solo una parte del merito e, quindi, di rinviare gli atti al giudice di primo grado per la definizione del giudizio, determinerebbe un assoggettamento di quest'ultimo alle statuizioni del primo tanto marcato da limitare la formazione ed espressione del suo libero convincimento per la definizione della causa, con conseguente violazione dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione;

che, secondo la prospettazione di cui all’ordinanza iscritta al n. 249 del R.O. del 1999, sarebbe violato, altresì, il principio di ragionevolezza, in quanto il riconoscimento al giudice d’appello del potere di scegliere i casi in cui non definire la controversia può comportare "non solo un’infinita duplicazione del primo e del secondo grado di giudizio ma anche l’esame della stessa controversia più volte da parte di giudici dello stesso grado";

che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza della questione;

che, nel giudizio di cui all’ordinanza iscritta al n. 249 del R.O. del 1999, si é costituita, altresì, la parte privata, Castagna Ernesto, che ha concluso per l'irrilevanza e per la manifesta infondatezza della questione.

Considerato che i giudizi, ponendo analoga questione, possono essere riuniti per essere decisi con un'unica pronunzia;

che, nei termini sopra riferiti, la questione ha già formato oggetto di esame da parte di questa Corte (ordinanza n. 158 del 1999), che l'ha dichiarata manifestamente inammissibile, rilevando, in particolare, che l'art. 105 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 definisce l’ambito di cognizione affidato al giudice di appello, sicchè difetta il requisito della rilevanza, essendo la norma impugnata applicabile in una fase processuale del giudizio a quo diversa da quella in cui la questione stessa é stata sollevata;

che analoga pronuncia di manifesta inammissibilità non può non essere resa anche in questa circostanza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 105 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038 (Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti), sollevata dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, in riferimento all'art. 101, secondo comma, della Costituzione, con entrambe le ordinanze in epigrafe e, in riferimento, altresì, al principio di ragionevolezza, con l’ordinanza iscritta al n. 249 del R.O. del 1999.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 24 maggio 2000.