Ordinanza n. 131/2000

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ORDINANZA N. 131

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3, numero 2, lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo modificato dall’art. 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74, promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 1998 dal Tribunale di Udine sul ricorso proposto da Nadalin Flavio ed altra, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 2000 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto che il Tribunale di Udine, dovendo decidere sulla domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, numero 2, lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), nel testo modificato dall’art. 5 della legge 6 marzo 1987, n. 74;

che il giudice a quo premette essere pacifico che i due coniugi hanno concepito e generato un figlio durante il periodo di separazione personale;

che la norma impugnata, mentre prevede che la pronuncia di divorzio possa intervenire solo se la separazione si sia protratta ininterrottamente per almeno tre anni a decorrere dalla prima udienza di comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale, prevede pure che l’eventuale interruzione della separazione debba essere eccepita dalla parte convenuta e non dal pubblico ministero obbligatoriamente interveniente;

che detta limitazione appare irrazionale “perché rimette alla interessata iniziativa di parte il rispetto di una norma cogente”, e si pone in contrasto con l’art. 29 Cost. perché non tutela adeguatamente i diritti della famiglia, potendo i coniugi artificiosamente predisporre una separazione consensuale al solo scopo di ottenere, in qualunque momento, la sentenza di divorzio;

che, in ordine alla rilevanza, il Tribunale fa presente che la norma impugnata non consente di prendere in esame una circostanza altrimenti decisiva per l’eventuale esito del giudizio di divorzio.

Considerato che il Tribunale di Udine si duole in sostanza del fatto che la norma impugnata subordini all'eccezione della parte convenuta la possibilità di rilevare l'eventuale interruzione della separazione tra coniugi, senza consentire analoga facoltà al giudice o al pubblico ministero, specie nell'ipotesi di domanda congiunta;

che l'ordinanza di rimessione non specifica lo svolgimento della vicenda processuale, ed in particolare se la questione sia sorta nell'ambito di un giudizio contenzioso di divorzio ovvero in un procedimento camerale introdotto da domanda congiunta, omettendo inoltre di dare conto di quali siano state le posizioni del pubblico ministero e le deduzioni delle parti, anche in ordine alla nascita del figlio;

che il giudice a quo, limitandosi a riferire il fatto della nascita di un figlio durante il periodo della separazione legale, non motiva circa l’effettiva rilevanza, nella specie, di questo mero dato ai fini dell’interruzione della separazione o, comunque, della necessaria indagine sulla reversibilità del disfacimento della comunione materiale e spirituale tra i coniugi (v. art. 1 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sentenza n. 181 del 1976 di questa Corte e giurisprudenza costante della Cassazione);

che, infine, il generico riferimento alle possibili “predisposizioni artificiose di apparenti separazioni consensuali” finalizzate ad ottenere in qualunque momento la pronuncia di divorzio, risulta privo di ogni precisazione in fatto e in diritto;

che, pertanto, la sollevata questione di costituzionalità non è supportata da una sufficiente motivazione in ordine all'essenziale requisito della rilevanza, e deve essere quindi dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, numero 2, lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 29 della Costituzione, dal Tribunale di Udine con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 maggio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 10 maggio 2000.