Ordinanza n. 128/2000

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ORDINANZA N.128

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco  BILE 

- Giovanni Maria  FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17, secondo, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1999 dal Pretore di Udine, sezione distaccata di Latisana, nel procedimento civile vertente tra Meneghello Bertilla e Ministero delle finanze ed altra, iscritta al n. 212 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che il Pretore di Udine, con ordinanza emessa il 27 gennaio 1999, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 15, 24, 29 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, secondo, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche);

che, ad avviso del rimettente, la norma denunciata sarebbe lesiva del principio di eguaglianza tra i coniugi, in quanto - prevedendo che gli accertamenti in rettifica, in caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte di coniugi non legalmente ed effettivamente separati, siano notificati al solo marito - attribuirebbe a questi una posizione di ingiustificato vantaggio rispetto alla moglie;

che di contro la moglie, per il solo fatto di essersi avvalsa della facoltà di presentare la dichiarazione dei redditi unitamente al coniuge, subirebbe una limitazione del proprio diritto di conoscere atti idonei ad incidere nella propria sfera giuridica;

che qualsiasi presunzione di conoscibilità degli atti notificati al marito, da parte della donna coniugata, sarebbe d’altro canto esclusa nei casi di mancanza di coabitazione, per effetto di separazione o divorzio, con sicura violazione, in danno di costei, del diritto di difesa e del diritto alla inviolabilità della corrispondenza;

che, sotto un diverso aspetto, la medesima norma, nel prevedere - secondo l’interpretazione costituente diritto vivente - la responsabilità solidale dei coniugi non solo per gli obblighi tributari risultanti dalla dichiarazione dei redditi, ma anche per quelli derivanti da futuri accertamenti e dipendenti da comportamenti omissivi non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi, determinerebbe, stante la non identità dei rapporti tributari facenti capo ai coniugi stessi, un’irragionevole ipotesi di responsabilità patrimoniale per fatto altrui;

che nel giudizio a quo la ricorrente - assoggettata a pignoramento, senza previa notifica della cartella esattoriale né dell’avviso di mora, per debiti d’imposta accertati nei confronti del coniuge separato, relativamente ad un periodo d’imposta, anteriore alla separazione, per il quale era stata presentata dichiarazione congiunta - ha proposto opposizione di terzo all’esecuzione sul presupposto della propria estraneità al rapporto tributario ed alla stessa attività di impresa svolta dal coniuge;

che alla medesima ricorrente, proprio in considerazione del vincolo di solidarietà passiva derivante dalla norma della cui legittimità costituzionale il rimettente dubita, andrebbe tuttavia negata la qualità di terzo rispetto all’esecuzione intrapresa dal concessionario del servizio di riscossione dei tributi e conseguentemente il giudice adito dovrebbe dichiarare il proprio difetto di giurisdizione, in quanto, ai sensi dell’art. 53 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), nel testo vigente al momento dell’opposizione, avverso gli atti esecutivi dell’esattore il contribuente ed i coobbligati possono fare ricorso esclusivamente all’Intendente di finanza;

che la prospettata questione di costituzionalità sarebbe perciò, sotto tale profilo, rilevante ai fini della decisione;

che l’Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in giudizio per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per la declaratoria di infondatezza della questione.

Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3, 15, 24, 29 e 53 Cost., della legittimità costituzionale della disciplina dettata, in tema di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati, dall’art. 17, secondo, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114;

che in ordine alla medesima questione, sollevata in riferimento al parametro di cui all’art. 3 Cost., questa Corte ha già affermato che la dichiarazione congiunta dei redditi rappresenta l’esercizio di una facoltà dei contribuenti, con i conseguenti oneri e vantaggi ad essa connessi, e che pertanto la relativa disciplina, anche procedimentale, resta riservata all’apprezzamento discrezionale del legislatore, cosicché la disposizione impugnata non può ritenersi lesiva del principio di eguaglianza laddove, nell’evidente intento di semplificazione e snellezza del procedimento tributario, prevede la notificazione degli atti impositivi al solo marito (sentenza n. 184 del 1989, ordinanze nn. 4 e 36 del 1998);

che sulla scorta di analoghe considerazioni va esclusa la prospettata violazione del principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, di cui all’art. 29 Cost.;

che, per quanto riguarda il parametro di cui all’art. 24 Cost., non viene addotta dal rimettente ragione alcuna che induca a disattendere l’interpretazione adeguatrice della norma censurata, prospettata nelle pronunce già citate, a tenore della quale deve ritenersi che alla moglie, coobbligata in solido, sia comunque garantita dall'ordinamento la possibilità di tutelare i propri diritti entro i termini decorrenti dalla notifica dell’avviso di mora o del diverso atto con il quale venga per la prima volta a legale conoscenza della pretesa avanzata dall’amministrazione finanziaria in via solidale, e ciò anche al fine di contestare eventualmente nel merito l’obbligazione tributaria del coniuge;

che anche con riferimento al parametro di cui all’art. 53 Cost. la medesima questione è stata già dichiarata manifestamente infondata, in base alla considerazione che il principio di capacità contributiva non esclude che la legge possa stabilire prestazioni tributarie solidali a carico oltreché del debitore principale anche di altri soggetti, comunque non estranei alla posizione giuridica a cui inerisce il rapporto tributario (sentenza n. 184 del 1989, ordinanze n. 187 del 1991, n. 301 del 1988, n. 316 del 1987);

che del tutto inconferente è infine il riferimento al parametro di cui all’art. 15 Cost., in quanto la previsione di notifica degli atti di accertamento al solo marito non comporta evidentemente alcuna menomazione, in danno della moglie, delle garanzie di libertà e segretezza della corrispondenza di costei.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, secondo, terzo, quarto e quinto comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114 (Modificazioni alla disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 15, 24, 29 e 53 della Costituzione, dal Pretore di Udine con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 maggio 2000.