Sentenza n. 127/2000

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SENTENZA N.127

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Francesco GUIZZI, Presidente

- Prof.  Cesare MIRABELLI 

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott.  Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof.  Carlo MEZZANOTTE 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

- Dott. Franco BILE 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi promossi con ricorsi delle Regioni Piemonte, Veneto e Liguria, notificati il 12 giugno 1998, depositati in cancelleria il 18 successivo, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro dell’ambiente del 5 febbraio 1998, recante "Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22" ed iscritti ai nn. 16, 17 e 18 del registro conflitti 1998.

 Udito nell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

 udito l’avvocato Enrico Romanelli per le Regioni Piemonte, Veneto e Liguria.

Ritenuto in fatto

 1. – Con tre ricorsi di identico contenuto (reg. confl. nn. 16, 17 e 18 del 1998) le Regioni Piemonte, Veneto e Liguria hanno proposto conflitti di attribuzione contro lo Stato in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) e ne hanno chiesto l’annullamento in quanto adottato "esautorando completamente le competenze regionali in materia di rifiuti e comunque senza la previa consultazione della Conferenza permanente Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400".

 Le ricorrenti ricordano che il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ha trasferito alle Regioni le funzioni concernenti la programmazione di interventi per la prevenzione e il controllo dell’igiene del suolo e la disciplina della raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e rurali; in particolare l’art. 101, lettera b), ha disposto il trasferimento delle funzioni amministrative già esercitate da organi centrali e periferici dello Stato in ordine all’igiene del suolo e all’inquinamento atmosferico, idrico, termico e acustico, compresi gli aspetti igienico-sanitari delle industrie insalubri.

 Parimenti il d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, all’art. 6, ha conferito alle Regioni competenza in materia di smaltimento di rifiuti, del loro trattamento e del loro stoccaggio temporaneo e definitivo e il decreto-legge 31 agosto 1987, n. 361, convertito nella legge 29 ottobre 1987, n. 441, ha attribuito alle medesime ulteriori competenze in tema di smaltimento dei rifiuti.

Il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), all’art. 31 detta la disciplina in materia di determinazione delle attività di smaltimento e delle caratteristiche dei rifiuti per l’ammissione alle procedure semplificate indicate negli artt. 32 e 33, prevedendo, al comma 2, che il Ministro dell’ambiente fissi con propri decreti i tipi e le qualità di rifiuti e le condizioni in base alle quali le attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi e le attività di recupero di cui all’allegato siano sottoposte a dette procedure semplificate. L’art. 32 dello stesso decreto legislativo n. 22 del 1997 disciplina l’autosmaltimento dei rifiuti non pericolosi autorizzandone l’esercizio a condizione che siano rispettate le norme tecniche e le prescrizioni specifiche adottate ai sensi dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 31.

 Ai sensi dell’art. 18, comma 2, lettera a), del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997, spetta allo Stato l’adozione di dette norme tecniche e prescrizioni, mentre sono di competenza regionale (art. 19) molteplici attività e funzioni in tema di gestione dei rifiuti, approvazione dei progetti di nuovi impianti e autorizzazione alle modifiche di quelli esistenti, promozione della gestione integrata dei rifiuti, misure di incentivazione per la loro riduzione e il loro recupero, nonché la definizione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli artt. 31, 32 e 33.

 Ciò premesso, ad avviso delle ricorrenti, l’impugnato decreto ministeriale – che costituisce "estrinsecazione delle funzioni statali di indirizzo e coordinamento" ed esercizio del potere regolamentare dello Stato legislativamente previsto (art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988) – inciderebbe illegittimamente sulle attribuzioni regionali (artt. 117 e 118 della Costituzione) in materia di rifiuti, perché è stato adottato senza la previa consultazione quanto meno della Conferenza permanente per i rapporti Stato-Regioni, in violazione dell’art. 12, comma 5, lettera b), della legge n. 400 del 1988.

 2. – In prossimità dell’udienza le tre Regioni ricorrenti hanno depositato memorie, di identico contenuto, nelle quali ribadiscono che il decreto ministeriale impugnato avrebbe illegittimamente compresso la loro sfera di competenza, considerando poi che né la fonte legislativa legittimante l’adozione del medesimo né alcuna altra fonte primaria escludono l’applicabilità delle procedure che prevedono l’intervento della Conferenza Stato-Regioni nella specifica materia.

Aggiungono che, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che ha ampliato le attribuzioni della Conferenza, "è diventata obbligatoria, ai fini dell’emanazione di regolamenti governativi, l’acquisizione del preventivo parere" di essa nelle materie di competenza regionale.

Le ricorrenti informano infine che in data 8 settembre 1999 il Ministero dell’ambiente ha trasmesso alla Conferenza uno schema di decreto ministeriale concernente il recupero di rifiuti pericolosi, appunto per acquisirne il parere, che poi è stato espresso in data 11 novembre 1999; ciò a riprova della necessità della previa consultazione del medesimo organo anche per il provvedimento ora impugnato, che ha analoga natura regolamentare.

Considerato in diritto

1. – Le Regioni Piemonte, Veneto e Liguria sollevano conflitti di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).

Ad avviso delle ricorrenti il decreto sarebbe lesivo delle competenze regionali in materia di rifiuti, in quanto adottato in violazione di tali competenze e, comunque, senza la previa consultazione della Conferenza permanente Stato-Regioni, ai sensi dell’art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il parere della Conferenza, secondo le ricorrenti, sarebbe necessario sia che si qualifichi il decreto come atto di indirizzo e coordinamento, sia che lo si ritenga essere un atto regolamentare.

2. – I ricorsi proposti dalle tre Regioni sono identici: i relativi giudizi possono pertanto essere riuniti per venire decisi con un’unica sentenza.

3. – I ricorsi non sono fondati.

4. – Preliminare rispetto alla qualificazione dell’atto e alla necessità che, eventualmente, le Regioni intervengano nel procedimento di formazione di esso, è la verifica della spettanza della competenza.

4.1. – Il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, haridisciplinato organicamente la "gestione dei rifiuti", anche in attuazione del diritto comunitario, dettando norme che questa Corte ha già riconosciuto come principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell’art. 117 della Costituzione e come norme fondamentali di riforma economico-sociale nei confronti delle Regioni a statuto speciale (sentenza n. 196 del 1998).

In particolare, il capo V del titolo I del decreto legislativo (artt. 31-33) prevede procedure semplificate per le attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi effettuate dai produttori nei luoghi di produzione degli stessi (autosmaltimento) e per talune attività di recupero (specificate nell’allegato C). Tali attività, ai sensi dell’art. 31, possono essere svolte a seguito di una semplice comunicazione, al di fuori dell’ordinario regime autorizzatorio disciplinato dagli artt. 27 e 28 del decreto legislativo, se effettuate conformemente alle norme tecniche dettate a tal fine con appositi decreti ministeriali, sulla base di una serie di principi e criteri indicati nel medesimo decreto legislativo (art. 32 per l’autosmaltimento, art. 33 per le operazioni di recupero).

Il decreto legislativo ha operato anche un nuovo riparto di attribuzioni tra i diversi livelli di governo, individuando le competenze, rispettivamente, dello Stato (art. 18), delle Regioni (art. 19), delle Province (art. 20) e dei Comuni (art. 21). Spetta allo Stato, tra l’altro, "l’adozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di specifiche tipologie di rifiuti, nonché delle norme e delle condizioni per l’applicazione delle procedure semplificate di cui agli artt. 31, 32 e 33" (art. 18, comma 2, lettera a))mentre spettano alle Regioni, tra l’altro, "la promozione della gestione integrata dei rifiuti, intesa come il complesso delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti"; "l’incentivazione alla riduzione della produzione dei rifiuti ed al recupero degli stessi"; "la definizione dei contenuti della relazione da allegare alla comunicazione di cui agli articoli 31, 32 e 33" (art. 19, comma 1, lettere i), l), m)).

4.2. – Il decreto ministeriale censurato con i conflitti in esame, adottato ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo n. 22 del 1997, detta le condizioni e le norme tecniche sulla base delle quali le attività di recupero dei rifiuti non pericolosi possono essere sottoposte alle procedure semplificate, individuando i tipi di rifiuti non pericolosi e fissando, per ciascun tipo di rifiuto e per ogni attività e metodo di recupero, le condizioni specifiche per poter sottoporre l’esercizio di tali attività alle procedure semplificate dell’art. 33.

Tale normativa – in conformità alle richiamate previsioni del decreto legislativo n. 22 del 1997, a suo tempo non impugnate dalle Regioni ricorrenti – attiene alle competenze statali. Tanto le qualità intrinseche dei materiali e i caratteri tecnici dei procedimenti di recupero, quanto la necessità che sia garantito un trattamento uniforme alle varie imprese operanti nel settore, esigono infatti una disciplina unitaria sull’intero territorio nazionale (sentenza n. 53 del 1991).

Non essendo dunque in questione l’esistenza di una competenza regionale, le ricorrenti non possono invocare né genericamente una procedura di collaborazione (che presupporrebbe pur sempre una materia ove competenze regionali e statali si intrecciano o si condizionano reciprocamente), né nello specifico la consultazione della Conferenza Stato-Regioni, prevista obbligatoriamente in relazione "agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle Regioni o delle Province autonome di Trento e di Bolzano" (art. 2, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara che spetta allo Stato, e per esso al Ministro dell’ambiente, adottare il decreto ministeriale 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero, ai sensi degli artt. 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Francesco GUIZZI, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 maggio 2000