Ordinanza n. 122/2000

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ORDINANZA N. 122

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 2 e 3, e 29, comma 1, lettera a), e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della L. 23 dicembre 1996, n. 662), promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1999 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Viterbo nel procedimento penale a carico di M. G., iscritta al n. 339 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1999.

 Visti l'atto di costituzione di M. G. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

 Ritenuto che in un procedimento penale per il reato di cui all’art. 1, comma 6, del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Viterbo, in sede di udienza preliminare, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, 53 e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (artt. 3, commi 2 e 3, 29, comma 1, lett. a), e comma 2), <<nella parte in cui non prevede l’applicazione della sola disposizione speciale se uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una che prevede una sanzione amministrativa>>;

 che il rimettente osserva che il fatto corrispondente alla fattispecie in esame è stato configurato come violazione amministrativa ad opera del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472;

che, trattandosi di condotta realizzata prima della entrata in vigore del d.lgs. n. 472 del 1997, il fatto dovrebbe considerarsi comunque penalmente rilevante in forza del principio di ultrattività delle norme penali finanziarie, previsto dall’art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4;

che a tale conclusione, ad avviso del rimettente, si perviene anche in quanto gli artt. 3, commi 2 e 3, e 29, comma 1, lett. a), e comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 non hanno dato attuazione al principio di specialità tra disposizioni penali e disposizioni che prevedono una sanzione amministrativa, contemplato nell’art. 3, comma 133, lettere a), e) ed r) della legge-delega 23 dicembre 1996, n. 662;

 che nel giudizio si è costituita l’imputata chiedendo, con deduzioni presentate a norma dell’art. 25, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la declaratoria di illegittimità costituzionale del d.lgs. n. 472 del 1997 (in parte qua), nonché dell’art. 20 della legge n. 4 del 1929;

 che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, anche perché la legge-delega 25 giugno 1999, n. 205, recante la depenalizzazione dei reati minori, prevede l’abolizione del principio di ultrattività delle leggi penali finanziarie.

Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, l’art. 24, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507 (Depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell’articolo 1 della legge 25 giugno 1999, n. 205) ha abrogato l’art. 20 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, che prevedeva l’ultrattività delle leggi penali finanziarie;

che inoltre l’art. 25, comma 1, lett. d) del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art. 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 2000, ha abrogato il titolo I del decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, e che l’art. 19, comma 1, del medesimo decreto ha disposto che quando uno stesso fatto è punito da una delle disposizioni del titolo II – nel cui ambito sono state inserite le nuove fattispecie penali - e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, si applica solo la disposizione speciale;

che pertanto occorre restituire gli atti al giudice rimettente affinché verifichi se la questione sia tuttora rilevante.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Viterbo.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 aprile 2000.