Ordinanza n. 112/2000

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ORDINANZA N. 112

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della circolare del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, n. 242 del 21 ottobre 1998, relativa alla corretta interpretazione dell’art. 33, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, promosso dalla Commissione tributaria regionale di Venezia, con ricorso pervenuto a questa Corte il 4 novembre 1999 ed iscritto al n. 131 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.

 Ritenuto che la Commissione tributaria regionale di Venezia, con ricorso pervenuto a questa Corte il 4 novembre 1999, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in relazione alla circolare del Ministero delle finanze, Dipartimento delle entrate, numero 242, emanata il 21 ottobre 1998 dal Direttore generale della Direzione centrale affari giuridici e contenzioso tributario, avente ad oggetto: «Discussione in pubblica udienza - Art. 33, comma 1, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 - Sentenza della Corte Costituzionale n. 141 del 23 aprile 1998»;

 che, a giudizio della commissione ricorrente, l’atto impugnato sarebbe lesivo delle attribuzioni costituzionalmente garantite all’ordine giudiziario in quanto fornirebbe del precitato articolo 33, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, una interpretazione che viene imposta al personale che «assiste il giudice nello svolgimento della sua funzione» e che, seppur formalmente appartenente all’amministrazione finanziaria, deve restare autonomo per tutte le funzioni serventi quella giurisdizionale;

 che l’interpretazione contenuta nella circolare de qua, qualora non condivisa dal giudice tributario, porrebbe quest’ultimo di fronte alla scelta di osservarla contro il proprio libero convincimento o di disapplicarla pregiudicando, in tal modo, la parte che, «in giustificabile buona fede, ha seguito quella indicazione, ritenendola senz’altro vincolante»;

 che, dunque, conclude la commissione ricorrente, deve essere dichiarato che «spetta esclusivamente agli organi giurisdizionali fissare la corretta interpretazione» dell’art. 33, comma 1, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e, conseguentemente, deve essere annullata la circolare per cui è conflitto «in quanto viziata da incompetenza».

 Considerato che, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte è preliminarmente chiamata a decidere, con ordinanza in camera di consiglio, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esista la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, con riferimento alla presenza dei requisiti, soggettivi ed oggettivi, richiamati nel primo comma del medesimo art. 37;

 che, sotto il profilo soggettivo, mentre va riconosciuta la legittimazione attiva della commissione tributaria a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali da essa esercitate, deve, invece, escludersi che al Direttore generale del Ministero delle finanze, in quanto organo puramente amministrativo, spetti quella legittimazione passiva che, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, deve essere riconosciuta solo al Governo nella sua collegialità;

 che, quanto al profilo oggettivo, la circolare impugnata non può neppure astrattamente ritenersi lesiva delle attribuzioni della commissione ricorrente, essendo indirizzata a soggetti comunque non legittimati all’interpretazione della norma processuale in oggetto, e dunque costituendo atto giuridicamente irrilevante nei confronti della commissione stessa;

 che, pertanto, sotto entrambi i profili il conflitto di attribuzione va dichiarato inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione promosso dalla Commissione tributaria regionale di Venezia, sezione numero tre, con il ricorso in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 aprile 2000.