Ordinanza n. 111/2000

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ORDINANZA N. 111

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco  BILE 

- Giovanni Maria  FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma 8, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre 1998 dal Pretore di Roma nel procedimento penale a carico di Mauro Carinci, iscritta al n. 356 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.

 Ritenuto che il Pretore di Roma, con ordinanza emessa il 26 ottobre 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma 8, del codice di procedura penale (Prima notificazione all’imputato non detenuto), nella parte in cui, secondo l’interpretazione che ne dà lo stesso rimettente, imporrebbe - in caso di mancato recapito della raccomandata spedita dall’ufficiale giudiziario per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate alla ricezione - la restituzione del piego al mittente trascorsi dieci giorni dalla data del deposito della raccomandata stessa presso l’ufficio postale;

che, ad avviso del rimettente, in caso di mancata consegna della raccomandata prevista dall’ultimo comma dell’art. 157 cod. proc. pen., deve infatti trovare applicazione la disciplina propria delle notificazioni a mezzo posta, in virtù di quanto previsto dall’art. 10 della legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari), secondo cui le disposizioni relative alle notificazioni a mezzo posta si applicano, in quanto compatibili, alle comunicazioni a mezzo di lettera raccomandata effettuate da ufficiale giudiziario e connesse con la notificazione di atti giudiziari;

che il terzo comma dell’art. 8 della legge n. 890 del 1982 - dichiarato in parte qua illegittimo, con sentenza n. 346 del 1998, per contrasto con l’art. 24 Cost. - prevede che il piego sia restituito al mittente subito dopo il decorso del termine di giacenza;

che la suddetta sentenza di illegittimità costituzionale si riferirebbe peraltro, secondo il rimettente, alle sole notificazioni a mezzo posta e non potrebbe pertanto assumere rilievo riguardo alla notificazione eseguita personalmente dall’ufficiale giudiziario;

che la diversità di disciplina che ne risulterebbe tra notificazioni a mezzo posta e notificazioni eseguite dall’ufficiale giudiziario, ma perfezionate mediante invio di comunicazione a mezzo lettera raccomandata, risulterebbe lesiva del principio di eguaglianza nonché del diritto di difesa del destinatario della notificazione effettuata ai sensi dell’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.;

che l’Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in giudizio per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per la declaratoria di infondatezza della questione.

Considerato che il rimettente dubita della legittimità costituzionale della disciplina denunciata nella parte in cui questa disporrebbe, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate alla ricezione, la restituzione al mittente del piego contenente la comunicazione prevista dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., dopo il decorso del termine di giacenza previsto dall’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890;

che il rimettente medesimo muove dunque dalla premessa - la cui fondatezza non compete a questa Corte sindacare, essendo sufficiente rilevarne la non manifesta implausibilità - che la disciplina dettata in materia di notificazioni a mezzo posta dall’art. 8, commi terzo e quarto, della legge n. 890 del 1982, per il caso di mancato recapito del piego, si applichi per intero, essendo interamente compatibile, anche alla comunicazione a mezzo raccomandata prevista dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., in virtù della previsione contenuta nell’art. 10 della stessa legge;

che alla stregua di tale premessa interpretativa il dubbio di legittimità costituzionale non può che ritenersi manifestamente infondato, in quanto il rimettente - in base alla ritenuta compatibilità - può evidentemente fare diretta applicazione della disciplina di cui all’art. 8, terzo comma, della legge n. 890 del 1982, quale essa risulta dalla già intervenuta pronuncia di illegittimità costituzionale, in tal modo escludendo la prospettata disparità di trattamento tra il destinatario di notificazione a mezzo posta ed il destinatario di notificazione ex art. 157, comma 8, cod. proc. pen.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, comma 8, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Roma con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 aprile 2000.