Ordinanza n. 93/2000

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ORDINANZA N. 93

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 9 del codice di procedura civile e dell'art. 21 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale) promossi con ordinanze emesse il 25 novembre 1998 (n. 6 ordinanze) dal Giudice di pace di Otranto, il 23 dicembre 1998 (n. 2 ordinanze) dal Giudice di pace di Lecce, il 12 gennaio 1999 dal Giudice di pace di Cesena e il 15 febbraio 1999 dal Giudice di pace di Lecce, rispettivamente iscritte ai numeri da 141 a 146, 205, 206, 224 e 240 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11, 15, 16 e 18, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visti gli atti di costituzione di O. R. e A. T. G., di E. R. ed altra, del Consorzio di bonifica Ugento e Li Foggi e del Consorzio di bonifica Savio e Rubicone, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 marzo 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi gli avvocati Giuseppe Guarino per O. R. e A. T. G. e per E. R. ed altra, Giovanni Compagno per il Consorzio di bonifica Ugento e Li Foggi, Gian Paolo Nascetti e Alessandro Pace per il Consorzio di bonifica Savio e Rubicone e l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Giudice di pace di Otranto, con sei ordinanze emesse il 25 novembre 1998, il Giudice di pace di Lecce, con tre ordinanze emesse rispettivamente il 23 dicembre 1998 ed il 15 febbraio 1999, ed il Giudice di pace di Cesena, con ordinanza emessa il 12 gennaio 1999, in altrettanti giudizi aventi ad oggetto l'accertamento dell'illegittimità della pretesa di pagamento di somme richieste a titolo di contributo di bonifica e la domanda di ripetizione di importi corrisposti al medesimo titolo, hanno sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui estende a tali controversie la competenza del tribunale in materia di imposte e tasse, ovvero - secondo il Giudice di pace di Cesena - attribuisce ad esso le controversie in materia di contributi consortili, nonché - i primi due rimettenti - anche dell'art. 7 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede, ovvero esclude, la competenza del giudice di pace in ordine alle controversie in materia di contributi di bonifica, ed infine - il terzo - anche dell'art. 21 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), nella parte in cui rinvia alle norme che regolano l'esazione delle imposte dirette la disciplina della riscossione dei contributi consortili di bonifica, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53 (parametro non richiamato dal Giudice di pace di Cesena), 97 (parametro non indicato dal Giudice di pace di Lecce) e 113 della Costituzione;

che i rimettenti censurano le norme sotto profili e con argomentazioni in larga parte coincidenti, sostenendo che i contributi di bonifica non avrebbero natura tributaria, in quanto, nonostante costituiscano una forma di concorso al finanziamento di un'attività svolta dai consorzi nell'interesse della collettività, hanno come presupposto il collegamento tra la spesa sostenuta dall'ente impositore per l'esecuzione e la manutenzione delle opere di bonifica ed il vantaggio diretto e specifico che ne deriva per il fondo onerato;

che, in particolare, secondo il Giudice di pace di Otranto, la sentenza 23 settembre 1998, n. 9493 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, riconoscendo natura tributaria alla prestazione in esame, e facendola rientrare nella competenza del tribunale in materia di imposte e tasse, benché siano insussistenti gli elementi che caratterizzano le entrate tributarie, realizzerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra i proprietari di fondi inclusi nei comprensori di bonifica e coloro i quali azionano in giudizio pretese di identico valore;

che risulterebbe altresì violata la garanzia del giudice naturale e realizzato uno "sviamento" della tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione in quanto, indipendentemente dal valore della controversia, sarebbe precluso ai consorziati l'esercizio della facoltà di stare in giudizio personalmente (art. 82 cod. proc. civ.), di farsi rappresentare da qualsiasi persona munita di mandato, anche priva di cognizioni tecnico–giuridiche (art. 317 cod. proc. civ.), e di avvalersi dell'esenzione da imposte, spese, tasse e diritti (art. 46 della legge 21 novembre 1991, n. 374), determinandosi peraltro un aggravio di lavoro per i tribunali ed una disparità di trattamento impositivo, dato che l'obbligo di contribuzione non riguarderebbe tutti i fondi inclusi nel comprensorio di bonifica né tutti quelli che traggono beneficio dall'attività del consorzio;

che, inoltre, diversamente da quanto ritenuto dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ad avviso del Giudice di pace di Lecce, i contributi di bonifica costituirebbero oneri reali esigibili con le norme ed i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria, ma non avrebbero natura tributaria e, secondo il Giudice di pace di Cesena, essi configurerebbero diritti pubblicistici di natura personale;

che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in quattro giudizi, con atti di contenuto sostanzialmente analogo, eccependo, in via pregiudiziale, l'inammissibilità della questione, in quanto diretta esclusivamente ad ottenere un chiarimento in ordine alla natura dei contributi di bonifica, e sostenendo nel merito che, al pari delle imposte, essi costituiscono prestazioni imposte per legge, e che la distribuzione della competenza tra i giudici non incide sulla tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, né sulla garanzia del giudice naturale, mentre la maggiore onerosità delle forme prescritte per il procedimento dinanzi al tribunale non pregiudica la difesa dei contribuenti, e la celerità dei giudizi non trova copertura nell'art. 97 della Costituzione;

che, nei giudizi sollevati dal Giudice di pace di Otranto e dal Giudice di pace di Lecce, si è costituito il Consorzio di bonifica Ugento e Li Foggi, convenuto nei processi a quibus, eccependo l'inammissibilità e l'infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, sul rilievo che i contributi di bonifica costituirebbero un tributo speciale, imposto dalla legge per il finanziamento di una funzione pubblica necessaria e determinato con criteri diversi dalle leggi di mercato, e che la sottrazione alla competenza del giudice di pace, oltre a riguardare un numero indefinito di controversie, sarebbe giustificata dall'opportunità di evitare che controversie attinenti alla provvista finanziaria degli enti pubblici siano affidate a giudici privi di adeguata preparazione e professionalità;

che, nel giudizio derivato dall'ordinanza del Giudice di pace di Cesena, si è costituito il Consorzio di bonifica Savio e Rubicone, convenuto nel giudizio principale, il quale ha eccepito, in via pregiudiziale, l'inammissibilità della questione, sostenendo, nel merito, che il carattere della commutatività connota anche altre prestazioni imposte in base alla legge, e che il criterio della materia costituisce espressione dell'ampia discrezionalità riconosciuta al legislatore in tema di distribuzione della competenza tra i giudici, mentre la maggiore onerosità della difesa in giudizio, eventualmente conseguente alla sua applicazione, attiene ad una valutazione del singolo, in quanto la Costituzione non garantisce la gratuità del servizio giudiziario;

che, in due dei giudizi promossi dal Giudice di pace di Lecce ed in quello sollevato dal Giudice di pace di Cesena, si sono altresì costituiti gli attori nei processi principali, svolgendo argomentazioni analoghe, con le quali hanno insistito per l'accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale, eccependo l'inesistenza delle ragioni che giustificano la competenza eccezionale del tribunale in materia di imposte e tasse, in quanto i contributi in esame non avrebbero natura tributaria, sicché l'interesse tutelato sarebbe esclusivamente quello specifico del proprietario, il cui concorso al finanziamento dell'attività di bonifica è commisurato al beneficio.

Considerato che il Giudice di pace di Otranto dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97 e 113 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 7 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede, ovvero esclude, la competenza del giudice di pace in ordine alle controversie in materia di contributi di bonifica, e dell'art. 9 cod. proc. civ., nella parte in cui estende alle medesime controversie la competenza del tribunale in materia di imposte e tasse, mentre il Giudice di pace di Lecce denuncia le medesime disposizioni di legge per violazione degli artt. 3, 24, 25, 53 e 113 della Costituzione, ed il Giudice di pace di Cesena dubita, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97 e 113 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 9 cit., nella medesima parte censurata dagli altri giudici rimettenti, nonché dell'art. 21 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nella parte in cui dichiara applicabili alla riscossione dei contributi in questione le norme che regolano l'esazione delle imposte dirette;

che le questioni proposte dai giudici rimettenti hanno tutte ad oggetto la competenza del tribunale in ordine alle controversie in materia di contributi di bonifica e si fondano sul comune assunto secondo cui tali controversie non avrebbero ad oggetto un'entrata tributaria, in quanto i contributi in questione, pur avendo carattere obbligatorio ed essendo esigibili nelle forme previste per la riscossione delle imposte dirette, rappresenterebbero il corrispettivo dovuto dal proprietario del fondo onerato per il vantaggio diretto e specifico derivante dall'esecuzione delle opere di bonifica;

che la sostanziale identità delle censure riportate nelle ordinanze di rinvio e dei principi costituzionali invocati e la parziale identità delle norme impugnate rendono opportuna la riunione dei giudizi;

che la questione di legittimità costituzionale riguarda gli artt. 7 e 9 cod. proc. civ., nella parte in cui, nel disciplinare la competenza nel processo civile, devolvono alla cognizione del tribunale genericamente le "cause in materia di imposte e tasse";

che la questione, nei termini in cui viene prospettata, appare inammissibile in quanto le norme impugnate vanno applicate, in mancanza di una specifica individuazione dei tributi ricompresi nella predetta previsione legislativa, soltanto a seguito della qualificazione dell'oggetto della controversia, che va peraltro definito in base alle diverse norme che disciplinano specificamente l'entrata pubblica in contestazione;

che, alla luce di quanto afferma nell'ordinanza di rinvio il Giudice di pace di Cesena, secondo il quale l'art. 21 del r.d. n. 215 del 1933 «non si occupa della qualificazione della natura del rapporto, bensì del grado di imperatività ed esecutività del provvedimento amministrativo adottato dal consorzio di bonifica», appare altresì inammissibile l'individuazione di tale disposizione come oggetto della questione di legittimità costituzionale;

che, peraltro, i giudici rimettenti hanno concretamente dimostrato di non dubitare affatto della natura extratributaria delle controversie in materia di contributi di bonifica, dal cui riconoscimento deriverebbe automaticamente l'inapplicabilità dell'art. 9, secondo comma, cod. proc. civ., ed hanno precisato di essere stati indotti a sollevare la questione di legittimità costituzionale dal contrario indirizzo che, in ordine alla qualificazione di tali contributi, hanno adottato le Sezioni Unite della Corte di cassazione, con la citata sentenza 23 settembre 1998, n. 9493;

che tale precisazione, unitamente al tenore letterale delle ordinanze di rinvio, nelle quali si censura il principio giurisprudenziale enunciato nella predetta sentenza, più che le disposizioni di legge indicate dai giudici rimettenti, rivela la reale finalità delle questioni sottoposte all'esame della Corte, volte non tanto alla risoluzione di un dubbio di costituzionalità, che i giudici rimettenti hanno dimostrato di non nutrire affatto e di poter risolvere in via interpretativa, quanto a proteggere le emanande pronunce dall'alea di un'impugnazione e di un eventuale annullamento;

che una siffatta finalità risulta estranea alla logica del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, e pertanto le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili (cfr. ordinanze n. 54 del 1999 e n. 70 del 1998, sentenza n. 110 del 1995).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 7 e 9 del codice di procedura civile, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 53, 97 e 113 della Costituzione, dai Giudici di pace di Otranto e Lecce con le ordinanze indicate in epigrafe;

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 del codice di procedura civile e dell'art. 21 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove norme per la bonifica integrale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 97 e 113 della Costituzione, dal Giudice di pace di Cesena con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 31 marzo 2000.