Sentenza n. 17/2000

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SENTENZA N. 17

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof.    Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2751, numero 4, e 2778, numero 17, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1998 dal Tribunale di Ferrara nel procedimento civile vertente tra Novelli Marinella e il Fallimento FEPA di Tartoni Marco & C. s.a.s. e dei soci Tartoni Marco e Tartoni Mauro, iscritta al numero 861 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numero 48, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 1999 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di una procedura fallimentare dinanzi al Tribunale di Ferrara veniva proposta da parte dell’ex coniuge del fallito domanda di ammissione al passivo in via privilegiata del credito maturato per il mancato pagamento di numerose mensilità dell’assegno di mantenimento disposto in sede di separazione personale.

Il curatore, pur non opponendosi all’ammissione del credito, ne contestava la natura privilegiata per difetto di una espressa previsione legale della causa di prelazione.

Instaurato il giudizio, il Tribunale, con ordinanza emessa il 23 giugno 1998, sollevava, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli articoli 2751, numero 4, e 2778, numero 17, del codice civile, "nella parte in cui non prevedono tra i crediti aventi privilegio generale sui mobili del debitore il credito del coniuge, separato o divorziato, al mantenimento".

1.1. - Ad avviso del giudice a quo, il credito azionato non potrebbe ricomprendersi, in via interpretativa, nella previsione dell’art. 2751, numero 3 (recte: n. 4), cod. civ., riguardante " i crediti di alimenti per gli ultimi tre mesi a favore delle persone alle quali gli alimenti sono dovuti per legge", stante la sicura distinzione tra alimenti e mantenimento e tenuto conto della tassatività dei privilegi e del conseguente divieto di applicazione analogica della citata norma ad ipotesi dalla stessa non espressamente previste.

Ritiene, in particolare, il rimettente che l’obbligo alimentare, di cui all’art. 433 e segg. cod. civ., risponda all’esigenza di garantire quanto sia necessario per la vita dell’alimentando, avuto riguardo alla sua posizione sociale, allorchè egli versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Mentre l’obbligo di mantenimento che, nella disciplina della separazione o del divorzio, la legge pone a carico di uno dei coniugi, troverebbe il suo presupposto non nello stato di bisogno, bensì nella mancanza, in capo all’altro coniuge, di adeguati redditi propri. L’ammontare del relativo assegno, d’altro canto, dovrebbe essere determinato non solo in relazione alle circostanze ed ai redditi dell’obbligato (art. 156 cod. civ.), ma anche tenendo conto, in sede di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, della condizione dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, della durata del matrimonio, secondo quanto previsto dall’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) e successive modificazioni. La funzione dell’assegno di mantenimento sarebbe in definitiva quella di garantire all’avente diritto - come costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità - un tenore di vita sostanzialmente analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.

1.2. - I due crediti, pur operando in ambiti distinti, sarebbero tuttavia - ad avviso dello stesso rimettente - tra loro omogenei, avendo entrambi natura, in senso lato, alimentare. La previsione del privilegio a favore del credito di alimenti e non anche a favore di quello di mantenimento comporterebbe, dunque, una ingiustificata disparità di trattamento e sarebbe lesiva del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

1.3. - Il giudice rimettente dichiara di essere consapevole che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, lo strumento del giudizio di legittimità costituzionale non può essere utilizzato per introdurre, sia pure in considerazione del rilievo di un determinato credito, una causa di prelazione ulteriore rispetto a quelle già codificate. Ritiene peraltro che nella specie si tratti piuttosto di sindacare sotto il profilo della ragionevolezza - come già in altre occasioni la Corte ha fatto - la mancata inclusione, all’interno di una specifica norma attributiva di un privilegio (quella, appunto, di cui all’art. 2751, numero 4, cod. civ.), di una fattispecie omogenea a quella cui la causa di prelazione é riferita.

2. - E’ intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

E ciò in quanto il diritto al mantenimento avrebbe un contenuto molto più ampio del diritto agli alimenti, che varrebbe a giustificare la minore rilevanza del credito e, quindi, il mancato riconoscimento del privilegio.

Considerato in diritto

1. - Il Tribunale di Ferrara dubita, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, della legittimità costituzionale degli artt. 2751, numero 4, e 2778, numero 17, del codice civile, nella parte in cui non riconoscono - secondo l’interpretazione dello stesso rimettente - il privilegio generale sui mobili del debitore anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato.

2. - La questione non é fondata, nei sensi di seguito indicati.

Contrariamente all’assunto da cui muove il rimettente, il privilegio di cui alla norma denunciata, pur testualmente riferito ai crediti di alimenti, deve ritenersi estensibile sul piano interpretativo anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato, superandosi in tal modo la disparità di trattamento che altrimenti conseguirebbe ad una diversa ed opposta lettura della norma.

In proposito, uno speciale rilievo va riconosciuto alla causa del credito che, com’é stato osservato in dottrina, rappresenta la ratio giustificativa e, al tempo stesso, il criterio di interpretazione del privilegio, valendo a determinarne l’ambito oggettivo e soggettivo.

Se, pertanto, si prescinde da considerazioni puramente nominalistiche per guardare al suo profilo funzionale, risulta chiaro come il credito di alimenti, di cui all’art. 2751, numero 4, cod. civ., sia diretto a soddisfare, in conformità al significato comune dell’espressione, le necessità di vita dell’alimentando anche se in misura quantitativamente diversa a seconda delle circostanze e dei soggetti che vengono di volta in volta in considerazione.

Ed é indubbio che la funzione sopra specificata é propria, nella sua ampiezza, anche del credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato.

Una conferma, sia pure indiretta, dell’esattezza di tale opinione si desume dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione che, qualificando la domanda relativa agli alimenti un "minus" necessariamente compreso in quella di mantenimento, muove evidentemente dalla identità di causa petendi delle domande e, quindi, sul piano sostanziale, dall’unitaria funzione di sostentamento che caratterizza i relativi crediti.

Lo stesso credito di alimenti di cui all’art. 433 del codice civile può assumere, d’altro canto, una diversa misura quantitativa in ragione della particolare natura del rapporto da cui l’obbligazione alimentare può derivare: mentre, ad esempio, il donatario non é tenuto a prestare gli alimenti oltre il valore della donazione tuttora esistente nel suo patrimonio (art. 438, terzo comma, cod. civ.), tra fratelli e sorelle gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario (art. 439, primo comma, cod. civ.). E se é pacifico come, in tali casi, la misura più ridotta degli alimenti non faccia venir meno l’identità funzionale del credito, la stessa conclusione non può non valere per l’ipotesi in cui il credito, essendo parametrato al pregresso tenore di vita dell’alimentando, abbia un contenuto più esteso anzichè più ridotto di quello stricto sensu alimentare.

3. - In base alle considerazioni che precedono risulterebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, comportando una irragionevole disparità di trattamento, una interpretazione che escludesse dall’ambito della norma denunciata il credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato.

Avuto riguardo al fondamentale canone ermeneutico che, nel concorso tra più possibili interpretazioni, impone di preferire quella conforme a Costituzione, deve, pertanto, affermarsi - come del resto già osservato, sia pure incidentalmente, da questa Corte (sentenza n. 84 del 1992) - l’estensione del privilegio di cui alla norma denunciata anche al credito di mantenimento del coniuge separato o divorziato e, conseguentemente, l’infondatezza della questione sollevata dal giudice rimettente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 2751, numero 4, e 2778, numero 17, del codice civile sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Ferrara con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2000.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 gennaio 2000.