Ordinanza n. 453/99

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ORDINANZA N. 453

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof.  Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI 

- Prof.  Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Avv. Fernanda CONTRI 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 102, primo e secondo comma, 103, secondo comma, e 105, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 18 gennaio 1999 dal Magistrato di sorveglianza di Varese, iscritta al n. 203 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell’anno 1999.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999, il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Varese, chiamato a decidere sulla richiesta della Procura Generale di Milano relativa alla conversione della pena pecuniaria irrogata a persona condannata con sentenza divenuta esecutiva, conversione conseguente al mancato pagamento della somma oggetto di tale pena ed all’infruttuosità degli atti esecutivi, ha, con ordinanza del 18 gennaio 1999, denunciato l’illegittimità delle seguenti disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689:

a) dell’art. 102, primo comma, nella parte in cui dispone la conversione della pena pecuniaria ineseguita per insolvibilità nella pena sostitutiva della libertà controllata;

b) dell’art. 102, secondo comma, nella parte in cui consente al giudice che dispone la conversione di pena pecuniaria ineseguita per insolvibilità di applicare la libertà controllata, disattendendo la richiesta del condannato di applicazione del lavoro sostitutivo;

c) dell’art. 103, secondo comma, nella parte in cui prevede che la durata complessiva del lavoro sostitutivo non può superare, in ogni caso, i sessanta giorni;

d) dell’art. 105, primo comma, nella parte in cui prescrive che l’applicabilità e l’eseguibilità del lavoro sostitutivo sono condizionate alla previa stipula di convenzioni con enti individuati come possibili destinatari delle prestazioni non retribuite;

che, in ordine alle questioni sub a) e b), il giudice a quo deduce contrasto con l’art. 27, primo comma, della Costituzione, mentre in relazione alle rimanenti questioni chiama in causa l’art. 3 della Costituzione stessa;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o manifestamente infondate.

Considerato che le questioni sub a) e b) sono già state decise da questa Corte con ordinanza n. 115 del 1999, successiva alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità dell’art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, proprio nella parte in cui consente al giudice che dispone la conversione della pena pecuniaria per insolvibilità del condannato di applicare la liberà controllata, disattendendo la richiesta di applicazione della sanzione del lavoro sostitutivo, osservando che, anche alla stregua della ratio della sentenza n. 206 del 1996, “la richiesta del condannato, in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalla legge, legittima (e, dunque, impone) l’applicazione del lavoro sostitutivo”, coinvolgendo così pure la denuncia incentrata sull’art. 102, primo comma, della stessa legge in ordine alla cui legittimità questa Corte si era già espressa con la sentenza ora ricordata e sul quale il giudice a quo richiede un ulteriore intervento di tipo manipolativo;

che la questione sub d) appare prospettata in modo del tutto ipotetico ed eventuale, avendo il rimettente omesso di operare qualsivoglia scelta circa la misura concretamente applicabile, coll’affermare egli stesso che anziché il lavoro sostitutivo potrebbe applicare la libertà controllata, così da non designare del necessario requisito della rilevanza la questione concernente i limiti di applicabilità del lavoro sostitutivo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 102, primo e secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all’art. 27, primo comma, della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Varese, con l’ordinanza in epigrafe;

2) dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 103, secondo comma, e 105, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Varese, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1999.

Giuliano VASSALLI, Presidente e Redattore

Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1999.