Ordinanza n. 446/99

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ORDINANZA N. 446

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI 

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.  Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott. Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof. Carlo MEZZANOTTE 

- Avv. Fernanda CONTRI 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 3 aprile 1979, n. 95 (recte: art. 1, primo comma, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, concernente "Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi", come sostituito dalla legge di conversione 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni), promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1998 dalla Corte d’appello di Roma nel procedimento civile vertente tra Rizzo Giuseppe ed altri e il fallimento ITIN s.p.a., iscritta al n. 747 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1998.

 Visti l’atto di costituzione del Fallimento ITIN s.p.a. nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il Giudice relatore Annibale Marini.

 Ritenuto che la Corte di appello di Roma, con ordinanza emessa il 10 luglio 1998, ha sollevato, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, primo comma, della legge 3 aprile 1979, n. 95 (recte: art. 1, primo comma, del decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, concernente "Provvedimenti urgenti per l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi", come sostituito dalla legge di conversione 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni);

 che, ad avviso del giudice rimettente, tale norma, disponendo che sono soggette alla procedura di amministrazione straordinaria le imprese che presentino una esposizione debitoria qualificata superiore a cinque volte il capitale versato e risultante dall'ultimo bilancio approvato, violerebbe il principio di ragionevolezza e di eguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, della Costituzione;

 che, in particolare, il suddetto requisito sarebbe privo di logica giustificazione in quanto inidoneo a consentire una corretta individuazione della rilevanza sociale dell'impresa e degli interessi pubblici coinvolti e fonte di una ingiustificata disparità di trattamento tra le imprese gestite in forma di società di capitali e le altre forme di imprese, ivi comprese quelle individuali che sarebbero - per giurisprudenza consolidata - assoggettabili alla procedura di amministrazione straordinaria pur in assenza del requisito stesso;

 che nel giudizio dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, in via preliminare, la declaratoria di inammissibilità della questione, in quanto la disposizione censurata costituirebbe esercizio di discrezionalità legislativa, come tale non sindacabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale;

 che, nel merito, sempre ad avviso dell'Avvocatura, la questione sarebbe comunque infondata, poiché l'indebitamento qualificato, quale indice di gravità della crisi, rappresenterebbe, diversamente da quanto sostenuto dal giudice a quo, un «criterio tanto ragionevole da costituire una costante storica del nostro ordinamento»;

 che, quanto alla denunciata disparità di trattamento, il requisito relativo al «capitale versato e risultante dall’ultimo bilancio approvato» sarebbe suscettibile di essere adattato anche alle società di persone ed alle imprese individuali mediante l’interpretazione estensiva od analogica;

 che, con memoria depositata in cancelleria oltre la scadenza del termine di venti giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale, si è costituito nel presente giudizio il Fallimento Itin Italimprese Ind. S. p. A.

 Considerato che, preliminarmente, deve essere dichiarata l'inammissibilità, per tardività, dell'atto di costituzione della parte privata (art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale);

 che, successivamente alla proposizione della questione di legittimità costituzionale, è stato approvato il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'art. 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274), il quale, nel disporre l'abrogazione del decreto legge 30 giugno 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95, e successive modificazioni, ha altresì stabilito che le procedure di amministrazione straordinaria in corso alla data di entrata in vigore del suddetto decreto continuano ad essere regolate dalle disposizioni anteriormente vigenti (art. 106, comma 1);

 che, ai sensi del comma 2 della stessa norma, la procedura di amministrazione straordinaria si considera in corso quando, alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo, è stato giudizialmente accertato lo stato di insolvenza dell'impresa ancorché non sia stato ancora emesso il decreto che dispone l'amministrazione straordinaria;

 che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione della rilevanza della questione alla luce della sopravvenuta normativa.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1999.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 1° dicembre 1999.