Ordinanza n. 439/99

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ORDINANZA N. 439

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 16 della legge 29 dicembre 1990, n. 408 (Disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve e fondi in sospensione di imposta, nonché disposizioni di razionalizzazione e semplificazione. Deleghe al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia e delle rendite finanziarie e per la revisione delle agevolazioni tributarie), promosso con ordinanza emessa il 2 aprile 1998 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra G.F. e il Ministero delle Finanze, iscritta al n. 430 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 ottobre 1999 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale di Milano, con ordinanza del 2 aprile 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 16, comma 3, della legge 29 dicembre 1990, n. 408 (Disposizioni tributarie in materia di rivalutazione di beni delle imprese e di smobilizzo di riserve e fondi in sospensione di imposta, nonché disposizioni di razionalizzazione e semplificazione. Deleghe al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia e delle rendite finanziarie e per la revisione delle agevolazioni tributarie), nella parte in cui, rinviando all'art. 67 del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 per la riscossione coattiva dell'imposta di bollo, richiama indirettamente gli artt. 53 e 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;

che, ad avviso del giudice rimettente, le norme impugnate pregiudicherebbero il diritto di difesa del debitore, in quanto non consentono al giudice di sospendere l'esecuzione dei ruoli esattoriali relativi al pagamento dell'imposta di bollo e delle relative soprattasse, in caso di contestazione del credito, senza che la preclusione della tutela cautelare sia bilanciata da un meccanismo di gradualità nella riscossione, analogo a quello previsto <<per le principali imposte>>;

che il divieto di sospensione cautelare dell'esecuzione determinerebbe inoltre un'ingiustificata disparità di trattamento tra il contribuente assoggettato alla riscossione coattiva di tale entrata, avente natura tributaria ma devoluta alla giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, in quanto esclusa dall'elenco delle imposte che l'art. 2 del d.lgs 31 dicembre 1992, n. 546 attribuisce alla giurisdizione delle Commissioni tributarie, ed il contribuente tenuto al pagamento di queste ultime imposte, per le quali l'art. 47 del d.lgs. n. 546 del 1992 riconosce espressamente alle Commissioni il potere di sospendere l'esecuzione;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha eccepito l'infondatezza della questione, sostenendo che il rinvio al d.P.R. n. 602 del 1973 riguarderebbe soltanto il procedimento di formazione dei ruoli, e non si estenderebbe agli artt. 53 e 54, i quali si applicherebbero soltanto alla riscossione delle imposte dirette, e che l'art. 16, comma 2 (recte: comma 3), della legge n. 408 del 1990 avrebbe attribuito portata generale al potere di sospensione dell'intendente di finanza, i cui provvedimenti sono impugnabili dinanzi al giudice amministrativo.

Considerato che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, della legge n. 408 del 1990, nella parte in cui, prevedendo che alla riscossione coattiva dell'imposta di bollo e della relativa soprattassa si provvede ai sensi dell'art. 67 del d.P.R. n. 43 del 1988, rinvia indirettamente agli artt. 53 e 54 del d.P.R. n. 602 del 1973, i quali escludono la proponibilità delle opposizioni regolate dagli articoli da 615 a 618 del codice di procedura civile ed attribuiscono il potere di sospendere l'esecuzione in via esclusiva all'intendente di finanza;

che, successivamente alla proposizione della questione di legittimità costituzionale, il d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 ha riordinato la disciplina della riscossione mediante ruolo, sostituendo l'intero Titolo II del d.P.R. n. 602 del 1973, avente ad oggetto la riscossione coattiva, e quindi anche gli artt. 53 e 54;

che gli artt. 57 e 60 del d.P.R. n. 602 del 1973, nel testo novellato dall'art. 16 del d.lgs. n. 46 del 1999, confermano l'improponibilità delle opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni, e delle opposizioni regolate dall'art. 617 del codice di procedura civile relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo, prevedendo inoltre che il giudice dell'esecuzione non può sospendere il processo esecutivo, salvo che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno;

che in particolare l'art. 29 del d.lgs. n. 46 del 1999 prevede che «per le entrate tributarie diverse da quelle elencate dall'articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, (¼) il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo può sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi», disponendo altresì che alle medesime entrate «non si applica la disposizione dell’articolo 57, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 16 del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie», ed aggiungendo che «ad esecuzione iniziata il giudice può sospendere la riscossione solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 16 del presente decreto»;

che all'imposta di bollo è quindi applicabile, in parte qua, il predetto art. 29, giacché si tratta di entrata tributaria non elencata dall'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992;

che le norme sopravvenute hanno modificato le disposizioni che il giudice rimettente ritiene di dover applicare in virtù del rinvio contenuto nelle norme impugnate, determinando inoltre un mutamento complessivo del quadro normativo di riferimento, tale da imporre il riesame della perdurante rilevanza della questione di legittimità costituzionale da parte del giudice a quo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Milano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1999.

Giuliano VASSALLI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 1° dicembre 1999.