Sentenza n. 418/99

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SENTENZA N. 418

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.  Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI 

- Prof.  Cesare MIRABELLI 

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv. Massimo VARI 

- Dott. Cesare RUPERTO 

- Dott.  Riccardo CHIEPPA 

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY 

- Prof. Valerio ONIDA 

- Prof.  Carlo MEZZANOTTE 

- Avv.  Fernanda CONTRI 

- Prof. Guido NEPPI MODONA 

- Prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI 

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto del Ministro della sanità emesso il 14 ottobre 1996 recante «Norme in materia di affidamento dei cani randagi», promossi con ricorsi della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia notificati il 19 e il 21 febbraio 1997, depositati in Cancelleria il 25 febbraio e il 3 marzo 1997, ed iscritti ai nn. 7 e 9 del registro conflitti 1997.

 Udito nell’udienza pubblica del 13 aprile 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

 uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e Giuseppe F. Ferrari per la Regione Lombardia.

Ritenuto in fatto

 1. – La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato il 19 febbraio 1997 (reg. confl. n. 7/97), ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri in relazione al decreto del Ministro della sanità del 14 ottobre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 300 del 23 dicembre 1996, recante «Norme in materia di affidamento dei cani randagi», il quale, disciplinando l’attività dei servizi veterinari delle aziende delle unità sanitarie locali e dei canili e rifugi comunali – e cioè l’attività di uffici provinciali e di autorità e servizi amministrativi soggetti alla potestà legislativa e amministrativa provinciale - in relazione all’affidamento a privati e ad associazioni dei cani randagi accalappiati, interferirebbe con l’esercizio di competenze costituzionalmente attribuite alla Provincia autonoma, per di più in assenza di un idoneo fondamento legislativo.

 La ricorrente richiama la legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), che attiene da un lato alla materia sanitaria, comprensiva degli aspetti relativi all’assistenza e polizia veterinaria, e dall’altro – limitatamente all’art. 5, comma 2, concernente l’affido e la cessione a privati di cani «non reclamati» - alla materia dei rapporti di diritto privato (per la derelictio dell’animale), e osserva che il decreto impugnato, che disciplina l’assetto sanitario e organizzativo del servizio di affidamento, reca norme in materia riservata all’attività legislativa e amministrativa della stessa Provincia ed è adottato, per una presunta ragione di uniformità di regolamentazione nel territorio nazionale, nel «quadro delle norme di coordinamento statale» quale sarebbe desumibile dalla legge n. 281 del 1991, mentre quest’ultima affida alla normazione locale e all’esercizio delle conseguenti funzioni amministrative la competenza attuativa.

 Sotto altro profilo, la Provincia autonoma rileva che il decreto ministeriale sarebbe costituzionalmente illegittimo pur se considerato quale atto di indirizzo e coordinamento, perché anche in tale ipotesi risulterebbe privo, oltre che dei requisiti formali e procedurali, degli indispensabili parametri di legalità sostanziale.

 Nemmeno se si ritenesse il decreto quale atto regolamentare di esecuzione della legge, prosegue la Provincia ricorrente, esso potrebbe dirsi esente da vizi di incostituzionalità, poiché, a norma dell’art. 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, la competenza ordinaria per i regolamenti di esecuzione è solo del Consiglio dei ministri, e può aversi atto ministeriale di natura regolamentare soltanto quando la legge conferisca espressamente il relativo potere al singolo ministro, salva, per la Provincia autonoma di Trento, la normativa di attuazione di cui al d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, che, rafforzando la garanzia dell’autonomia provinciale, fa riferimento solo alle leggi e agli atti di indirizzo quali fonti legittimate a disciplinare i rapporti tra lo Stato e le Province autonome.

 I denunciati vizi riguarderebbero il decreto nella sua interezza e in ciascuna delle sue singole disposizioni, variamente interferenti con l’organizzazione dei servizi locali, quando non creatrici di ipotesi di subaffido dell’animale (art. 2) ignote alla disciplina legislativa, o perfino di funzioni ministeriali di carattere internazionale (art. 5 del decreto).

 2. – Anche la Regione Lombardia, con ricorso notificato il 21 febbraio 1997 (reg. confl. n. 9/97), ha proposto conflitto di attribuzione contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al richiamato decreto del 14 ottobre 1996 del Ministro della sanità.

 La Regione ricorrente, dopo aver ricordato il riparto di competenze tra Stato e regioni ordinarie in materia veterinaria, lamenta anch’essa la mancanza del necessario fondamento legislativo dell’atto in questione, sia come atto regolamentare che come atto di indirizzo e coordinamento, nonché l’invasione di proprie competenze per la previsione, nel decreto, di numerosi e gravosi compiti, tutti di natura non sanitaria, che verrebbero a essere imposti alle strutture sanitarie locali, finendo per addossare al fondo regionale del servizio sanitario nazionale esborsi impropri, in mancanza di trasferimenti compensativi di risorse finanziarie da parte dello Stato, con violazione degli artt. 117, 118 e 119 della Costituzione, in riferimento anche all’art. 17, comma 1, lettere b) e c), e comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 Inoltre, l’attribuzione di compiti amministrativi alla Regione nella materia in esame comporterebbe l’alterazione del quadro funzionale delineato dalla legge n. 281 del 1991, che, come ha chiarito la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 123 del 1992), si ispira all’idea dell’attribuzione diretta dei compiti ai Comuni e ai servizi comunali, mentre il decreto ministeriale affida agli organi regionali compiti amministrativi con disposizioni talmente analitiche e di dettaglio da non lasciare alcuno spazio alla stessa Regione per lo svolgimento delle proprie competenze istituzionali.

 3. – In entrambi i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha però successivamente depositato atto di revoca e rinuncia alla costituzione in giudizio.

 4. – In prossimità dell’udienza, il patrocinio della Regione Lombardia ha depositato una memoria con la quale, sul rilievo dell’avvenuta pubblicazione (nella Gazzetta Ufficiale n. 35 del 12 febbraio 1999) del decreto del Ministro della sanità del 19 novembre 1998, recante l’«annullamento» del decreto ministeriale impugnato, conclude chiedendo una pronuncia di improcedibilità del ricorso, per cessazione della materia del contendere.

 5. – La Provincia autonoma di Trento, in una memoria prossima all’udienza, insiste invece per l’accoglimento del ricorso.

 Richiamando i contenuti del nuovo decreto ministeriale del 19 novembre 1998, di annullamento del precedente atto oggetto del giudizio, la Provincia osserva che la questione dedotta non può dirsi interamente risolta, sotto il profilo del pieno e integrale riconoscimento delle competenze della ricorrente, perché il Ministro, pur riconoscendo, nelle premesse del decreto stesso, un vizio nelle modalità di esercizio del «potere normativo di cui alla legge n. 281/1991», ha dichiarato soltanto «parzialmente» riservato all’attività legislativa e amministrativa di regioni e province autonome il settore disciplinato con il decreto impugnato, e ha preannunciato «diverse modalità di disciplina della materia».

In tal modo il decreto di annullamento, non individuando in termini puntuali il vizio dell’atto annullato e lasciando aperta e incerta l’eventuale futura adozione di misure statali, anche di carattere regolamentare, finisce per costituire una sorta di rivendicazione di competenza, parziale ma indeterminata; di qui l’interesse residuale all’accoglimento del ricorso con una pronuncia sul merito.

Considerato in diritto

 1. – La Provincia autonoma di Trento e la Regione Lombardia propongono, con distinti ricorsi, conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al decreto del Ministro della sanità del 14 ottobre 1996, recante «Norme in materia di affidamento dei cani randagi».

 La Provincia autonoma deduce la violazione della propria autonomia legislativa e amministrativa, quale in particolare stabilita dagli artt. 9, primo comma, numero 10), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), e dalle relative norme di attuazione, nonché la violazione dei principi costituzionali sui rapporti tra le funzioni statali normative e di indirizzo e le corrispondenti funzioni (regionali e) provinciali, lamentando la mancanza di una qualsiasi idonea base legislativa del decreto oggetto di impugnativa, sia che lo si voglia qualificare come regolamento di esecuzione della legge quadro in materia (legge 14 agosto 1991, n. 281), sia che lo si ritenga quale atto di indirizzo e coordinamento, censurando pertanto l’interferenza del decreto in materie riservate alla competenza provinciale.

 La Regione Lombardia, invocando gli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione e, quali norme interposte, gli artt. 27, 30 e 31 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, l’art. 6, primo comma, lettera u) della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e l’art. 17, comma 1, lettere b) e c), e comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nonché la già richiamata legge quadro n. 281 del 1991, assume la violazione del riparto di competenze tra Stato e regioni ordinarie nella materia veterinaria e lamenta anch’essa il difetto di fondamento legislativo della potestà normativa regolamentare esercitata attraverso il decreto ministeriale, che risulterebbe pertanto lesivo delle competenze regionali e inoltre contraddittorio rispetto all’ispirazione della legge quadro n. 281 del 1991.

 2. – I due ricorsi, aventi a oggetto il medesimo decreto ministeriale, possono essere riuniti e decisi congiuntamente.

 3. – Successivamente alla proposizione dei ricorsi, il Ministro della sanità ha disposto, con decreto del 19 novembre 1998, l’«annullamento» del decreto impugnato, riconoscendo – nelle premesse del primo – che «il potere normativo di cui alla legge n. 281/1991 deve essere esercitato secondo modalità diverse» da quelle contenute nel decreto anteriore; che questo è intervenuto in «un settore parzialmente riservato all’attività legislativa ed amministrativa delle regioni e delle province autonome» e che, «visti i ricorsi» all’esame di questa Corte, è «opportuno far cessare la materia del contendere».

 Ciò posto, ne deriva, conformemente alla conclusione della ricorrente Regione Lombardia, che – con effetto ex tunc alla stregua del contenuto dell’atto – è venuto meno l’oggetto del giudizio promosso con i ricorsi, senza che possa condurre a diversa conclusione l’assunto, ipotetico, della Provincia autonoma di Trento circa una possibile futura ulteriore normazione secondaria da parte dello Stato nella materia, circostanza questa eventuale e comunque suscettibile di dar luogo ad autonoma impugnativa. Né risulta che il decreto oggetto del presente giudizio abbia, prima del suo annullamento, prodotto alcun effetto nei confronti delle ricorrenti.

Poiché dunque l’atto assunto come lesivo delle competenze della Provincia autonoma di Trento e della Regione Lombardia non ha prodotto effetti né è più idoneo a produrne, non vi è più motivo di giudicare.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

 dichiara cessata la materia del contendere in ordine ai conflitti di attribuzione promossi dalla Provincia autonoma di Trento e dalla Regione Lombardia nei confronti dello Stato, con i ricorsi indicati in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 novembre 1999.