Sentenza n. 383/99

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SENTENZA N. 383

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 44, lettere a) e c), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), promossi con le ordinanze emesse il 15 gennaio 1998 dal Tribunale per i minorenni di Ancona; l’11 novembre 1998 dal Tribunale per i minorenni di Roma (n. 2 ordinanze), rispettivamente iscritte ai nn. 130, 901 e 905 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, n. 10 dell’anno 1998 e n. 2 dell’anno 1999.

Udito nella camera di consiglio del 28 aprile 1999 il Giudice relatore Fernando Santosuosso.

Ritenuto in fatto

1.— Nell’ambito di un giudizio promosso dagli zii per chiedere l’adozione in casi particolari – ex art. 44, lettera c), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori) – di una minore, loro affidata a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 10 di tale legge, rimasta orfana di padre e la cui madre é stata dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale, il Tribunale per i minorenni di Ancona, con ordinanza emessa il 15 gennaio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale – per violazione degli artt. 3 e 30, secondo comma, della Costituzione – dell’art. 44, lettere a) e c), della predetta legge n. 184, nella parte in cui non consente ai parenti entro il quarto grado l’adozione in casi particolari dei minori i cui genitori siano stati dichiarati decaduti dalla loro potestà.

2.— Con due ordinanze dall’identico tenore emesse l’11 novembre 1998, anche il Tribunale per i minorenni di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 della Costituzione, dell’art. 44, lettera c), della citata legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui subordina alla constatata impossibilità di affidamento preadottivo l’adozione dei minori da parte dei parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto con loro significativi rapporti. Nei casi di specie i minori sono stati richiesti in adozione in casi particolari, ex art. 44, lettera c), della legge n. 184, da parenti entro il quarto grado (in un caso lo zio materno e sua moglie, nell’altro la zia paterna e suo marito) – ai quali erano stati affidati fin dalla più tenera età (in un caso a sette mesi, nell’altro ad un solo mese di vita) – a seguito della dichiarazione di decadenza dei genitori dalla potestà parentale ovvero con il consenso del genitore superstite.

3.— I due giudici a quibus osservano che, per accogliere le domande loro formulate, devono preliminarmente constatare l’impossibilità dell’affidamento preadottivo, il che presuppone necessariamente l’esistenza di uno stato di adottabilità già definitivamente dichiarato, in quanto solo nei confronti dei minori adottabili sarebbe possibile disporre detto affidamento e constatarne l’eventuale impossibilità (ai sensi del combinato disposto degli artt. 9, penultimo comma, 11 cpv., 12 cpv. e 16 della citata legge n. 184 del 1983).

Tuttavia, tutti e tre i minori non sono stati dichiarati adottabili, nè potrebbero esserlo: infatti di loro si stanno validamente occupando gli zii, cioé parenti entro il quarto grado, il che esclude giuridicamente l’esistenza dello stato di abbandono che possa legittimare la dichiarazione dello stato di adottabilità.

4.— I tribunali rimettenti danno atto di interpretare rigorosamente la norma impugnata, mentre parte della giurisprudenza segue una diversa interpretazione: in base a quest’ultima, l’adozione ai sensi del citato art. 44, lettera c), é ammessa anche quando manchi la dichiarazione di adottabilità, ove sussista una previsione negativa sulla possibilità di affidamento preadottivo (come nel caso del minore affetto da grave handicap) o sia stata accertato un valido rapporto affettivo già instaurato tra il minore ed i richiedenti l’adozione.

Tuttavia i giudici a quibus ritengono di non poter aderire a tale interpretazione senza stravolgere il senso della norma ed il suo significato letterale: l’impossibilità dell’affidamento preadottivo deve, infatti, essere "constatata" (e non solamente "immaginata"), per cui occorre "tentare senza esito" detto affidamento. Ma ciò sarebbe possibile solo quando sussista una situazione di abbandono, il che non avviene nei casi di specie.

5.–– In tal modo vi sarebbero, però, due situazioni uguali che ricevono dalla legge un diverso trattamento, in violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione: quella dell’orfano di padre e di madre, regolata dalla lettera a) dell’art. 44 della legge n. 184 del 1983, e quella del minore affidato a parenti entro il quarto grado ma di cui uno o entrambi i genitori sono ancora in vita, pur se decaduti dalla potestà parentale (oppure consenzienti all’adozione), regolata dalla lettera c) del medesimo articolo. In entrambi i casi i minori sono privi di rapporti con i genitori e sono validamente assistiti da parenti, i quali, però, potrebbero adottarli solo se ricadono nella previsione della lettera a) (che non richiede di constatare l’impossibilità dell’affidamento preadottivo) e non in quella della lettera c).

Il solo Tribunale per i minorenni di Ancona ritiene che sia la lettera a), sia la lettera c) dell’art. 44 contrastino anche con l’art. 30, secondo comma, della Costituzione: la legge, infatti, nel suesposto caso di incapacità dei genitori non provvederebbe a che siano assolti i loro compiti, in quanto si limiterebbe a prevedere la nomina del tutore. Ma quest’ultimo non assolve tutti i compiti dei genitori (occupandosi prevalentemente degli aspetti patrimoniali), tanto é vero che, nell’ipotesi del minore orfano in cui si procede alla nomina di un tutore, il legislatore ha previsto in aggiunta la possibilità dell’adozione non legittimante di cui al citato art. 44, lettera a).

6.— Nei giudizi davanti alla Corte costituzionale non si sono costituite le parti private, nè é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1.— Le tre questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali per i minorenni di Ancona e di Roma sono del tutto analoghe e possono essere riunite in un unico giudizio.

I giudici a quibus ritengono, infatti, che l’art. 44, lettera c), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori) non consenta ai parenti entro il quarto grado l’adozione stessa, poichè la subordina alla constatata impossibilità di affidamento preadottivo (affidamento che nei casi di specie non potrebbe nemmeno essere tentato, dato che i minori sono già assistiti dagli zii e non possono essere dichiarati adottabili). E perciò denunciano che, in violazione dell’art. 3 della Costituzione, tale situazione verrebbe trattata in modo differente rispetto a quella, ad essa analoga, dell’orfano di padre e di madre, regolata dalla lettera a) del citato art. 44, che invece consente l’adozione da parte di parenti entro il quarto grado.

Il Tribunale per i minorenni di Ancona estende la sua censura anche alla lettera a) del medesimo art. 44 per gli stessi motivi per i quali denuncia la lettera c), e lamenta la violazione pure dell’art. 30, secondo comma, della Costituzione in quanto la legge, non consentendo l’adozione nel suesposto caso di incapacità dei genitori, non provvederebbe a che siano assolti i loro compiti. Ma la maggiore ampiezza della questione sollevata da detto giudice a quo non ha una autonomia tale da giustificare l’esame distinto dalle altre.

2.— Le questioni non sono fondate.

Va premesso che l’art. 44 della legge n. 184 del 1983 si sostanzia in una sorta di clausola residuale per i casi speciali non inquadrabili nella disciplina dell’adozione "legittimante", consentendo l’adozione dei minori "anche quando non ricorrono le condizioni di cui al primo comma dell’art. 7". In questa logica di apertura, la lettera c) fornisce un’ulteriore "valvola" per i casi che non rientrano in quelli più specifici previsti dalle lettere a) e b).

A differenza di quella "legittimante", la particolare adozione del citato art. 44 non recide i legami del minore con la sua famiglia di origine, ma offre allo stesso la possibilità di rimanere nell’ambito della nuova famiglia che l’ha accolto, formalizzando il rapporto affettivo instauratosi con determinati soggetti che si stanno effettivamente occupando di lui: i parenti o le persone che hanno con lui rapporti stabili e duraturi preesistenti alla perdita dei genitori, ovvero il nuovo coniuge del genitore.

3.— Le ordinanze di rimessione ritengono di dover trarre dal riferimento letterale della disposizione impugnata alla "constatata impossibilità di affidamento preadottivo" il presupposto interpretativo secondo cui, per far ricorso all’ipotesi prevista dalla lettera c) della norma, occorre necessariamente la previa dichiarazione dello stato di abbandono del minore e quindi la declaratoria formale di adottabilità, nonchè il vano tentativo del predetto affidamento. In realtà, l’art. 44 é tutto retto dalla "assenza delle condizioni" previste dal primo comma del precedente art. 7 della medesima legge n. 184: pertanto, gli stessi principi relativi alle prime due ipotesi dell’art. 44 valgono anche per le fattispecie ricadenti sotto la lettera c).

Sarebbe invero assurdo pensare, come fanno i giudici a quibus, che dalla disciplina impugnata discenda l’impossibilità di far luogo all’adozione in casi particolari da parte di parenti che già si prendono cura del minore. Ma l’interpretazione logica e sistematica della lettera c) del citato art. 44 della legge n. 184 non conduce a tale conclusione.

Infatti, qualora vi siano parenti entro il quarto grado, i quali prestino al minore l’assistenza materiale e morale che i genitori non sono più in grado di offrire, la legge, in mancanza del presupposto dell’abbandono, non esige la dichiarazione dello stato di adottabilità (artt. 8 e 11 della legge n. 184 del 1983): si realizza, così, uno dei casi in cui – esistendo già un nucleo con vincoli di parentela disposto ad accogliere stabilmente il minore per fornirgli l’ambiente adatto alla sua crescita – non é necessario tentare di trovarne altri, nè si deve formalmente constatare l’impossibilità di un affidamento diverso da quello già in atto.

Una ulteriore conferma della adottabilità dei minori in tutti i casi rientranti nelle tre lettere dell’art. 44 anche quando non sono stati o non possono essere formalmente dichiarati adottabili si trae dal disposto del primo comma del precedente art. 11, il quale stabilisce che quando "risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell’art. 44". E’ evidente allora che, nelle ipotesi considerate, il legislatore ha voluto favorire il consolidamento dei rapporti tra il minore ed i parenti o le persone che già si prendono cura di lui, prevedendo la possibilità di un’adozione, sia pure con effetti più limitati rispetto a quella "legittimante", ma con presupposti necessariamente meno rigorosi di quest’ultima. Ciò é pienamente conforme al principio ispiratore di tutta la disciplina in esame: l’effettiva realizzazione degli interessi del minore.

Deve quindi concludersi che l’art. 44, lettera c), non esige che sia concretamente tentato l’affidamento preadottivo e ne sia constatata l’impossibilità quando il minore venga richiesto in adozione da parenti entro il quarto grado idonei a fornirgli l’assistenza materiale e morale di cui ha bisogno.

4.— Resta così superato anche il profilo di costituzionalità relativo alla lettera a) della stessa disposizione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 44, lettere a) e c), della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori), sollevate, in riferimento agli artt 3 e 30, secondo comma, della Costituzione, dai Tribunali per i minorenni di Ancona e di Roma con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in cancelleria il 7 ottobre 1999.