Ordinanza n. 373/99

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ORDINANZA N. 373

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 18 della legge della Regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10 (Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), promossi con 2 ordinanze emesse il 2 gennaio 1998 dal Pretore di Padova nei procedimenti civili vertenti tra M.L.Z. e B.F. ed altra e il Comune di Padova iscritte ai nn. 102 e 185 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 9 e 13 prima serie speciale dell’anno 1998.

Visto l’atto di costituzione di B.F. ed altra, nonchè gli atti di intervento del Presidente della Regione Veneto;

udito nell’udienza pubblica del 6 luglio 1999 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi l’avv.to Anna Maria Alborghetti per B.F. ed altra e gli avv.ti Mario Bertolissi e Luigi Manzi per la Regione Veneto.

Ritenuto che il Pretore di Padova, nel corso di due distinti giudizi, con altrettante ordinanze di contenuto sostanzialmente identico, emesse il 2 gennaio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge della Regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10 (Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), come modificato dalla legge regionale 16 maggio 1997, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 aprile 1996, n. 10 "Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica"), in riferimento agli artt. 70, 115 e 117 della Costituzione;

che, ad avviso dei giudici a quibus, la norma impugnata disciplina il canone di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica in applicazione della delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) del 13 marzo 1995 e stabilisce che detto canone riguarda anche gli alloggi realizzati o acquistati dai Comuni con i fondi previsti, tra le altre, dalle leggi 15 febbraio 1980, n. 25 e 23 dicembre 1986, n. 899, che hanno rispettivamente convertito il d.l. 15 dicembre 1979, n. 629 ed il d.l. 29 ottobre 1986, n. 708;

che, secondo entrambi i rimettenti, <<non paiono rinvenirsi ragioni di oggettiva incostituzionalità>> della disposizione nella parte in cui stabilisce l’importo del canone di locazione in misura superiore a quello c.d. "equo" ed il dubbio di legittimità costituzionale riguarda soltanto <<le modalità formali di introduzione della disciplina>>;

che, in particolare, a loro avviso, <<ove si ritenga che la delibera del Cipe si applica>> anche agli alloggi di cui alle leggi n. 25 del 1980 e n. 899 del 1986, detta delibera sarebbe illegittima e, pertanto, dovrebbe dubitarsi del potere <<di modificare una situazione normativa deliberata con legge ordinaria e comunque risultante dall'intervento della Corte costituzionale>> e, quindi, della legittimità costituzionale della norma impugnata, mentre, diversamente, <<ove si ritenga che tale delibera non riguardi comunque gli alloggi de quibus (argomento che potrebbe essere sostenuto osservando e confrontando la indicazione degli ambiti di applicazione, di cui al punto 2 dell’allegato alla delibera ed all’art.1.2 della legge regionale Veneto 10/1996)>>, dovrebbe invece dubitarsi della legittimità della disposizione regionale proprio perchè essa viola i criteri stabiliti dal Cipe;

che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente della Giunta della Regione Veneto, chiedendo, con due distinti atti di intervento e con le memorie depositate in prossimità dell’udienza pubblica, che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata, sull’assunto che le argomentazioni svolte nelle ordinanze di rimessione sarebbero contraddittorie e che la norma impugnata avrebbe dato corretta applicazione ai criteri fissati dal Cipe, accogliendo peraltro una nozione di edilizia residenziale pubblica conforme ai principi enunciati da questa Corte;

che in uno dei due giudizi si sono costituiti i ricorrenti nel processo principale, i quali, nell’atto di costituzione e nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica, hanno chiesto l’accoglimento della questione, contestando la competenza della regione nella materia in esame e sostenendo che la norma non sarebbe comunque rispettosa dei limiti stabiliti nelle norme primarie e nelle direttive del Cipe.

Considerato che le due ordinanze hanno ad oggetto la stessa questione e, pertanto, va disposta la riunione dei giudizi, perchè siano decisi con un’unica pronuncia;

che entrambi i provvedimenti di rimessione, di contenuto sostanzialmente identico, prospettano due diverse e contrastanti questioni;

che, in particolare, i giudici a quibus, con una prima interpretazione, sostengono che la delibera del Cipe, che reca i criteri in materia di fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, prevederebbe l’applicabilità di detti criteri anche agli alloggi acquistati o realizzati dai Comuni con i fondi di cui alle leggi n. 25 del 1980 e n. 899 del 1986, e con una seconda, diversa interpretazione deducono invece che siffatta delibera non riguarderebbe questi ultimi alloggi;

che i rimettenti sollevano quindi due questioni contrastanti e sostengono due interpretazioni tra loro incompatibili, in quanto, per la prima, la norma regionale sarebbe illegittima proprio perchè avrebbe fatto corretta applicazione dei criteri stabiliti dal Cipe mentre, per la seconda, sarebbe viziata, dato che si porrebbe in contrasto con detti criteri, sicchè le due prospettazioni risultano chiaramente avvinte da un legame irrisolto di alternatività;

che questa Corte, con giurisprudenza costante, ha più volte affermato che sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in termini perplessi e comunque contraddittori (per tutte, ordinanze n. 458 del 1998; n. 265 del 1998; n. 187 del 1998) e che la risoluzione degli eventuali dubbi interpretativi é compito del giudice rimettente, al quale spetta individuare con esattezza l’oggetto della questione, effettuare la scelta tra le diverse interpretazioni prospettate e proporre la questione in modo non alternativo;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE,

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge della Regione Veneto 2 aprile 1996, n. 10 (Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), come modificato dalla legge regionale 16 maggio 1997, n. 14 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 aprile 1996, n. 10 "Disciplina per l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica"), sollevata, in riferimento agli artt. 70, 115 e 117 della Costituzione, dal Pretore di Padova, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 luglio 1999.