Ordinanza n. 308/99

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ORDINANZA N. 308

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285(Nuovo codice della strada), promosso con ordinanza emessa il 31 dicembre 1997 dal Pretore di Lucca nel procedimento civile vertente tra Vaccaro Marzia e il Comune di Lucca, iscritta al n. 570 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 23 giugno 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che nel corso di un procedimento civile di opposizione avverso la cartella esattoriale emessa contro soggetto cui erano state contestate infrazioni a norme del codice della strada, il Pretore di Lucca ha sollevato, con ordinanza del 31 dicembre 1997, questione di legittimità costituzionale - in riferimento all'art. 3, "secondo comma" (recte: primo comma), della Costituzione - degli artt. "210" (recte: 206, come esattamente indicato nella motivazione del provvedimento) del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevedono, in caso di ritardo nel pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria conseguente a violazione del codice della strada, una maggiorazione della somma dovuta, pari ad un decimo per ogni semestre a decorrere da quello in cui la sanzione é divenuta esigibile e fino a quello in cui il ruolo é trasmesso all'esattore;

  che, secondo il rimettente, siffatta previsione di un "interesse composto" superiore al 20% annuo in favore della pubblica amministrazione, determinerebbe, attesa l'identità dei presupposti, un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto al regime dei normali rapporti di credito tra privati, sia perchè questi sono assoggettati al meno oneroso tasso legale, sia perchè la maggiorazione opererebbe anche nel caso di inerzia colposa della pubblica amministrazione, senza che sia applicabile il disposto di cui all'art. 1227 cod. civ.;

  che, quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo osserva che l'accoglimento della questione comporterebbe il "ricalcolo degli interessi" dovuti dalla parte ricorrente;

  che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, preliminarmente eccependo l'inammissibilità della questione per difetto di motivazione sulle circostanze del fatto (in particolare, per la mancata specificazione dell'infrazione in relazione a cui era stata applicata la sanzione amministrativa, per la non pertinenza del denunciato art. "210" del Nuovo codice della strada e per la mancata denuncia dell'art. 27 della legge n. 689 del 1981) e, nel merito, chiedendo la declaratoria di manifesta infondatezza della questione.

  Considerato che non ha consistenza l'eccezione preliminare d'inammissibilità, costituendo sufficiente motivazione sulla rilevanza della sollevata questione, l’asserzione del rimettente di dover applicare le denunciate norme nel giudizio a quo, concernente la riscossione d'una sanzione amministrativa pecuniaria per violazione del codice della strada;

  che, nel merito, il Pretore di Lucca - denunciando, attraverso il richiamo effettuato dall’art. 206 cod. strada, l’art. 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 - muove dall’erronea premessa dell’identità di natura e funzione dell’istituto degli interessi moratori o di pieno diritto nelle obbligazioni tra privati e dell’istituto delle maggiorazioni delle sanzioni amministrative pecuniarie in caso di ritardo nel pagamento;

  che, infatti, la maggiorazione per ritardo prevista dall'art. 27, sesto comma, della legge n. 689 del 1981 a carico dell'autore dell’illecito amministrativo, cui sia stata inflitta una sanzione pecuniaria, ha funzione, non già risarcitoria o corrispettiva, bensì di sanzione aggiuntiva, nascente al momento in cui diviene esigibile la sanzione principale;

  che, stante la diversità di presupposto e di finalità delle discipline menzionate, manca dunque l'omogeneità dei termini di raffronto, necessaria a fondare un eventuale giudizio di disparità di trattamento rilevante ai sensi dell’art. 3, primo comma, Cost.;

  che, d'altronde, neppure con riguardo al regime ordinario delle obbligazioni tra privati sarebbe pertinente il richiamo, contenuto nell'ordinanza di rimessione, al capoverso dell'art. 1227 cod. civ. Infatti, l'onere di diligenza che questa norma fa gravare sul creditore non si estende alla sollecitudine nell'agire a tutela del proprio credito onde evitare maggiori danni, i quali viceversa sono da imputare esclusivamente alla condotta del debitore, tenuto al tempestivo adempimento della sua obbligazione;

  che, pertanto, la questione sollevata va dichiarata manifestamente infondata sotto tutti i profili prospettati.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 206 del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Nuovo codice della strada) e 27, sesto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Lucca con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 7 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 14 luglio 1999.