Ordinanza n. 292/99

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ORDINANZA N. 292

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 7 marzo (n. 3 ordinanze) e l'11 aprile 1997 dal Tribunale di Fermo, il 14 febbraio 1997 dal Tribunale di Roma, il 18 (n. 2 ordinanze) e l'11 aprile, il 20, il 7, il 28 marzo e l'11 aprile 1997 dal Tribunale di Fermo, rispettivamente iscritte ai nn. da 539 a 542, 578 e da 624 a 630 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 38 e 40, prima serie speciale, dell'anno 1997.

  Visti gli atti di costituzione di Ricci Teresa ed altra e dell'INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che, nel corso di undici giudizi di appello, vertenti su domande di riconoscimento della ricostruzione di trattamenti pensionistici in base alla sentenza n. 495 del 1993 della Corte costituzionale, il Tribunale di Fermo, con altrettante ordinanze di identico contenuto, emesse il 7 marzo (R.O. nn. 539, 540, 541 e 628 del 1997), il 20 marzo (R.O. n. 627 del 1997), il 28 marzo (R.O. n. 629 del 1997), l'11 aprile (R.O. nn. 542, 626 e 630 del 1997), ed il 18 aprile (R.O. nn. 624 e 625 del 1997), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 183, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui dispone l'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti, con compensazione delle spese di lite tra le parti e l'inefficacia dei provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato;

  che, secondo il rimettente, la norma censurata - sopravvenuta nelle more dei giudizi e contenente una serie di disposizioni dirette a risolvere il problema del rimborso delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione della citata sentenza di illegittimità costituzionale oltre che della sentenza n. 240 del 1994 - si pone in contrasto con l'art. 24 Cost., precludendo la possibilità di far verificare giudizialmente la sussistenza dei requisiti individuali per l'accertamento del diritto azionato e la fondatezza delle eccezioni opposte dall'INPS al riconoscimento del diritto stesso;

  che, nel corso di analogo giudizio di appello, il Tribunale di Roma, con ordinanza emessa il 14 febbraio 1997 (R.O. n. 578 del 1997), ha anch'esso sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 183, della legge n. 662 del 1996;

  che, a giudizio del rimettente, la norma impugnata contrasta: a) con l'art. 136 Cost., in quanto sostanzialmente, seppur indirettamente, pone nel nulla le intervenute declaratorie di illegittimità costituzionale; b) con gli artt. 134 e 70 Cost., dovendo la funzione legislativa essere esercitata nel rispetto dei princìpi generali dettati dalla Costituzione e nei limiti di ragionevolezza affermati dalla Corte costituzionale; c) con l'art. 24 Cost., poichè la previsione della declaratoria d'ufficio dell'estinzione dei giudizi si contrappone ad un intervento normativo complessivamente non satisfattivo dei diritti azionati in applicazione delle citate pronunce d'incostituzionalità; d) con gli artt. 3 e 24 Cost., stante la non giustificata previsione della compensazione tra le parti delle spese di lite in controversia di natura previdenziale;

  che, in tutti i giudizi, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o per l'infondatezza delle sollevate questioni;

  che, nei giudizi promossi con R.O. nn. 539, 578 e 624 del 1997, si é costituito l'INPS, concludendo per l'infondatezza delle sollevate questioni;

  che, nel giudizio promosso con R.O. n. 542 del 1997, si sono costituite, altresì, le ricorrenti del giudizio a quo, concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma censurata.

  Considerato che per l'analogia delle sollevate questioni i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che la normativa impugnata dalle Autorità rimettenti é stata, successivamente alla proposizione degli odierni incidenti di costituzionalità, in vari punti modificata;

  che, in particolare, il decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, é intervenuto sul complessivo denunciato meccanismo di rimborso dei relativi crediti mediante emissione di titoli di Stato, prevedendone viceversa il pagamento in contanti, pur se con le medesime cadenze temporali;

  che, inoltre, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha previsto l'erogazione di una somma pari al 5% a titolo d'interessi sugli arretrati maturati alla data del 31 dicembre 1995 (art. 36, comma 1) e l'inclusione, tra gli aventi diritto al pagamento degli arretrati, degli eredi dell'interessato anche allorchè il decesso di questi sia avvenuto anteriormente al 30 marzo 1996 (art. 36, comma 2);

  che, infine, l'art. 73, comma 4, della stessa legge ha precisato la portata applicativa della c.d. clausola di salvezza contenuta nell'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, interpretandola nel senso che tra gli effetti fatti salvi da questa norma va inclusa l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali emessi in materia;

  che, così disponendo, il legislatore ha notevolmente inciso sulla normativa denunciata, e dunque i giudici rimettenti devono procedere ad una nuova valutazione della rilevanza delle sollevate questioni (cfr. ordinanze nn. 31, 165 e 166 del 1999);

  che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti ai giudici stessi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  ordina la restituzione degli atti alle Autorità giudiziarie indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 5 luglio 1999.