Ordinanza n. 263/99

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ORDINANZA N. 263

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge 24 gennaio 1978, n. 27 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche), promosso con ordinanza emessa il 4 maggio 1998 dal giudice del Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Corsini Doriana e il Ministero delle finanze, iscritta al n. 875 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che nel corso di un giudizio civile - promosso contro il Ministero delle finanze per la declaratoria di nullità o la pronuncia di annullamento di una cartella esattoriale relativa alla tassa automobilistica di possesso di un autoveicolo, con soprattasse ed interessi - il giudice del Tribunale di Roma, con ordinanza 4 maggio 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 [ultimo comma] della legge 24 gennaio 1978, n. 27 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche), in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, nella parte in cui non consente che "l'opposizione all'ingiunzione di pagamento" sia esaminata "direttamente in sede giurisdizionale, in mancanza ed indipendentemente" dall'esperimento di un previo ricorso amministrativo;

  che, secondo il giudice a quo, l'assoggettamento dell'azione giudiziaria al previo esperimento di rimedi amministrativi, con differimento della proponibilità dell'azione all'esito degli stessi, ovvero al decorso di un termine successivo alla presentazione del ricorso, sarebbe costituzionalmente legittimo, a stregua della costante giurisprudenza di questa Corte, solo se giustificato da esigenze di ordine generale o superiori finalità di giustizia, le quali invece non ricorrono nella specie;

  che, quanto alla rilevanza della questione, il rimettente afferma che la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma denunciata consentirebbe l'esame del merito, "suscettibile di positiva considerazione", essendo stata la parte attrice (la quale aveva dedotto la mancanza di possesso del veicolo) dichiarata decaduta dal ricorso amministrativo per intempestiva proposizione;

  che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo la declaratoria di inammissibilità della sollevata questione, sia perchè quanto richiesto nel giudizio a quo dalla parte privata può essere conseguito in sede amministrativa, ai sensi "dell'art. 17, comma 18, nn. 6, 7, 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449" (con la quale é stato, tra l'altro, stabilito che, allorquando sia dimostrata la mancanza di titolarità del bene, "gli uffici dell'Amministrazione finanziaria procedono all'annullamento delle procedure di riscossione coatta"), sia perchè la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma denunciata non comporterebbe, nella specie, l'eliminazione del già decorso termine di decadenza di 30 giorni per l'opposizione all'ingiunzione di pagamento; nonchè, in subordine, la declaratoria d'infondatezza perchè il previo ricorso amministrativo ben si giustifica quale opportuno filtro alle controversie davanti al giudice ordinario.

  Considerato che il denunciato art, 3, ultimo comma, della legge n. 27 del 1978 é stato già dichiarato costituzionalmente illegittimo da questa Corte con sentenza n. 233 del 1996, nella parte in cui non prevede, avverso l'ingiunzione di pagamento dell'Ufficio del registro, l'esperibilità dell'azione giudiziaria anche in mancanza del preventivo ricorso amministrativo, fermo restando che, nell'ipotesi in cui il soggetto si sia avvalso del rimedio del ricorso amministrativo, il rispetto dei termini di decadenza si configura come ragionevole onere collegato alla libertà di scelta della specifica forma di tutela riconosciuta dalla legge al soggetto interessato, e rimanendo riservata al giudice, di fronte al quale l'azione giudiziaria é proposta, la verifica del quomodo e del quando della sua concreta esperibilità;

  che nella stessa disposizione in esame, il riferimento all'"ingiunzione di pagamento" deve intendersi sostituito da quello alla "cartella di pagamento" susseguente all'iscrizione a ruolo, poichè - a sèguito dell'istituzione del servizio centrale di riscossione dei tributi - la riscossione delle tasse automobilistiche non si effettua più mediante ingiunzione fiscale ma con l'iscrizione a ruolo e la conseguente emissione di cartella di pagamento (art. 67 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43);

  che, pertanto, la declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 233 del 1996 necessariamente investe la norma denunciata anche in relazione all'esperibilità dell'azione giudiziaria avverso la cartella di pagamento, la quale ha assorbito la funzione già svolta dall'ingiunzione di pagamento;

  che la questione proposta, in quanto concernente norma già dichiarata costituzionalmente illegittima, é manifestamente inammissibile.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, ultimo comma, della legge 24 gennaio 1978, n. 27 (Modifiche al sistema sanzionatorio in materia di tasse automobilistiche), sollevata, in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione, dal giudice del Tribunale di Roma, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 1999.