Ordinanza n. 259/99

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ORDINANZA N. 259

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale), dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento della riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione e della previdenza sociale), come modificato dalla sentenza n. 495 del 1993 della Corte costituzionale, degli artt. 30, comma 3, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), promosso con ordinanza emessa il 18 giugno 1996 dal Pretore di Brescia sul ricorso proposto da Rosa Elisa contro l'INPS, iscritta al n. 1283 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 1996.

  Udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che, nel corso di un giudizio instaurato per ottenere la ricostruzione del trattamento pensionistico in base alla sentenza n. 495 del 1993 della Corte costituzionale, il Pretore di Brescia, con ordinanza emessa il 18 giugno 1996, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale);

  che, secondo il rimettente, la norma censurata - sopravvenuta nelle more del giudizio e contenente una serie di disposizioni dirette a risolvere il problema del rimborso delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione della citata sentenza di illegittimità costituzionale e della sentenza n. 240 del 1994 - si pone in contrasto: a) con l'art. 77, secondo comma, Cost., in assenza dell'imprescindibile requisito dell'esistenza di un caso straordinario, richiedente un necessario intervento governativo, di tale urgenza da escludere i tempi del normale iter parlamentare, nonchè, conseguentemente, attesa l'usurpazione da parte del potere esecutivo delle attribuzioni del Parlamento in assenza di delega, con gli artt. 1, secondo comma, 70, 72 e 136, secondo comma, Cost.; b) con gli artt. 24, primo comma, e 25, primo comma, Cost., nella parte in cui prevede l'estinzione dei giudizi e l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali non ancora passati in giudicato, in ragione delle lesioni del diritto di azione e della giurisdizione del giudice naturale precostituito per legge; c) con l'art. 81, quarto comma, Cost., per violazione dell'obbligo di copertura finanziaria relativamente agli anni 1999, 2000 e 2001; d) con l'art. 3 Cost., a cagione della irragionevolezza della previsione delle modalità di estinzione del credito derivante dalle menzionate pronunzie di incostituzionalità e delle numerose lacunosità ed imprecisioni dell'intera normativa in esame; e) con gli artt. 1, primo comma, 4, 24, primo comma, 35 e 36 Cost., nella parte in cui prevede la compensazione delle spese di lite nelle cause in corso, in quanto priva del corrispettivo per la relativa prestazione professionale i difensori delle parti, i quali nell'àmbito dei notori accordi con i patronati hanno anticipato le spese e non riscosso gli onorari;

  che, inoltre, il Pretore a quo ha sollevato ulteriori questioni di legittimità costituzionale: a) dell’art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, come modificato dalla sentenza 29-31 dicembre 1993, n. 495, della Corte costituzionale, per violazione dell’art. 136, primo comma, 101 e 104, primo comma, della Costituzione; b) dell’art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, per violazione dell’art. 136, primo comma, della Costituzione; c) dell’art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903, come modificato dalla sentenza 29-31 dicembre 1993, n. 495, della Corte costituzionale, per violazione dell’art. 81, ultimo comma, della Costituzione; d) in via preliminare, rispetto alle questioni precedenti, dell’art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, ove prevede che "il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale" e limitatamente a tale parte, per violazione dell’art. 134, nonchè degli artt. 101, 104, primo comma, e 111 della Costituzione; e) sempre in via preliminare e con gli stessi riferimenti indicati sub d), dell’art. 23 della legge ordinaria 11 marzo 1953, n. 87, nelle parti in cui stabilisce condizioni e forme di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, come meglio precisato in motivazione, per palese violazione della riserva di legge costituzionale prevista dall’art. 137, primo comma, della Costituzione.

  Considerato che il contenuto del censurato decreto-legge n. 295 del 1996, non convertito, é stato reiterato con i decreti-legge 26 luglio 1996, n. 396, e 24 settembre 1996, n. 499, recanti le stesse disposizioni denunciate ed entrambi decaduti;

  che gli effetti di tali decreti-legge sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, e che la successiva legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 1, commi 181, 182 e 183) ha il medesimo contenuto della censurata normativa decretale;

  che, medio tempore, il decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, é intervenuto sul denunciato meccanismo di rimborso dei relativi crediti mediante emissione dei titoli di Stato, prevedendone viceversa il pagamento in contanti, pur se con le medesime cadenze temporali;

  che, ancora successivamente, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha previsto l'erogazione di una somma pari al 5% a titolo d'interessi sugli arretrati maturati alla data del 31 dicembre 1995 (art. 36, comma 1) e l'inclusione, tra gli aventi diritto al pagamento degli arretrati, degli eredi dell'interessato anche allorchè il decesso di questi sia avvenuto anteriormente al 30 marzo 1996 (art. 36, comma 2);

  che, inoltre, l'art. 73, comma 4, della stessa legge ha precisato la portata applicativa della c.d. clausola di salvezza contenuta nell'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, interpretandola nel senso che tra gli effetti fatti salvi da questa norma va inclusa l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali emessi in materia;

  che, così disponendo, il legislatore ha notevolmente inciso sulla normativa denunciata, e dunque il giudice a quo deve procedere ad una nuova valutazione della rilevanza delle sollevate questioni (cfr. ordinanza n. 31 del 1999), a prescindere peraltro dalle prospettate e del tutto ininfluenti questioni concernenti le norme sul funzionamento della Corte e sulla proposizione dei giudizi davanti ad essa (cfr. ordinanza n. 130 del 1997);

  che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti al giudice stesso.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  ordina la restituzione degli atti al Pretore di Brescia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 23 giugno 1999.