Ordinanza n. 237/99

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 237

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 72, secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 19 ottobre 1998 dalla Corte di assise di Roma, nel procedimento penale a carico di A. R., iscritta al n. 883 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con ordinanza del 19 ottobre 1998 la Corte di assise di Roma, investita in qualità di giudice dell’esecuzione della richiesta del pubblico ministero di determinazione della pena nei confronti di un soggetto condannato con diverse sentenze a più pene detentive, ha sollevato, in riferimento all’art. 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 72, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che, in caso di concorso di un delitto che importa la pena dell’ergastolo con uno o più delitti puniti con pene detentive temporanee, la pena dell’ergastolo con isolamento diurno da due a diciotto mesi si applica ope legis anche al condannato ammesso al regime di semilibertà;

che il rimettente espone in fatto:

- che il prevenuto era stato condannato nel 1985 dalla Corte di assise di Roma con una medesima sentenza a più ergastoli, unificati dallo stesso giudice di cognizione nella pena dell’ergastolo con isolamento diurno per il periodo di un anno, e che successivamente, con diverse sentenze e in diversi contesti, aveva subito ulteriori condanne a pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni;

- che a seguito di queste ulteriori condanne il pubblico ministero aveva inizialmente chiesto di determinare la sanzione da irrogare in sede di cumulo nell’ergastolo con isolamento diurno per un anno, e successivamente, modificando la richiesta originaria, aveva precisato che la sanzione dell’isolamento diurno doveva ritenersi già eseguita durante il regime di massima sicurezza, al quale il condannato, già aderente alle Brigate Rosse, <<dovrebbe essere stato assoggettato in epoca precedente>>;

  che, ad avviso del giudice a quo, nei confronti del prevenuto dovrebbe essere applicata in sede di cumulo la pena unica dell’ergastolo, con isolamento diurno per un periodo da due a diciotto mesi, in accoglimento della originaria richiesta del pubblico ministero;

  che peraltro il condannato era stato ammesso al lavoro all’esterno dal 1995 e dal 1997 si trovava in regime di semilibertà;

  che ad avviso del rimettente il regime di semilibertà, sia in considerazione dei requisiti soggettivi richiesti per l’ammissione al beneficio, sia per le modalità concrete di esecuzione della pena, non appare compatibile con l’applicazione dell’isolamento diurno;

  che tale situazione si porrebbe in contrasto con i principi enunciati dall’art. 27, terzo comma, Cost., sotto il duplice profilo che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e debbono tendere alla rieducazione del condannato;

  che, in particolare, le modalità di applicazione dell’isolamento diurno, determinando necessariamente la revoca del beneficio della semilibertà, verrebbero da un lato a confliggere con un processo individuale di reinserimento sociale già avviato, in contrasto con il principio dell’emenda, dall’altro, traducendosi in un aumento di afflittività della pena, la renderebbero, in concreto, contraria al senso di umanità.

  Considerato che dal tenore dell’ordinanza di rimessione sembra ricavarsi che il giudice a quo ritiene applicabile al caso sottoposto al suo esame l’art. 72, secondo comma, cod. pen., che regola il concorso tra un delitto che importa la pena dell’ergastolo e più delitti che comportano pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni, ma che d’altro canto lo stesso rimettente mostra di tenere conto anche del precedente cumulo, già disposto in sede di cognizione ex art. 72, primo comma, cod. pen., relativo alla precedente condanna a più ergastoli, unificati nella pena dell’ergastolo con isolamento diurno per un anno e, quindi, di voler procedere all’unificazione di tutte le pene concorrenti;

  che manca pertanto qualsiasi motivazione circa le ragioni per cui il rimettente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale nei confronti del secondo comma dell’art. 72 cod. pen., quando la previsione della meno grave sanzione dell’isolamento diurno ivi prevista avrebbe dovuto ritenersi assorbita nella ipotesi più grave contemplata nel primo comma;

che inoltre il giudice rimettente dà per scontato che il condannato debba ancora essere sottoposto ad un periodo di isolamento diurno, senza peraltro chiarire se tale conclusione sia suffragata dal dato di fatto che il prevenuto non ha ancora espiato il periodo di isolamento determinato in sede di cognizione, ovvero derivi dall’esigenza di rideterminare il periodo di isolamento diurno in misura superiore a quello già disposto con la precedente sentenza, così trascurando di motivare su un aspetto essenziale ai fini della rilevanza della dedotta questione di legittimità costituzionale;

che, in ogni caso, il giudice a quo ha omesso di verificare se nel caso di specie potesse trovare applicazione, come espressamente richiesto dal pubblico ministero, il principio di fungibilità tra il periodo in cui il prevenuto era stato sottoposto al regime di massima sicurezza o di sorveglianza particolare (rispettivamente ex artt. 90 e 14-ter dell’ordinamento penitenziario) e l’isolamento diurno, limitandosi a rilevare che <<difetta, nel caso in esame, la prova>> dell’assoggettamento a tale regime; prova che il rimettente avrebbe dovuto acquisire ex art. 666, comma 5, cod. proc. pen., eventualmente mediante richiesta di esibizione della cartella personale del condannato presso le competenti autorità penitenziarie;

che inoltre dall’ordinanza di rimessione - ove l’art. 72 cod. pen. é sottoposto a scrutinio di costituzionalità in quanto <<le modalità attuali di applicazione dell’isolamento diurno vengono a confliggere con un avviato processo individuale di reinserimento sociale, attuato attraverso le misure alternative alla detenzione...>> - emerge che la questione di legittimità costituzionale, volta a prevenire la asserita perdita automatica del beneficio della semilibertà, é prematura ed ipotetica, dovendo comunque essere delibata dal magistrato e dal tribunale di sorveglianza competenti per l’eventuale sospensione o cessazione della semilibertà a norma dell’art. 51-bis dell’ordinamento penitenziario;

che per le concorrenti ragioni sopra esposte la questione va pertanto dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 72, secondo comma, del codice penale, sollevata, in riferimento all’art. 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte di assise di Roma, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria l’11 giugno 1999.