Ordinanza n. 230/99

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ORDINANZA N. 230

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo sostituito dall’art. 5, comma 1, del d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), promossi con due ordinanze emesse il 29 gennaio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sui ricorsi proposti da Elio Zago e da Giovanni Parisi contro il Ministero dell’interno ed altra, iscritte ai nn. 515 e 774 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 29 e 43, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 14 aprile 1999 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.

  Ritenuto che con ordinanza del 29 gennaio 1998 (R.O. n. 515/1998) il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo sostituito dall’art. 5, comma 1, del d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), in riferimento agli artt. 3 e 4 della Costituzione;

  che il giudice rimettente, chiamato a decidere su ricorso per l’annullamento di un provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida adottato sulla base della norma denunciata, dubita che quest’ultima, nella parte in cui prescrive la revoca della patente di guida nei riguardi di chi "sia stato" sottoposto a una misura di sicurezza personale (poi revocata, e in assenza di riabilitazione), possa dirsi conforme: a) al principio di uguaglianza e di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), poichè essa pone ingiustificatamente una medesima disciplina per situazioni personali obiettivamente differenti, quali sono quella di chi sia in atto sottoposto a misura di sicurezza, e sia perciò socialmente pericoloso, e quella di chi non sia più tale, con irrazionale estensione al secondo di una conseguenza sfavorevole che, alla stregua delle finalità di prevenzione proprie della misura, si giustifica solo per il primo; b) all’art. 4 della Costituzione, sotto il profilo del diritto al lavoro, che risulta negativamente condizionato dalla privazione del titolo di abilitazione alla guida, senza che di ciò possa ravvisarsi qualche valida giustificazione, una volta venuta meno la misura di sicurezza e, con essa, la valutazione di pericolosità sociale;

  che nel giudizio così instaurato é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che, con successiva memoria, ha concluso per l’inammissibilità della questione sollevata - in ragione della natura regolamentare della norma impugnata oltre che per inadeguata motivazione circa la rilevanza - e comunque per la sua infondatezza;

  che questione identica alla precedente é stata sollevata, dallo stesso Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con altra ordinanza del 29 gennaio 1998 (R.O. n. 774/1998) pronunciata in distinto processo;

  che anche in questo giudizio di costituzionalità é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, ha concluso per l’inammissibilità - per insufficiente esposizione della vicenda dedotta nel giudizio principale - e comunque per l’infondatezza della questione, trattandosi di una disciplina che coinvolge ambiti propri della discrezionalità delle scelte legislative e che non intacca le possibilità lavorative dell’interessato, ma solo la sua facoltà di condurre un veicolo.

  Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, con due ordinanze di identico contenuto, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nel testo sostituito dall'art. 5, comma 1, del d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e la duplicazione della patente di guida di veicoli), per violazione degli artt. 3 e 4 della Costituzione;

  che l'identità delle questioni sollevate consente che i relativi giudizi siano riuniti per essere decisi con unica pronuncia;

  che il giudice rimettente dubita che la normativa denunciata, prevedendo la revoca della patente di guida nei confronti di coloro che siano stati sottoposti a una misura di sicurezza personale, successivamente revocata, in assenza di riabilitazione, sia innanzitutto in contrasto (a) con l'art. 3 della Costituzione, poichè essa equiparerebbe irrazionalmente chi sia sottoposto attualmente e chi sia stato sottoposto a misura di sicurezza, cioé soggetti per i quali vale e per i quali non vale più il giudizio di pericolosità sociale presupposto della misura di sicurezza stessa, e poichè prevederebbe una misura irrazionale, alla stregua della ratio della revoca della patente consistente nella prevenzione dei reati, ratio inesistente in caso di misura di sicurezza revocata; e sia inoltre in contrasto (b) con l'art. 4 della Costituzione, in quanto la privazione della patente di guida comporterebbe un sacrificio delle possibilità di lavoro senza che - revocata la misura di sicurezza - se ne possa individuare una giustificazione;

  che, con la sentenza n. 354 del 21 ottobre 1998 di questa Corte, il denunciato art. 120, comma 1, dell’attuale "codice della strada" é già stato dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevedeva la revoca della patente di guida nei confronti delle persone che fossero state sottoposte a misura di sicurezza, per violazione dell'art. 2, lettera t), della legge di delegazione 13 giugno 1991, n. 190, e quindi dell'art. 76 della Costituzione;

  che, essendo la predetta decisione d'incostituzionalità intervenuta successivamente alle due ordinanze di rimessione del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, entrambe del 29 gennaio 1998, deve disporsi la restituzione degli atti al giudice rimettente affinchè valuti le conseguenze dell'intervenuto mutamento del quadro normativo sulle decisioni ch'esso é chiamato a prendere nei giudizi di merito;

  che, in particolare, al giudice rimettente, ancor prima della sottoponibilità al giudizio di questa Corte di norme contenute in atti regolamentari adottati alla stregua dell'art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, spetta valutare i rapporti tra le norme aventi forza di legge e le disposizioni regolamentari che le riproducono in atti di "delegificazione", fuori della materia che la legge (nella specie: l'art. 2, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537) ha previsto come suscettibile della "delegificazione" stessa, e quindi di considerare le conseguenze della predetta dichiarazione d'incostituzionalità dell'art. 120, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sulla norma denunciata, contenuta nell'art. 5, comma 1, del d.P.R. n. 575 del 1994.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore

Depositata in cancelleria l’11 giugno 1999.