Sentenza n. 225/99

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SENTENZA N. 225

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 15, 16, 17, 18, 19 e 20 della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale) e della legge della Regione Lombardia 29 aprile 1995, n. 39 (Piano territoriale di coordinamento del parco naturale di Montevecchia e della Valle del Curone), promosso con ordinanza emessa il 14 novembre 1996 dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia sui ricorsi riuniti proposti da Di Marca Michele contro il Comune di Lomagna ed altri, iscritta al n. 115 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1997;

udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso del giudizio promosso contro il Comune di Lomagna e nei confronti della Regione Lombardia e del Consorzio parco naturale Montevecchia e Valle del Curone, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, con ordinanza del 14 novembre 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97, 101, secondo comma, e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, 16, 17, 18, 19 e 20 della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonchè delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale) e della legge della Regione Lombardia 29 aprile 1995, n. 39 (Piano territoriale di coordinamento del parco naturale di Montevecchia e della Valle del Curone).

Preliminarmente il collegio rimettente ha descritto l’iter processuale delle impugnazioni proposte dal ricorrente, proprietario, entro la circoscrizione del Comune di Lomagna, di una vasta area per complessivi mq. 77.280 oggetto di lottizzazione a scopo industriale, approvata con deliberazione consiliare del 30 maggio 1983, con annessa convenzione di lottizzazione del 19 ottobre 1984, trascritta il successivo 14 novembre. Con un primo ricorso é stata impugnata la variante allo strumento urbanistico generale (approvata il 2 giugno 1994), che, mutando l’originaria destinazione delle aree (zona D-industriale), le includeva nella zona E-agricola; con successivo ricorso é stato censurato il diniego in ordine all’istanza di concessione edilizia per le aree in oggetto; da ultimo, il ricorrente ha impugnato l’ulteriore diniego di concessione edilizia, adottato dal Sindaco del Comune di Lomagna, all’esito di un nuovo iter istruttorio del procedimento per il rilascio del provvedimento concessorio.

2.- In quest’ultimo giudizio si costituiva il Consorzio di gestione del parco di Montevecchia e Valle del Curone, rilevando che l’approvazione definitiva con legge regionale n. 39 del 29 aprile 1995 del Piano territoriale di coordinamento (PTC) del parco, nel cui perimetro sono ricomprese le aree di proprietà del ricorrente - qualificate come A2-agricole, caratterizzate da presenze naturalistiche ed agrarie di valore congiunto -, costituiva, comunque, causa ostativa al rilascio della concessione edilizia per cui pendeva controversia.

3.- Secondo il giudice rimettente, l’approvazione con legge del Piano territoriale di coordinamento era avvenuta sulla base della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86, che disciplina un preciso procedimento di approvazione, il cui mancato rispetto veniva censurato con l’ultimo ricorso. Tale legge pregiudicherebbe lo ius aedificandi del ricorrente e violerebbe gli artt. 97, 24, 101, secondo comma, e 113 in connessione con gli artt. 42 e 3 della Costituzione, in quanto il principio di legalità imporrebbe che vi sia sempre "un distacco tra legge e provvedimento al fine di consentire un sindacato giurisdizionale circa la razionalità delle scelte amministrative".

Nel caso di specie con una legge autoapplicativa, senza l’intermediazione del necessario provvedimento amministrativo (sentenza n. 513 del 1988), si sarebbe individuata una determinata e limitata parte del territorio disciplinandone compiutamente il regime giuridico, pregiudicando la facoltà di edificare e l’affidamento ingenerato nel titolare del diritto dominicale dalle pregresse scelte urbanistiche, sfociate nella convenzione di lottizzazione.

Il giudice rimettente non contesta la legittimità costituzionale di tutte le leggi provvedimento, ma solo delle leggi regionali che, con il loro contenuto e gli effetti sostanziali, si presentano come autoapplicative, in quanto individuano direttamente una determinata e limitata parte del territorio disciplinandone compiutamente il regime giuridico in modo più sfavorevole per il titolare.

Ad avviso del giudice a quo, si violerebbero, altresì, gli artt. 24 e 113 della Costituzione, in quanto nella specie la legge regionale, in definitiva, verrebbe a paralizzare l’impugnazione in via giurisdizionale degli atti amministrativi con "un’evidente interferenza sull’attività degli organi giurisdizionali"; inoltre, vi sarebbe violazione degli artt. 3, 97, 24 e 113 della Costituzione sotto il profilo del contrasto con il principio del giusto procedimento, nonchè di ragionevolezza e di coerenza del procedimento legislativo. La legge regionale n. 39 del 1995 configura il procedimento disciplinato dagli artt. 16, 17, 18, 19 e 20 della legge regionale n. 86 del 1983, come procedimento articolato, che consente la partecipazione degli Enti e delle istituzioni interessate e dei privati ("chiunque vi abbia interesse").

Di conseguenza il Tar ritiene illogico e contraddittorio precludere il controllo giurisdizionale sull’iter di approvazione del piano territoriale di coordinamento del parco, poichè la stessa legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 prevede un giusto procedimento.

Considerato in diritto

1.- Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia riguardano la legge della Regione Lombardia 29 aprile 1995, n. 39 (Piano territoriale di coordinamento del parco naturale di Montevecchia e della Valle del Curone) e gli artt. 15, 16, 17, 18, 19 e 20 della legge della stessa Regione 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonchè delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale), nella parte in cui prevedono l’approvazione con legge del Piano territoriale di coordinamento (PTC), e ne disciplinano il procedimento e gli effetti.

Si sostiene la violazione degli artt. 97, 24, 101, secondo comma, e 113 della Costituzione per contrasto con il principio di legalità sotto il profilo che, al fine di consentire il sindacato giurisdizionale sulla razionalità delle scelte amministrative che incidano sulle posizioni giuridiche soggettive, vi dovrebbe essere "sempre un distacco tra legge e provvedimento amministrativo", soprattutto con riferimento alle leggi autoapplicative idonee a disciplinare direttamente il regime giuridico di ambiti territoriali limitati, pregiudicando le aspettative dei titolari delle aree in essi ricompresi.

Inoltre, si deduce la violazione degli artt. 24 e 113 della Costituzione, in quanto nella specie la legge regionale, in definitiva, verrebbe a paralizzare l’impugnazione in via giurisdizionale degli atti amministrativi relativi alla formazione e approvazione del piano, con "un’evidente interferenza sull’attività degli organi giurisdizionali".

Infine, viene denunciata la violazione degli artt. 3, 97, 24 e 113 della Costituzione sotto il profilo del contrasto con il principio del giusto procedimento, nonchè di ragionevolezza e di coerenza del procedimento legislativo: sarebbe illogico e contraddittorio precludere il controllo giurisdizionale del piano territoriale di coordinamento del parco, poichè la stessa legge regionale n. 86 del 1983 prevede un procedimento articolato, che consente la partecipazione degli enti e delle istituzioni interessate e dei privati ("chiunque vi abbia interesse"), quale giusto procedimento ritenuto idoneo dallo stesso legislatore regionale.

2.- Le questioni di legittimità costituzionale sono infondate, in quanto si basano su una interpretazione non esatta delle norme denunciate, essendo queste, invece, suscettibili di essere interpretate in senso conforme a Costituzione, con conseguente esclusione di qualsiasi possibilità di violazione dei principi costituzionali invocati, ivi compreso quello attinente alla tutela giurisdizionale contro gli atti amministrativi relativi all’iter di formazione ed adozione di piano territoriale.

Del resto, lo stesso giudice rimettente, in occasione dell’esame di impugnazione di una proposta di piano di coordinamento di un parco (Parco agricolo sud Milano), ha successivamente ritenuto che non esistesse alcun ostacolo all’esercizio dei poteri giurisdizionali di annullamento delle delibere amministrative rientranti nell’iter procedimentale della fase di formazione, adozione ed approvazione della proposta di piano di coordinamento di parco da sottoporre al Consiglio regionale (v. sentenza del Tar della Lombardia 8 ottobre 1997, n. 1738 e relativo conflitto di attribuzione deciso in data odierna con sentenza di questa Corte n. 226 del 1999)

3.- Le denunciate norme di legge regionale della Lombardia - con una scelta suscettibile di interpretazione tale da conseguire un risultato del tutto corretto sul piano costituzionale - hanno previsto un dettagliato speciale procedimento per la formazione, l’adozione, la verifica e l’approvazione del piano territoriale di coordinamento del Parco naturale, suddiviso in due fasi autonome, aventi natura e finalità diverse.

La prima fase esclusivamente amministrativa, con tutte le caratteristiche di "giusto procedimento", tendente, per espressa scelta legislativa, a realizzare la partecipazione ed il concorso attivo di molteplici interessi coinvolti, come apporto non solo meramente collaborativo, ma con funzione anche garantistica del ruolo proprio dei comuni nella pianificazione territoriale, cioé con il concorso attivo degli enti locali, nonchè con la facoltà di intervento di altri soggetti privati interessati (artt. 16, 17, 18, 19 e 20 della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86).

Infatti, in Lombardia per ogni parco - la cui istituzione avviene con legge regionale "previa consultazione dei comuni, comunità montane e province interessate" (art. 16, primo comma, della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86) - viene formato un piano territoriale di coordinamento avente natura ed effetti anche di piano territoriale regionale, ai sensi degli artt. 4 e 7 della legge della Regione Lombardia 15 aprile 1975, n. 51, con la conseguenza della applicabilità, a decorrere dalla data di pubblicazione del semplice progetto di piano, delle misure di salvaguardia.

Tale salvaguardia per la "proposta di piano del parco", tuttavia, non é limitata a determinate previsioni che siano dichiarate "immediatamente prevalenti" ed "immediatamente vincolanti" anche nei confronti dei privati, come previsto invece per i semplici piani territoriali regionali (art. 7, quinto comma, in relazione alla lettera h), dell’art. 4, primo comma, della legge regionale n. 51 citata), ma si estende ad ogni intervento in contrasto con le previsioni della pubblicata proposta del piano del parco naturale, nonchè con le eventuali modifiche semplicemente deliberate in sede di verifica del piano stesso da parte della Giunta regionale (art. 18, comma 6, seconda parte, della legge regionale n. 86, citata).

L'anzidetta salvaguardia si collega temporalmente alle norme di salvaguardia anteriormente stabilite con la legge regionale istitutiva di parchi naturali (art. 18, comma 6, prima parte, della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86; nella specie norme introdotte con l’art. 7 della legge della Regione Lombardia 16 settembre 1983, n. 77).

Tale salvaguardia del piano si applica fino alla entrata in vigore della legge di approvazione del piano territoriale del parco, e comunque per non oltre due anni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale regionale dell’avviso di ricevimento da parte della Giunta regionale della proposta di piano.

Da sottolineare che il piano di coordinamento del parco sostituisce il piano territoriale paesistico nei territori compresi nei parchi naturali (art. 5 della legge della Regione Lombardia 27 maggio 1985, n. 57) e non ha funzione di solo coordinamento per indirizzare le successive pianificazioni sottordinate delle amministrazioni che hanno ulteriore competenza nella materia. Il piano del parco non crea vincoli nei soli confronti delle amministrazioni (come era nella fattispecie decisa con la sent. n. 143 del 1989) come esercizio di potere di indirizzo, ma comporta immediatamente e direttamente vincoli e limiti anche per i privati (art. 18 della legge regionale n. 86 del 1983), senza che si verifichi l'esigenza di intermediazione di strumenti sottordinati al piano approvati con atto amministrativo suscettibile di tutela giurisdizionale.

Il progetto di piano é elaborato dall’ente gestore del parco (che può essere un consorzio tra gli enti locali interessati, come nella specie il consorzio tra i comuni interessati specificati dalla legge regionale istitutiva del parco: legge della Regione Lombardia 16 settembre 1983, n. 77, art. 3) con una netta distinzione rispetto alla fase legislativa di approvazione regionale. Infatti, la proposta di piano viene adottata con delibera dell'ente gestore (v. anche art. 6, della legge regionale n. 77, citata). Essa viene pubblicata con le forme tipiche delle pianificazioni territoriali, al fine di consentire la presentazione di osservazioni "da parte di chiunque vi abbia interesse" ed é destinata ad essere trasmessa alla Giunta regionale insieme alle osservazioni presentate e alle controdeduzioni dell’ente proponente. La Giunta regionale della Lombardia, a sua volta, deve verificare la proposta di piano in relazione alla coerenza con gli indirizzi di politica ambientale della Regione ed ha il potere di deliberare le "modifiche necessarie". Successivamente deve trasmetterla al Consiglio regionale (assumendone con separato atto la formale iniziativa legislativa di approvazione) insieme alle osservazioni e controdeduzioni inviate dall’ente gestore proponente e alle "modifiche" eventualmente apportate dalla stessa Giunta, che determina il contenuto definitivo del piano adottato.

Sia la delibera di adozione della proposta di piano del parco, formulata dall’ente gestore, una volta pubblicata (negli albi dei comuni e province interessate e con avviso nel Bollettino Ufficiale della Regione, pubblicazione anteriore alla trasmissione alla Giunta regionale), sia la delibera della Giunta regionale, contenente le eventuali modifiche del piano, sono configurate come atti adottati da organi amministrativi e nell’esercizio di attività amministrativa (con le garanzie proprie della relativa funzione, ivi compresa la soggezione al sindacato giurisdizionale di legittimità). Detti atti, inoltre, sono suscettibili di ledere immediatamente, attraverso l'automatica cogenza della salvaguardia, le posizioni dei soggetti interessati, che soggiacciono alle previsioni del progetto di piano per gli effetti impeditivi rispetto ad ogni intervento in contrasto. Pertanto, dette delibere non possono ritenersi sottratte al generale sindacato di legittimità del giudice amministrativo.

La seconda fase, avente natura legislativa (procedura di approvazione del piano con legge regionale), inizia dopo il compimento della verifica affidata alla Giunta - cui spetta in via esclusiva un correlato potere amministrativo correttivo (introduzione di modifiche al progetto di piano) - e solo con la presentazione al Consiglio regionale del progetto di legge della Giunta regionale, atto che assume il valore di formale iniziativa della legge di approvazione del piano.

Ed appunto la legge regionale 29 aprile 1995, n. 39, con espresso richiamo "ai sensi dell’art. 6 della legge regionale 16 settembre 1983, n. 77, dell’art. 17 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86", ha approvato il piano territoriale di coordinamento del parco naturale di Montevecchia e della Valle del Curone, costituito dagli elaborati derivanti dalla verifica istruttoria sul piano originario (adottato dall’ente gestore) compiuta dal gruppo di lavoro interassessorile, che ha dato luogo ad una revisione della proposta di piano del parco, fatta propria dalla delibera della Giunta di modifiche al piano con definizione del testo del piano stesso.

4.- Così configurate le due fasi, l’una amministrativa, con le garanzie proprie del giusto procedimento - secondo una corretta interpretazione della legge regionale -, e l’altra legislativa di mera approvazione del piano, quale risultante a seguito delle modifiche adottate dalla Giunta regionale, é evidente che gli eventuali vizi della fase amministrativa di formazione, adozione e modifiche del piano del parco non sono sanati nè comunque coperti dall’approvazione con legge regionale del piano stesso.

Tale approvazione attiene ad un esame ed ad una valutazione di politica territoriale-ambientale da parte dell’assemblea regionale. Il legislatore regionale - nella legge n. 86 del 1983, che regola, tra l’altro, le norme generali di procedura per l’istituzione e la gestione dei parchi naturali - ha sottratto il solo atto finale di approvazione ai poteri (amministrativi) dell'ente gestore e della Giunta regionale. Ciò allo scopo di addivenire ad una delibera legislativa di mera approvazione (essenzialmente politica) con il connaturale concorso della volontà dell’intera rappresentanza regionale e non della sola Giunta espressione di maggioranza.

La anzidetta legge regionale di mera approvazione del piano del parco non attribuisce al contenuto del piano valore di legge e non assume il significato di conversione dell'atto contenente la pianificazione del parco.

Pertanto, sulla base delle predette considerazioni, gli eventuali vizi della delibera di adozione del piano del parco assunta dall'ente gestore e della delibera di modifiche da parte della Giunta regionale, nonchè le eventuali violazioni dello specifico procedimento amministrativo di formazione, adozione, verifica e partecipazione non rimangono sottratti all’ordinario sindacato giurisdizionale sulle scelte amministrative che incidono su situazioni giuridiche soggettive.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 15, 16, 17, 18, 19 e 20 della legge della Regione Lombardia 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l’istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonchè delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale) e della legge della Regione Lombardia 29 aprile 1995, n. 39 (Piano territoriale di coordinamento del parco naturale di Montevecchia e della Valle del Curone), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97, 101, secondo comma, e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 giugno 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria l’11 giugno 1999.