Ordinanza n. 222/99

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ORDINANZA N. 222

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 604 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1998 dalla Corte di appello di Venezia nel procedimento penale a carico di V. G., iscritta al n. 566 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

  Ritenuto che con ordinanza del 2 giugno 1998 la Corte di appello di Venezia ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 604 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede il potere del giudice di appello di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado per effetto della dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado per incompletezza del dispositivo ex art. 546, comma 3, cod. proc. pen.;

  che il giudice rimettente premette di essere stato investito dell’appello del pubblico ministero, che con il primo motivo di impugnazione aveva eccepito la nullità della sentenza con la quale il Tribunale di Venezia aveva dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, per l’omessa indicazione nel dispositivo della causa della improcedibilità;

  che il giudice a quo rileva che, ove venga accertata la nullità della sentenza per carenza di motivazione, per costante interpretazione giurisprudenziale della Corte di cassazione il giudice di appello deve decidere nel merito, sostituendo la propria pronuncia a quella del giudice di primo grado, in quanto le nullità della sentenza previste dall’art. 546, comma 3, cod. proc. pen. non sono menzionate dall’art. 604 cod. proc. pen. tra le ipotesi di nullità per le quali deve essere disposta la trasmissione degli atti al giudice di primo grado;

  che ad avviso del rimettente tale disciplina deve essere applicata, per identità di ratio, all’ipotesi di incompletezza del dispositivo, anch’essa presa in considerazione dall’art. 546, comma 3, cod. proc. pen.;

  che peraltro, così operando, il giudice di appello dovrebbe in sostanza procedere ad una correzione del dispositivo, in contrasto con quanto previsto dall’art. 547 cod. proc. pen., che vieta il ricorso alla procedura della correzione degli errori materiali (art. 130 cod. proc. pen.) nel caso in cui ricorrano le ipotesi di nullità della sentenza contemplate dall’art. 546, comma 3, cod. proc. pen.;

  che ad avviso del rimettente tale disciplina sarebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto imporrebbe al giudice di appello di decidere nel merito, in luogo di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado.

  Considerato che a definire il quadro normativo su cui si innesta la questione di legittimità costituzionale oggetto del presente giudizio concorrono gli artt. 529 cod. proc. pen. (secondo cui, se manca una condizione di procedibilità, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo), 546, comma 3, cod. proc. pen. (che tra le cause di nullità della sentenza contempla le ipotesi in cui manca o é incompleto <<nei suoi elementi essenziali>> il dispositivo), 604 e 605 cod. proc. pen. (dai quali si desume che, fuori dei casi tassativamente previsti di nullità della sentenza di primo grado che importano l’obbligo di disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, il giudice di appello pronuncia sentenza con la quale conferma o riforma la sentenza di primo grado), nonchè l’art. 547 cod. proc. pen. (che vieta il ricorso alla procedura della correzione degli errori materiali nelle ipotesi di nullità della sentenza di cui all’art. 546, comma 3, cod. proc. pen.);

  che nel caso di specie si verserebbe appunto, ad avviso del giudice a quo, in un’ipotesi di nullità della sentenza per mancanza di un elemento essenziale del dispositivo, per la quale é fatto divieto al giudice di appello (come a qualsiasi altro giudice) di ricorrere alla procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen.;

  che, secondo il giudice rimettente, il sistema normativo é connotato da una lacuna che gli precluderebbe di adottare qualsiasi provvedimento, risultando da un lato impossibile disporre la trasmissione degli atti al giudice di primo grado a norma dell’art. 604 cod. proc. pen., in quanto la nullità riscontrata non rientra tra quelle prese in considerazione dalla predetta norma; dall’altro essendogli impedito di adottare una pronuncia nel merito, in quanto ciò equivarrebbe, in sostanza, alla correzione di un errore materiale, non ammessa dall’art. 547 cod. proc. pen.;

  che il giudice a quo non esplicita però le ragioni per le quali la mancata indicazione della causa di improcedibilità sia configurabile come difetto di un "elemento essenziale" del dispositivo, così da rientrare tra le ipotesi di nullità della sentenza menzionate dall'art. 546, comma 3, cod. proc. pen.;

  che, in ogni caso, non risulta nemmeno chiarito per quale motivo l'esercizio del potere-dovere da parte del giudice di appello di riformare la sentenza impugnata ove ravvisi errori o lacune della stessa, sanando in tal modo eventuali nullità che la vizino, equivalga a una correzione di errore materiale, posto che, ciò facendo, il giudice applicherebbe l'art. 605, comma 1, cod. proc. pen. e non l'art. 130 dello stesso codice: norma, quest'ultima, che all'evidenza opera su un terreno diverso rispetto alla prima;

  che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla sua rilevanza.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 604 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte di appello di Venezia, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.