Ordinanza n. 221/99

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 221

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 e dell'art. 1 del decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295 (Norme in materia previdenziale), promossi con ordinanze emesse il 29 aprile 1996 (n. 12 ordinanze) dal Pretore di Sondrio, il 31 maggio 1996 (n. 5 ordinanze) dal Pretore di Bari, l'8 maggio 1996, il 29 aprile 1996 (n. 5 ordinanze) e l'11 giugno 1996 dal Pretore di Sondrio, rispettivamente iscritte ai nn. da 833 a 844, da 874 a 878 e da 907 a 913 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 37, 38, 39, prima serie speciale, dell'anno 1996.

  Visti gli atti di costituzione dell'INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che, nel corso di diciannove giudizi, instaurati per ottenere la ricostruzione dei relativi trattamenti pensionistici in base alle sentenze n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994 della Corte costituzionale, il Pretore di Sondrio, con altrettante ordinanze di identico contenuto emesse il 29 aprile, l'8 maggio e l'11 giugno 1996 (R.O. nn. da 833 ad 844; da 907 a 913 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale);

  che, secondo il rimettente, la norma censurata - sopravvenuta nelle more dei giudizi e contenente una serie di disposizioni dirette a risolvere il problema del rimborso delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione delle citate sentenze di illegittimità costituzionale - si pone in contrasto: a) nella sua interezza con l'art. 77 Cost., in assenza del requisito della straordinaria necessità ed urgenza; b) con gli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui, al comma 1, prevede che il rimborso delle somme, maturate fino al 31 dicembre 1995, sia effettuato mediante assegnazione di titoli di Stato in sei annualità; c) con gli artt. 3 e 38 Cost., nella parte in cui, al comma 2, prevede che nella determinazione dell'importo maturato al 31 dicembre 1995 non concorrono gli interessi e la rivalutazione monetaria; d) con l'art. 3 Cost. (solo R.O. n. 913 del 1996), nella parte in cui, sempre al comma 2, prevede che il diritto al rimborso delle somme arretrate spetta ai soli soggetti interessati ed ai loro superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilità; e) con gli artt. 3, 24, 25, primo comma, 102, 113 e 36 Cost., là dove, al comma 3, prevede l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese di lite;

  che, nel corso di analoghi giudizi, il Pretore di Bari - con cinque ordinanze emesse il 31 maggio 1996 (R.O. nn. da 874 a 878) - ha, a sua volta, sollevato questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 1 del decreto-legge n. 166 del 1996, come reiterato con decreto-legge 27 maggio 1996, n. 295;

  che, a giudizio del rimettente, la norma si pone in contrasto: a) con l'art. 24 Cost., nella parte in cui dispone l'estinzione dei giudizi pendenti e la compensazione delle spese di lite; b) con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede in sei anni ed in titoli di Stato il rimborso delle somme dovute; c) con gli artt. 3 e 38 Cost., là dove esclude che su tali somme siano corrisposti interessi e rivalutazione monetaria;

  che, in tutti i giudizi, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e si é costituito l'INPS, concludendo entrambi per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza delle sollevate questioni.

  Considerato che per l'analogia delle sollevate questioni i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che il contenuto del censurato decreto-legge n. 166 del 1996, non convertito, é stato reiterato con i decreti-legge 27 maggio 1996, n. 295; 26 luglio 1996, n. 396; 24 settembre 1996, n. 499, tutti recanti le stesse disposizioni denunciate e tutti decaduti;

  che gli effetti di tali decreti-legge sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, e che la successiva legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 1, commi 181, 182 e 183) ha riprodotto il medesimo contenuto della censurata normativa decretale;

  che, medio tempore, il decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, é intervenuto sul complessivo denunciato meccanismo di rimborso dei relativi crediti mediante emissione dei titoli di Stato, prevedendone viceversa il pagamento in contanti, pur se con le medesime cadenze temporali;

  che, ancora successivamente, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha previsto l'erogazione di una somma pari al 5% a titolo d'interessi sugli arretrati maturati alla data del 31 dicembre 1995 (art. 36, comma 1) e l'inclusione, tra gli aventi diritto al pagamento degli arretrati, degli eredi dell'interessato anche allorchè il decesso di questi sia avvenuto anteriormente al 30 marzo 1996 (art. 36, comma 2);

  che, inoltre, l'art. 73, comma 4, della stessa legge ha precisato la portata applicativa della c.d. clausola di salvezza contenuta nell'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, interpretandola nel senso che tra gli effetti fatti salvi da questa norma va inclusa l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali emessi in materia;

  che, così disponendo, il legislatore ha notevolmente inciso sulla normativa denunciata, e dunque i giudici a quibus devono procedere ad una nuova valutazione della rilevanza delle sollevate questioni (cfr. ordinanza n. 31 del 1999);

  che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti ai giudici stessi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  ordina la restituzione degli atti alle Autorità giudiziarie indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.