Ordinanza n. 220/99

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ORDINANZA N. 220

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), promossi con ordinanze emesse il 22 maggio 1996 dal Tribunale di Firenze, il 22 aprile 1996 dal Pretore di Torino, il 18 aprile 1996 (n. 2 ordinanze), il 9 maggio 1996, il 18 aprile 1996 e il 9 maggio 1996 (n. 2 ordinanze) dal Pretore di Brescia, rispettivamente iscritte ai nn. 931, 954, 983, 984, 993, 1020, 1033, 1034 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, nn. 40 e 41, prima serie speciale, dell'anno 1996.

  Visti gli atti di costituzione di Consigli Luisa ed altre, dell'INPS nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 12 maggio il giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che, nel corso di un giudizio, instaurato per ottenere la ricostruzione del trattamento pensionistico in base alla sentenza n. 495 del 1993 della Corte costituzionale, il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 22 maggio 1996 (R.O. n. 931 del 1996), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 1996, n. 166 (Norme in materia previdenziale), nella parte in cui dispone l'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti;

  che, secondo il rimettente, la norma censurata - sopravvenuta nelle more del giudizio e contenente una serie di disposizioni dirette a risolvere il problema del rimborso delle somme maturate dagli aventi diritto in applicazione della citata sentenza di illegittimità costituzionale, oltre che della sentenza n. 240 del 1994 - si pone in contrasto con l'art. 24, secondo comma, Cost., impedendo al pensionato l'affermazione del proprio diritto contestato dall'INPS;

  che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e si é costituito l'INPS, concludendo entrambi per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza della sollevata questione;

  che si é costituita anche la parte privata del giudizio a quo, concludendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata.

  che, nel corso di altro giudizio, il Pretore di Torino, con ordinanza emessa il 22 aprile 1996 (R.O. n. 954 del 1996), svolgendo argomenti sostanzialmente analoghi a quelli del Tribunale di Firenze, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 3, del citato decreto-legge n. 166 del 1996;

  che, secondo il rimettente, la norma censurata - nella parte in cui impone al giudice di estinguere i giudizi pendenti, con compensazione delle spese - si pone in contrasto con l'art. 24, primo comma, Cost., comportando la rimozione della tutela giurisdizionale del diritto dell'interessato, senza che una completa affermazione della pretesa fatta valere dal ricorrente renda superflua tale tutela;

  che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri e si é costituito l'INPS, concludendo entrambi per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza della sollevata questione;

  che il Pretore di Brescia, con tre ordinanze emesse il 18 aprile (R.O. nn. 983, 984 e 1020 del 1996) e tre il 9 maggio 1996 (R.O. nn. 993, 1033 e 1034 del 1996), ha a sua volta sollevato analoghe questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1 del decreto-legge n. 166 del 1996, assumendo che esso - nel prevedere l'estinzione d'ufficio dei giudizi pendenti con compensazione delle spese di lite - si pone in contrasto: a) con l'art. 24, primo comma, Cost., in quanto vieta agli interessati di agire in giudizio a tutela dei propri diritti; b) con l'art. 25, primo comma, Cost., in quanto distoglie gli interessati dalla giurisdizione e quindi dal giudice naturale precostituito per legge;

  che in tutti i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'inammissibilità ovvero per l'infondatezza della sollevate questioni;

  che, nel solo giudizio promosso con R.O. n. 983 del 1996, si é costituito l'INPS, che ha concluso per l'infondatezza della sollevata questione.

  Considerato che per l'analogia delle sollevate questioni i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che il contenuto del censurato decreto-legge n. 166 del 1996, non convertito, é stato reiterato con i decreti-legge 27 maggio 1996, n. 295; 26 luglio 1996, n. 396; 24 settembre 1996, n. 499, tutti recanti le stesse disposizioni denunciate e tutti decaduti;

  che gli effetti di tali decreti-legge sono stati fatti salvi dall’art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, e che la successiva legge 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 1, commi 181, 182 e 183) ha riproposto il medesimo contenuto della censurata normativa decretale;

  che, medio tempore, il decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, é intervenuto sul complessivo denunciato meccanismo di rimborso dei relativi crediti mediante emissione dei titoli di Stato, prevedendone viceversa il pagamento in contanti, pur se con le medesime cadenze temporali;

  che, ancora successivamente, la legge 23 dicembre 1998, n. 448 ha previsto l'erogazione di una somma pari al 5% a titolo d'interessi sugli arretrati maturati alla data del 31 dicembre 1995 (art. 36, comma 1) e l'inclusione, tra gli aventi diritto al pagamento degli arretrati, degli eredi dell'interessato anche allorchè il decesso di questi sia avvenuto anteriormente al 30 marzo 1996 (art. 36, comma 2);

  che, inoltre, l'art. 73, comma 4, della stessa legge ha precisato la portata applicativa della c.d. clausola di salvezza contenuta nell'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, interpretandola nel senso che tra gli effetti fatti salvi da questa norma va inclusa l'inefficacia dei provvedimenti giudiziali emessi in materia;

  che, così disponendo, il legislatore ha notevolmente inciso sulla normativa denunciata, e dunque i giudici a quibus devono procedere ad una nuova valutazione della rilevanza delle sollevate questioni (cfr. ordinanza n. 31 del 1999);

  che, pertanto, si rende necessaria la restituzione degli atti ai giudici stessi.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  ordina la restituzione degli atti alle Autorità giudiziarie indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Cesare RUPERTO, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.