Ordinanza n. 216/99

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ORDINANZA N.216

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 406, comma 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1998 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, iscritta al n. 565 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 maggio 1999 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, di fronte ad una richiesta di proroga delle indagini nel procedimento a carico di persona indagata del reato di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ha denunciato, in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, l’illegittimità dell’art. 406, comma 3, del codice di procedura penale (nel testo sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356), "laddove dispone che la notificazione della richiesta del pubblico ministero di proroga del termine per il compimento delle indagini preliminari avviene a cura del giudice anzichè a cura del pubblico ministero";

che, stando all’ordinanza di rimessione, il porre a carico del giudice il dovere di disporre la notificazione ha l’unico scopo di "sgravare le segreterie degli uffici di Procura dalle incombenze relative", con un effetto assolutamente "improprio", risultando l’operazione imposta svincolata da ogni provvedimento giurisdizionale, per giunta in un regime in cui é rimasto a carico del pubblico ministero l’onere di notificare la richiesta di archiviazione alla persona che ha dichiarato di volerne essere avvertita, così come é rimasto a carico del richiedente l’onere di notificare la richiesta di incidente probatorio, e senza che all’aggravio del carico di lavoro per l’ufficio del giudice per le indagini preliminari abbia corrisposto alcun adeguamento degli organici;

che un assetto normativo così strutturato confliggerebbe, anzitutto, con l’art. 97, primo comma, della Costituzione, perchè l’esecuzione delle notificazioni comporta spesso la necessità di eseguire complessi accertamenti al fine di reperire i destinatari; per di più, in presenza di un organo come il pubblico ministero che "ha istituzionali attitudini investigative, con i connessi rapporti organici con la polizia giudiziaria", organo cui pure é demandato il compito di eseguire le notificazioni, con inevitabili riverberi quanto alla funzionalità delle indagini nei casi in cui venga trasmesso al giudice l’intero fascicolo unitamente alla richiesta di proroga e quanto alla possibilità di reperimento dei destinatari della notificazione, laddove - come avviene per prassi invalsa in taluni uffici giudiziari - il pubblico ministero mantenga, in ciò autorizzato dal giudice, la disponibilità del fascicolo;

che sarebbe anche compromessa l’osservanza dell’art. 101, secondo comma, della Costituzione, da ritenere vulnerato anche nei casi in cui "la norma di legge ordinaria produca condizionamenti di fatto, limitazioni operative, oneri impropri nello svolgimento dell’attività di amministrazione della giurisdizione, capaci di influenzare il libero dispiegarsi di quest’ultima, cui é necessario corredo un apparato amministrativo funzionale ed efficiente";

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata in quanto, per un verso, l’individuazione dei soggetti tenuti alla notifica della richiesta di proroga appartiene all’insindacabile scelta del legislatore, senza che possano assumere significato alcuno sul piano costituzionale le additate difficoltà organizzative dell’ufficio e, per un altro verso, la norma denunciata si coordina con il precetto del comma 5-bis dello stesso art. 406 che esclude la notificazione della richiesta quando si procede per taluni dei delitti indicati nell’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, spettando comunque al giudice per le indagini preliminari di verificare la sussistenza del presupposto per procedere alla notifica della richiesta di proroga.

Considerato che il richiamo all’art. 97 della Costituzione non é pertinente perchè il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, pur potendo riferirsi agli organi dell’amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente all’ordinamento degli uffici giudiziari ed al loro funzionamento sotto il profilo amministrativo, mentre é del tutto estraneo al tema dell’esercizio della funzione giurisdizionale nel suo complesso e in relazione ai diversi provvedimenti che ne costituiscono l’esercizio (v., da ultimo, ordinanza n. 11 del 1999);

che neppure l’art. 101 della Costituzione si rivela correttamente evocato perchè i pretesi condizionamenti all’esercizio dell’attività giurisdizionale – peraltro espressamente stabiliti dalla legge – sono da circoscrivere a profili di mero fatto, come tali, privi di rilievo sul piano costituzionale;

che la questione deve, dunque, essere dichiarata manifestamente infondata, tanto più che la scelta di conferire al giudice per le indagini preliminari la competenza a procedere alla notificazione della richiesta del pubblico ministero di proroga delle indagini appartiene alla discrezionalità del legislatore, qui certo non esercitata arbitrariamente, tenuto conto che – come ha osservato l’Avvocatura generale dello Stato nell’atto di intervento per il Presidente del Consiglio dei ministri - il compito di provvedere a far notificare alla persona sottoposta alle indagini ed all’offeso dal reato la richiesta di proroga appare predisposto in vista di consentire al giudice di verificare, in relazione alla fattispecie di reato ipotizzata dal pubblico ministero, se la detta notifica debba o no essere disposta, restando essa preclusa, ai sensi dell’art. 406, comma 5-bis, del codice di procedura penale, quando si procede per uno dei delitti indicati nell’art. 51-bis dello stesso codice; il tutto, peraltro, senza che possa istituirsi – come non correttamente il giudice a quo intenderebbe proporre, pur al di fuori dei parametri formalmente evocati – alcuna comparazione con la disciplina procedimentale dell’incidente probatorio e dell’archiviazione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 406, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 97, primo comma e 101, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.