Ordinanza n. 213/99

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 213

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO   

- Avv.    Massimo VARI                                

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 11, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 26 febbraio 1997 dal Pretore di Firenze, il 30 dicembre 1996 dal Pretore di Chieti e l'11 febbraio 1998 dal Pretore di Grosseto, rispettivamente iscritte ai nn. 286 e 824 del registro ordinanze 1997 ed al n. 205 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 23 e 41, prima serie speciale, dell'anno 1997 e n. 14, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visto l'atto di costituzione di Anzellini Antonio, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 dicembre 1998 il Giudice relatore Riccardo Chieppa;

udito l'avvocato Eugenio Cavallucci per Anzellini Antonio.

Ritenuto che, nel corso del giudizio di merito, seguito alla fase di urgenza ex art. 700 cod.proc.civ., avente ad oggetto la richiesta di declaratoria di insussistenza del debito del ricorrente nei confronti del Ministero dell’interno, relativo alla somma corrispondente ad un’annualità dell’assegno mensile di assistenza, già percepito dallo stesso ricorrente quale invalido civile con riconoscimento di inabilità lavorativa, e revocatogli per non avere egli ottemperato al disposto dell’art. 11, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), l’adito Pretore di Firenze, con ordinanza emessa in data 26 febbraio 1997 (R.O. n. 286 del 1997), ha sollevato questione di legittimità costituzionale della predetta norma, nella parte in cui essa stabilisce che "nel caso di accertata insussistenza dei requisiti prescritti per il godimento dei benefici, e se il beneficiario non rinuncia a goderne dalla data dell’accertamento, sono assoggettati a ripetizione tutti i ratei versati nell’ultimo anno precedente la data stessa";

che il giudice a quo, premesso che la questione non potrebbe considerarsi superata per effetto della sentenza di infondatezza della Corte n. 382 del 1996, relativa alla medesima norma, che concerneva la particolare fattispecie dell’avvenuta rinuncia alla provvidenza di cui si tratta, con adesione alla revoca, ha osservato che tale norma prevederebbe sostanzialmente la irrogazione di una sanzione, tra l’altro di rilevante entità, specialmente se rapportata alla situazione economica dell’interessato, che non troverebbe alcuna giustificazione in un comportamento colposo a lui ascrivibile, e che, per la sua efficacia intimidatoria, finirebbe per imporre la definitività dell’accertamento eseguito in sede di revisione, inibendo ogni iniziativa diretta alla verifica del provvedimento amministrativo, determinandosi in tal modo la violazione del principio del libero esercizio del diritto di difesa, garantito dall’art. 24 della Costituzione, e del diritto al mantenimento ed all’assistenza in caso di inabilità al lavoro e di mancanza dei mezzi di sussistenza, che trova tutela nell’art. 38 della Costituzione;

che, inoltre, la norma de qua si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento rispetto a tutte le altre ipotesi di revoca a seguito di revisione di prestazioni previdenziali e/o assistenziali, non gravate dalla inibitoria denunciata;

che nel giudizio si é costituita la parte privata del procedimento a quo, che ha richiesto la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma impugnata, svolgendo argomentazioni adesive a quelle riferite, cui ha aggiunto, sotto il profilo della denunciata violazione dell’art. 3 della Costituzione, il rilievo secondo il quale la disciplina di cui si tratta sottopone a ripetizione tutti i ratei versati nell’anno precedente l’accertamento, a prescindere dalla verifica relativa al momento della effettiva diminuzione del grado di invalidità;

che il Pretore di Chieti, con ordinanza emessa il 30 dicembre 1996, pervenuta alla Corte l’11 novembre 1997 (R.O. n. 824 del 1997), ha sollevato la medesima questione, in riferimento, oltre che ai parametri già indicati, anche all’art. 2 della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio della solidarietà sociale;

che la stessa questione é stata altresì sollevata con ordinanza emessa l’11 febbraio 1998 (R.O. n. 205 del 1998), dal Pretore di Grosseto, il quale ha denunciato il contrasto della norma impugnata con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, aggiungendo ai rilievi già riferiti il sospetto di disparità di trattamento tra colui che, trovandosi nella situazione descritta dalla norma di cui si tratta, sia sottoposto all’onere di ripetizione, e chi sia in grado di contestare le conclusioni dell’accertamento di una commissione medica al fine di conseguire una provvidenza di carattere assistenziale, senza essere sottoposto all’alea della ripetizione, in quanto richiedente ex novo la provvidenza stessa;

che nei relativi giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza delle questioni sollevate.

Considerato che, avendo le tre ordinanze ad oggetto questioni identiche quanto alla norma denunciata, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che la norma impugnata é stata abrogata per effetto dell’art. 4, comma 3-nonies, del d.l. 20 giugno 1996, n. 232 (Disposizioni urgenti per il risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1996, n. 425;

che le ordinanze di rimessione non contengono alcun riferimento alla citata nuova regolamentazione della materia, in particolare omettendo di motivare in ordine alla persistente rilevanza delle questioni sollevate, alla luce di eventuali, perduranti effetti della norma impugnata, pur abrogata;

che, pertanto, le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 24, 38 e 3 della Costituzione, dal Pretore di Firenze; in riferimento agli artt. 24, 38, 3 e 2 della Costituzione, dal Pretore di Chieti; in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dal Pretore di Grosseto, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.