Ordinanza n. 212/99

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ORDINANZA N. 212

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8 del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro), promosso con ordinanza emessa il 24 febbraio 1998 dal Giudice per le indagini preliminari della Pretura di Udine nel procedimento penale a carico di B. P. ed altro, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 28 aprile 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

  Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari della Pretura circondariale di Udine ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, e 76 della Costituzione – in relazione all’art. 1, comma 1, lettera b) punto 1, della legge-delega 6 dicembre 1993, n. 499 – questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro), nella parte in cui non consente l’estinzione delle contravvenzioni in materia di segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro a mezzo del sistema della prescrizione previsto dagli artt. 20 e seguenti del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;

  che il rimettente - premesso che il pubblico ministero ha chiesto l’emissione del decreto penale di condanna nei confronti del direttore generale e del direttore sanitario di un’azienda ospedaliera per la contravvenzione di cui agli artt. 2, comma 1, lettera d), e 8, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 493 del 1996, per avere omesso di indicare con apposita segnaletica <<la via di fuga e l’uscita di emergenza>>, e che sussistono astrattamente nella fattispecie sottoposta al suo esame tutti i presupposti per emettere il decreto penale – rileva che alla norma impugnata non é applicabile il particolare procedimento estintivo previsto dagli artt. 20 e seguenti del decreto legislativo n. 758 del 1994 per le contravvenzioni in materia di sicurezza e/o di salute del lavoro elencate nell’allegato I del medesimo decreto legislativo;

  che, al riguardo, il giudice a quo osserva che tale sistema di estinzione delle contravvenzioni é stato successivamente esteso ad altre violazioni inizialmente non previste nel sopra menzionato allegato (tra cui quelle previste dai decreti legislativi 25 novembre 1996, n. 624, e 14 agosto 1996, n. 494), mentre analoga estensione non é stata operata per le contravvenzioni contemplate dal decreto legislativo n. 493 del 1996;

  che la lacuna determinerebbe una irragionevole e ingiustificata disparità di trattamento, tanto più rilevante ove si consideri, da un lato, che il legislatore ha elevato il sistema dell’oblazione in via amministrativa a metodo necessario e generalizzato di definizione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e/o di salute del lavoro, dall’altro che tale sistema di estinzione del reato era già operante per la contravvenzione, analoga a quella oggetto del presente giudizio, prevista dall’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 524 (v. art. 19, comma 1, lettera a), in relazione all’allegato I, punto 20, del decreto legislativo n. 758 del 1994) - che regolava in precedenza la materia della segnaletica di sicurezza – abrogato dall’art. 7, comma 1, del decreto legislativo n. 493 del 1996, perchè sostituito dall’art. 8 del medesimo testo di legge, nonchè per la contravvenzione contemplata dall’art. 13, comma 10, sanzionato dall’art. 389, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, così come modificato dall’art. 33, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994, che impone l’obbligo di segnalare le vie di uscita e di emergenza a mezzo di apposita segnaletica durevole e collocata in modo idoneo, e per altre contravvenzioni relative all’omessa segnalazione di situazioni o zone di pericolo;

  che pertanto il datore di lavoro, cui sia stata contestata, come nel caso di specie, la contravvenzione di cui agli artt. 2, comma 1, lettera d), e 8, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 493 del 1996 per non avere segnalato le <<uscite di sicurezza>>, non potrebbe ottenere l’estinzione del reato, conseguente all’ottemperanza della prescrizione in precedenza omessa, mentre il medesimo soggetto, ove abbia violato <<l’obbligo di segnalare le vie e le uscite di emergenza, quand’anche le stesse non si identifichino con le prime, può definire l’illecito con l’adempimento della prescrizione>>;

  che ad avviso del rimettente tale lacuna – presumibilmente dovuta ad una mera svista del legislatore – comporterebbe la violazione:

- dell’art. 3, primo comma, Cost., in quanto unica, irragionevole eccezione al sistema generale di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza e/o di salute del lavoro previsto dagli artt. 20 e seguenti del decreto legislativo n. 758 del 1994;

- dell’art. 27, comma terzo, Cost., perchè la previsione di una sanzione penale applicabile alle sole contravvenzioni in materia di segnaletica delle vie di uscita o di sicurezza presso i luoghi di lavoro disciplinate dal decreto legislativo n. 493 del 1996 vanificherebbe in concreto il fine rieducativo della pena;

- dell’art. 76 Cost., in relazione all’art. 1, lettera b), della legge di delegazione 6 dicembre 1993, n. 499, in quanto la delega al Governo ai fini dell’introduzione di una causa di estinzione conseguente all’adempimento delle prescrizioni era estesa, ed estensibile, a tutte le contravvenzioni previste dalla legislazione speciale in tema di sicurezza e/o di salute del lavoro.

  Considerato che il rimettente muove dal presupposto che ai fatti contestati agli imputati, accertati il 29-30 novembre 1996, sia applicabile la contravvenzione prevista dagli artt. 2, comma 1, lettera d), e 8, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 493 del 1996, senza avere peraltro verificato se le norme contestate fossero effettivamente in vigore alla data di accertamento dei fatti;

  che, al riguardo, si deve tenere presente che il decreto legislativo in esame, nell'abrogare il decreto del Presidente della Repubblica n. 524 del 1982, emesso sulla base della legge-delega 9 febbraio 1982, n. 42, volta a dare attuazione alla direttiva CEE 77/576 in tema di segnaletica di sicurezza sul posto di lavoro, ha introdotto alcune innovazioni alla precedente disciplina;

che, in particolare, l’art. 2, comma 1, del decreto legislativo n. 493 del 1996 impone al datore di lavoro di fare <<ricorso alla segnaletica di sicurezza, secondo le prescrizioni degli allegati al presente decreto, allo scopo di [...] fornire indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso o di salvataggio>>, quando, <<anche a seguito della valutazione effettuata in conformità all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 626/1994, risultano rischi che non possono essere evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, o sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di protezione collettiva>>;

che l’obbligo del datore di lavoro di fare ricorso alla segnaletica relativa alle uscite di sicurezza deve dunque essere preceduto, a norma dell’art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994 (poi modificato e integrato dal decreto legislativo n. 242 del 1996) - emanato sulla base della legge-delega 19 febbraio 1992, n. 142, volta a dare attuazione alla direttiva generale CEE 89/391 in materia di sicurezza e salute dei lavoratori durante il lavoro -, dalla valutazione, nella sistemazione dei luoghi di lavoro, dei rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori; valutazione che a sua volta costituisce il presupposto del documento contenente, tra l’altro, l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione da adottare (art. 4, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 626 del 1994);

che in forza dell’art. 30 del decreto legislativo n. 242 del 1996 il termine entro cui deve essere compiuta tale valutazione risulta prorogato, per l’azienda a cui si riferisce la contravvenzione oggetto del presente giudizio (ricompresa tra quelle indicate nell’art. 8, lettera g), del decreto legislativo n. 626 del 1994), al 1° gennaio 1997;

che sembrerebbe ragionevole ritenere che la proroga del termine, ancorchè riferita espressamente solo agli obblighi discendenti dalla previa valutazione di cui all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 626 del 1994, attuativo delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE e 90/679/CEE, estenda i suoi effetti a tutti gli obblighi che comunque presuppongono la valutazione dei rischi, sia pure disciplinati da diversi decreti legislativi, emanati in attuazione di direttive comunitarie particolari, scaturite dalla direttiva generale CEE 89/391, quale ad esempio la direttiva CEE 92/58 in tema di segnaletica di sicurezza e/o salute sul luogo di lavoro, nona direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1, della direttiva generale, alla quale ha dato attuazione il decreto legislativo n. 493 del 1996;

che il giudice rimettente ha, peraltro, omesso qualsiasi verifica volta ad accertare se nel caso sottoposto al suo esame fosse applicabile la nuova disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 493 del 1996, ovvero se, in relazione al momento in cui era stata commessa la contravvenzione contestata, avrebbe dovuto essere applicata la disciplina previgente;

che, inoltre, il giudice a quo, nel manifestare la propria incertezza sull’esatta portata della dizione "uscite di sicurezza" contenuta nell’art. 2, lettera d), del decreto legislativo n. 493 del 1996, di cui intende fare applicazione nel caso sottoposto al suo esame, e nell’esprimere il dubbio che le "uscite di sicurezza" possano non identificarsi con le vie e le uscite di "emergenza" a cui fa riferimento la disciplina previgente, non ha avvertito l'esigenza di interpretare la fattispecie contestata nell'ambito del quadro sistematico complessivo emergente dalla direttiva generale e dalle direttive particolari CEE in tema di sicurezza e di salute dei lavoratori, dalle leggi comunitarie di delegazione e dai conseguenti decreti legislativi di attuazione, nonchè dal confronto tra la disciplina previgente e quella di cui intende fare applicazione;

che, in particolare, il rimettente ha omesso di tenere conto delle direttive comunitarie, quantomeno in funzione interpretativa delle leggi comunitarie di delegazione e, conseguentemente, dei decreti legislativi che hanno dato attuazione a tali direttive in materia di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro (sul punto, v. da ultimo sentenza n. 49 del 1999);

che tale esame avrebbe consentito al rimettente di sciogliere l'incertezza interpretativa sui rapporti tra uscite di sicurezza e uscite di emergenza, di indubbia rilevanza ai fini dell’applicazione nel caso di specie del procedimento estintivo previsto dagli artt. 20 e seguenti del decreto legislativo n. 758 del 1994;

che il difetto di motivazione sul punto é anche conseguenza dell’erronea individuazione della legge di delegazione cui é riferibile il decreto legislativo n. 493 del 1996, indicata dal rimettente nella legge 6 dicembre 1993, n. 499, mentre in realtà il Parlamento ha conferito la delega al Governo per l’attuazione della direttiva particolare CEE 92/58 con le leggi comunitarie 22 febbraio 1994, n. 146, e 6 febbraio 1996, n. 52;

che, in particolare, il rimettente avrebbe potuto ricavare utili elementi interpretativi, oltre che dalla direttiva generale CEE 89/391, dall’esame della direttiva particolare CEE 92/58 e della precedente direttiva CEE 77/576, nonchè dai conseguenti provvedimenti legislativi di attuazione (rispettivamente, decreti legislativi nn. 626 del 1994 e 493 del 1996 e decreto del Presidente della Repubblica n. 524 del 1982);

che dal decreto legislativo n. 493 del 1996 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 524 del 1982 emerge – tra l’altro – che nella modellistica dei cartelli segnaletici allegata ad entrambi i testi di legge viene usata la dizione "uscita di emergenza" e che dall'art. 33 del decreto legislativo n. 626 del 1994, nella parte in cui modifica l'art. 13 del d.P.R. n. 547 del 1955, risulta che il legislatore non ha inteso attribuire un diverso significato alle due espressioni "uscite di emergenza" e "uscite di sicurezza", posto che in via generale le vie e le uscite di emergenza sono definite, rispettivamente, come il percorso senza ostacoli che consente di raggiungere un luogo sicuro e come il passaggio che immette in un luogo sicuro;

che, infine, mentre l’art. 7 del decreto legislativo n. 493 del 1996 pare disporre l’abrogazione a tutti gli effetti delle omologhe disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica n. 524 del 1982 (indicate nel decreto legislativo n. 758 del 1994 come definibili mediante estinzione in via amministrativa), la direttiva particolare CEE 92/58, nel delineare i rapporti con la precedente direttiva CEE 77/576 (di cui l’art. 10, comma 1, dispone l’abrogazione), precisa nel preambolo che la nuova direttiva risponde alla richiesta della Commissione di revisione e di estensione della precedente direttiva, la cui sostituzione é motivata da esigenze di razionalità e chiarezza;

che in coerenza con tali premesse, l’art. 10, comma 2, della direttiva CEE 92/58 stabilisce che <<i riferimenti fatti alla direttiva abrogata si intendono fatti alle disposizioni corrispondenti della presente direttiva>>;

che le indicazioni emergenti da tale contesto sistematico e dal complesso quadro normativo che disciplina la materia avrebbero dovuto suggerire al rimettente di esplorare se altre interpretazioni della norma impugnata consentivano di qualificare la direttiva particolare CEE 92/58 non formalmente innovativa, ma meramente integrativa della disciplina previgente, e se, di conseguenza, il richiamo all’art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 524 del 1982 - contenuto nel punto 20 dell’allegato I al decreto legislativo n. 758 del 1994 - poteva essere inteso come riferimento di contenuto alla disciplina della segnalazione delle vie e uscite di sicurezza, e non come riferimento formale alle fonti normative che all’epoca contemplavano la disciplina in materia;

che pertanto la questione di legittimità costituzionale va dichiarata manifestamente inammissibile per difetto di motivazione sulla rilevanza.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di lavoro), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 27, terzo comma, e 76 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari della Pretura circondariale di Udine, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.