Ordinanza n. 162/99

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ORDINANZA N.162

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art.3, commi 23 e 24 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) promossi con n. 2 ordinanze depositate il 29 aprile 1998 dal Tribunale di Catania sui reclami proposti da G.A. e da L.R. contro l'Azienda ospedaliera Garibaldi-S.Luigi-S.Currò-Ascoli- Tomaselli iscritte ai nn. 424 e 425 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24 prima serie speciale dell'anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.

Ritenuto che il Tribunale di Catania-sezione lavoro, adito in distinti giudizi di reclamo cautelare da parte di un’ostetrica e di un infermiere per il mantenimento, oltre il termine prefissato di tre mesi, della convenzione stipulata ai fini dell’espletamento del servizio di interruzione della gravidanza con l’azienda ospedaliera Garibaldi-S.Luigi-S.Currò-Ascoli-Tomaselli, ha sollevato, con due ordinanze di identico contenuto depositate il 29 aprile 1998, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 23 e 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), in riferimento agli artt. 32, primo comma, e 97 primo comma della Costituzione;

che, secondo il Tribunale di Catania, il termine massimo di tre mesi della durata dei suddetti rapporti é stato stabilito direttamente dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537, in quanto l’art. 3, al comma 23, pone il divieto per le pubbliche amministrazioni di "assumere personale a tempo determinato e di stabilire rapporti di lavoro autonomo per prestazioni superiori a tre mesi", e, al comma 24, prevede una serie di deroghe a tale divieto, fra le quali non potrebbero però farsi rientrare i rapporti convenzionali dedotti in giudizio;

che, ad avviso dei rimettenti, qualora, come nei casi in esame, l’espletamento del servizio di interruzione della gravidanza dipenda integralmente da rapporti convenzionali con addetti esterni, eventualmente anche di difficile e gravoso reperimento per l’Azienda ospedaliera, l’obbligo di un loro ricambio trimestrale pone a rischio la stessa erogazione del servizio, e quindi viola l’art. 32, primo comma, della Costituzione;

che le norme denunziate, secondo i giudici a quibus, si pongono in contrasto anche con l’art. 97, primo comma, della Costituzione, in quanto la reiterata sostituzione ogni tre mesi del personale ausiliario addetto al servizio ne impedirebbe lo svolgimento secondo le forme ed i modi richiesti dalla sua peculiare natura e, in particolare, non permetterebbe la necessaria continuità del rapporto con le pazienti;

che il Tribunale, nel corso dei medesimi giudizi, aveva già sollevato la stessa questione di costituzionalità e che questa Corte, con ordinanza n. 439 del 16 dicembre 1997, aveva disposto la restituzione degli atti affinchè i giudici a quibus ne esaminassero la perdurante rilevanza alla luce della disciplina sopravvenuta recata dall’art. 1, commi 45 e 46, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);

che le ordinanze di rimessione ripropongono la questione di costituzionalità, sostenendo che tali sopravvenienti disposizioni - comunque inapplicabili ai rapporti sorti anteriormente alla loro entrata in vigore, quali quelli in esame - non avrebbero innovato il quadro normativo di riferimento, in quanto riguardano "esclusivamente i rapporti di lavoro subordinato", "non anche quelli autonomi, a struttura convenzionata", e non influirebbero comunque sugli strumenti a disposizione degli ospedali per l’organizzazione del servizio di interruzione della gravidanza, apparendo difatti "verosimile ritenere che in concreto si continuerà a preferire (...) il ricorso alle prestazioni di personale autonomo";

  che il Presidente del Consiglio dei ministri non é intervenuto in giudizio, nè si sono costituite le parti private.

Considerato che le due ordinanze hanno ad oggetto la stessa questione e, pertanto, va disposta la riunione dei giudizi, perchè siano decisi con un’unica pronuncia;

che il Tribunale di Catania dubita della legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 23 e 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in quanto il divieto previsto per le Aziende ospedaliere di assumere personale a tempo determinato, nonchè di stipulare rapporti di prestazione d’opera per un tempo superiore a tre mesi, renderebbe difficoltoso, quando non pregiudicherebbe, l’espletamento del servizio di interruzione della gravidanza;

che la disciplina recata dalle disposizioni impugnate é stata innovata anteriormente alle due ordinanze di rimessione, entrambe depositate in data 29 aprile 1998, e, quindi, prima della proposizione della presente questione di costituzionalità;

che, infatti, prima di detta data é entrato in vigore il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), il cui art. 43, comma 4, ha abrogato espressamente l’art. 3, comma 23, della legge n. 537 del 1993, oggetto, insieme al successivo comma 24, della questione di costituzionalità, e che detta abrogazione, in ragione della formulazione delle due disposizioni censurate, rende inapplicabile anche la norma dello stesso comma 24;

che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, qualora le disposizioni censurate siano state abrogate anteriormente alla proposizione della questione di costituzionalità, il giudice rimettente ha l’onere di specificare in modo rigoroso i motivi della perdurante rilevanza della questione (da ultimo, ordinanze n. 52 e n. 53 del 1999);

che il Tribunale di Catania nel caso di specie non ha assolto siffatto onere, in quanto i provvedimenti di rimessione omettono di valutare l’incidenza sui giudizi principali dell’abrogazione espressa delle disposizioni che sottopongono all’esame di costituzionalità, e che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 23 e 24, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), sollevata, in riferimento agli artt. 32, primo comma, e 97, primo comma della Costituzione, dal Tribunale di Catania - Sezione lavoro con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 10 maggio 1999.