Ordinanza n. 108/99

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ORDINANZA N. 108

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 210, comma 4, e 513 comma 2, del codice di procedura penale e dell'art. 6 della legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifiche delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con ordinanze emesse il 27 marzo 1998 dal Tribunale di Venezia, il 24 marzo 1998 dal Pretore di Trento, il 22 dicembre 1997 dal Tribunale di Bergamo, il 5 maggio 1998 dal Pretore di Avezzano, rispettivamente iscritte ai nn. 440, 450, 563 e 605 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25, 36 e 37, prima serie speciale dell'anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che il Tribunale di Venezia (r.o. n. 440 del 1998), il Pretore di Trento (r.o. n. 450 del 1998), il Tribunale di Bergamo (r.o. n. 563 del 1998) e il Pretore di Avezzano (r.o. n. 605 del 1998) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 210, comma 4, e 513, comma 2, del codice di procedura penale, nonchè dell'art. 6 della legge n. 267 del 7 agosto 1997 (Modifiche delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di valutazione delle prove), in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101, 102, 111 e 112 della Costituzione;

che i rimettenti censurano l'art. 210, comma 4, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che l’imputato in procedimento connesso, che abbia reso in precedenza dichiarazioni direttamente o indirettamente indizianti a carico di altri soggetti non presenti nel momento in cui tali dichiarazioni venivano rilasciate, possa avvalersi della facoltà di non rispondere nel dibattimento a carico di tali persone, e l'art. 513, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui subordina all’accordo delle parti la lettura dei verbali contenenti le dichiarazioni erga alios precedentemente rese;

che, a parere dei giudici a quibus, le disposizioni denunciate violerebbero gli artt. 3, 101 e 112 Cost. (r. o. nn. 440, 450, 563 e 605 del 1998), nonchè gli artt. 24, 25 (r. o. nn. 440, 450 e 563 del 1998), 102 e 111 Cost. (r. o. nn. 450 e 563 del 1998), perchè, disciplinando l'utilizzazione delle precedenti dichiarazioni, divenute oggettivamente irripetibili a causa della scelta imprevedibile di non rispondere dell'imputato in procedimento connesso, in maniera irragionevolmente diversa rispetto alla situazione, analoga, del testimone, condizionerebbero alla volontà dei dichiaranti o di parti controinteressate la ricerca della verità - cui é funzionale la non dispersione degli elementi di prova legittimamente e doverosamente raccolti durante le indagini - necessaria per pervenire ad una giusta decisione e alla punizione dei colpevoli;

che, di conseguenza, le disposizioni denunciate sarebbero di ostacolo anche all'effettivo esercizio della azione penale e del diritto di difesa dell’accusato, alla realizzazione del contraddittorio e dei principi di uguaglianza e legalità, violando pure i principi del libero convincimento del giudice, della sua sottoposizione solamente alla legge e della indefettibilità della giurisdizione;

che il Tribunale di Venezia e il Pretore di Avezzano dubitano, inoltre, della legittimità costituzionale dell'art. 6 della legge 7 agosto 1997, n. 267, nella parte in cui non é previsto che il regime transitorio trovi applicazione nei giudizi in corso anche quando al momento dell'entrata in vigore della legge n. 267 del 1997 non sia ancora stata disposta la lettura delle dichiarazioni rese dalle persone indicate dall'art. 513 cod. proc. pen. che si avvalgono a dibattimento della facoltà di non rispondere, perchè irragionevolmente disciplina in maniera diversa l'acquisizione di tali dichiarazioni rispetto a quelle rese da soggetti che abbiano esercitato la facoltà di non rispondere prima dell'entrata in vigore della legge: così facendo dipendere da circostanze temporali meramente casuali, per situazioni analoghe, regole diverse di utilizzazione probatoria;

che tutte le questioni sono state sollevate nel corso di giudizi di primo grado nei quali la difesa degli imputati non ha consentito alla utilizzazione delle dichiarazioni erga alios rese durante la fase delle indagini da persone che, citate ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen., si erano avvalse a dibattimento della facoltà di non rispondere;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, riportandosi integralmente, stante l’analogia delle questioni, all’atto di intervento relativo al giudizio di costituzionalità promosso con ordinanza r.o. n. 776 del 1997 e deciso con la sentenza n. 361 del 1998.

Considerato che tutte le ordinanze di rimessione sottopongono a censura la facoltà, riconosciuta alle persone indicate dall’art. 210, comma 1, cod. proc. pen., di avvalersi, a norma del comma 4 del medesimo articolo, della facoltà di non rispondere;

che l’esercizio di tale facoltà viene denunciato in relazione al regime di inutilizzabilità ai fini della decisione, in mancanza dell’accordo delle parti, delle dichiarazioni rese nella fase delle indagini preliminari dall’imputato in procedimento connesso, alla stregua delle modifiche introdotte nell’art. 513, comma 2, cod. proc. pen. dalla legge n. 267 del 1997, anch’esso sottoposto a scrutinio di legittimità costituzionale;

che, attesa la sostanziale identità delle questioni, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

che, successivamente all’emissione delle ordinanze, questa Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul quadro normativo risultante dal disposto degli artt. 210 e 513 cod. proc. pen.;

che con tale sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 513, comma 2, cod. proc. pen. "nella parte in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla lettura si applica l’art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di procedura penale";

che con la medesima sentenza la Corte, respingendo le censure nei confronti dell’art. 210, comma 4, cod. proc. pen., ha rilevato che l’attuale qualificazione come imputati dei soggetti indicati in tale norma rende coerente la scelta del legislatore di attribuire loro la facoltà di non rispondere, ed ha individuato lo strumento per porre rimedio alle denunce di incostituzionalità rivolte all’art. 210 cod. proc. pen. nell’estensione all’esame dell’imputato in procedimento connesso su fatti concernenti la responsabilità di altri della disciplina delle contestazioni prevista dall’art. 500, commi 2-bis e 4, cod. proc. pen.;

che, infine, con riguardo alle questioni concernenti la disciplina transitoria, nella citata sentenza la Corte aveva rilevato che, a seguito della modifica della disciplina a regime e della possibilità, così introdotta, di "recuperare mediante il sistema delle contestazioni i singoli contenuti narrativi delle dichiarazioni rese in precedenza", doveva essere valutato dai rimettenti se le questioni potessero considerarsi superate;

che pertanto occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti affinchè verifichino se, alla luce della disciplina applicabile a seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate siano tuttora rilevanti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Venezia, al Pretore di Trento, al Tribunale di Bergamo e al Pretore di Avezzano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.