Ordinanza n. 107/99

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ORDINANZA N.107

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del codice di procedura penale, promossi con sei ordinanze emesse il 1° (due ordinanze), il 29 e il 24 aprile, il 13 febbraio e il 22 aprile 1997 dal Tribunale di Foggia, rispettivamente iscritte ai nn. 333, 334, 588, 615, 642 e 653 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25, 29, 39, 40 e 41, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che il Tribunale di Foggia con sei ordinanze di identico contenuto ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede la incompatibilità per il giudice del dibattimento che, a seguito di separazione dei processi, abbia pronunciato o concorso a pronunciare sentenza nei confronti di uno o più imputati di reato concorsuale, a giudicare gli altri coimputati nella medesima fattispecie concorsuale";

che il remittente richiama la sentenza n. 371 del 1996, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata;

che, ad avviso del giudice a quo, i principî affermati nella suddetta sentenza vanno estesi anche alla ipotesi in cui, come pare sia avvenuto nelle concrete fattispecie, nella sentenza che si assume pregiudicante non vi sia stata alcuna espressa valutazione della responsabilità penale del concorrente estraneo al processo;

che, infatti, sempre ad avviso del remittente, la mera possibilità di tale valutazione, anche se poi non espressa, dovrebbe comportare l'incompatibilità al successivo giudizio, poichè diversamente sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione per l'ingiustificata disparità di trattamento tra l'imputato nei cui confronti sia stata in precedenza espressa dal giudicante la valutazione di responsabilità e l'imputato nei cui confronti siffatta valutazione, pur non esplicitata, possa essere stata compiuta;

che sarebbe altresì violato l'art. 25 della Costituzione, poichè la operatività dei criteri di determinazione del giudicante sarebbe rimessa ad eventi occasionali, quali la esplicitazione, anche illegittima, della valutazione di responsabilità a carico del terzo estraneo al processo;

che é intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che le sei ordinanze hanno ad oggetto la medesima disposizione, censurata sotto identici profili, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;

che il giudice a quo chiede in sostanza un'ulteriore pronuncia additiva sull'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, affinchè l'incompatibilità risulti estesa a tutte le ipotesi in cui il giudice abbia proceduto alla separazione dei giudizi, abbia pronunciato sentenza nei confronti di alcuni concorrenti nel reato e debba poi giudicare gli altri coimputati della medesima fattispecie concorsuale, e ciò anche se nessuna valutazione sia stata espressa in quella sentenza in ordine alla responsabilità penale di questi ultimi;

che, avendo lo stesso remittente chiarito di non aver compiuto nei precedenti giudizi alcuna valutazione di merito in ordine alla responsabilità penale dei concorrenti poi sottoposti a separati procedimenti, non sussiste alcun elemento obiettivo sul quale basare l'assunta situazione di pregiudizio;

che, conseguentemente, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Foggia con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.