Ordinanza n. 105/99

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ORDINANZA N.105

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse il 6 febbraio 1997 dalla Corte d'appello di Torino, iscritte ai nn. 372 e 373 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che la Corte d'appello di Torino, nel corso di un procedimento di ricusazione, con ordinanza in data 6 febbraio 1997 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede l'incompatibilità per il giudice del dibattimento che abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena nei confronti di un concorrente in reato a concorso necessario di giudicare gli altri coimputati del medesimo reato";

che con altra ordinanza in pari data di identico contenuto la stessa Corte d'appello di Torino, nel corso di altro procedimento di ricusazione, ha sollevato la medesima questione;

che le due ordinanze non indicano il parametro sul quale la disposizione censurata andrebbe scrutinata, ma si limitano a richiamare la sentenza n. 371 del 1996 di questa Corte, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato art. 34, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata;

che il giudice a quo riferisce di dover decidere in ordine a dichiarazioni di ricusazione motivate sull'assunto di una situazione di incompatibilità dei componenti il collegio della prima sezione del Tribunale di Torino, avendo essi concorso a pronunciare sentenze di applicazione della pena su richiesta nei confronti di altri concorrenti necessari nel medesimo reato;

che, ad avviso del remittente, la già intervenuta applicazione della pena su richiesta a carico di alcuni soltanto dei concorrenti comporterebbe per quel collegio, chiamato a giudicare i ricusanti, una doppia valutazione di merito, sicchè non apparrebbe manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, poichè la specifica ipotesi di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un concorrente necessario non sarebbe stata oggetto di esame nella citata sentenza n. 371 del 1996.

Considerato che le due ordinanze hanno ad oggetto la medesima disposizione, censurata sotto identici profili, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi congiuntamente;

che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilità del giudice del dibattimento, che abbia pronunciato sentenza di applicazione della pena nei confronti di concorrente in reato a concorso necessario, a giudicare gli altri concorrenti nel medesimo reato non patteggianti;

che il remittente, pur senza indicare alcun parametro nè i principî costituzionali che si assumono violati, richiama la sentenza n. 371 del 1996, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza nei confronti di altri soggetti nella quale la posizione di quello stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già stata comunque valutata;

che le due ordinanze di remissione devono essere interpretate nel senso che, col richiamo alla sentenza n. 371 del 1996, si siano intesi evocare quali parametri gli artt. 3 e 24 della Costituzione, alla luce dei quali quella pronuncia é stata resa;

che, ad avviso del remittente, in tale sentenza la questione se possa esercitare le funzioni di giudizio il giudice che abbia concorso ad emettere sentenza di applicazione della pena nei confronti del concorrente necessario non sarebbe stata fatta oggetto di specifico esame;

che, invece, la dedotta questione é stata già risolta proprio dalla sentenza n. 371 del 1996, nella quale si é affermato che il principio costituzionale del giusto processo impedisce che uno stesso giudice valuti più volte, in sentenza, in successivi processi la responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato, sicchè tale principio può operare anche in ipotesi di concorso di persone nel reato, allorchè nei confronti di alcuni dei concorrenti vengano celebrati distinti processi;

che, peraltro, l'incompatibilità del giudice non può essere estesa a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti di diversi soggetti, concorrenti o meno nel reato, ma é circoscritta ai casi in cui, con la sentenza che definisce il processo a carico di un imputato, vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine alla responsabilità penale di una persona formalmente estranea al processo;

che accertare se in una precedente sentenza che si assuma pregiudicante sia stata effettivamente compiuta, in ordine alla responsabilità penale del concorrente rimasto estraneo al processo, una valutazione suscettibile di determinare l'incompatibilità del giudice al successivo giudizio non é compito di questa Corte, ma del giudice a cui spetta decidere se la concreta fattispecie sia sussumibile sotto l'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, quale esso risulta a seguito della parziale dichiarazione di illegittimità costituzionale che lo ha investito;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Torino con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.