Sentenza n. 87/99

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SENTENZA N.87

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), promosso con ordinanza emessa il 27 giugno 1997 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto dal Ministero delle finanze contro Pecorilla Giuseppe, iscritta al n. 445 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

1. - Nel corso di un giudizio di impugnazione di una decisione della Commissione tributaria centrale, la Corte di cassazione, con ordinanza emessa il 27 giugno 1997 e pervenuta il 4 giugno 1998, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella parte in cui prevedono che il termine per impugnare le decisioni della Commissione tributaria decorra, per l’amministrazione finanziaria, "dalla data in cui il funzionario dell’Ufficio destinatario della comunicazione del dispositivo appone la propria firma per ricevuta sul duplicato dell’avviso da restituire alla segreteria della Commissione Tributaria e non dal momento in cui il plico é stato (a questi) consegnato dall’Ufficio postale".

2. - Premette la Corte rimettente che nel processo tributario disciplinato dalle norme di cui al d.P.R. n. 636 del 1972, il dispositivo delle decisioni delle commissioni é comunicato, ai sensi dell’art. 32, primo comma, - entro dieci giorni dal deposito - all’ufficio dell’amministrazione finanziaria mediante elenco in duplice esemplare uno dei quali, datato e sottoscritto dall’ufficio ricevente, é restituito alla segreteria della Commissione.

Ad avviso della Suprema Corte, nel caso di trasmissione dell'elenco a mezzo posta, il termine per proporre l'appello decorrerebbe per l’amministrazione finanziaria, in virtù del combinato disposto degli artt. 22, primo comma, 32, primo (seconda parte) ed ultimo comma e 38, terzo comma, del citato d.P.R. n. 636 del 1972, non già dalla data di attestazione dell’avvenuta consegna o da quella del ritiro del plico postale come avviene per il contribuente, bensì da quella - il più delle volte successiva - in cui il funzionario dell’ufficio ricevente appone la propria firma sul duplicato dell’elenco che in seguito verrà restituito alla segreteria della Commissione tributaria di primo grado.

Siffatta interpretazione troverebbe conferma in una pronuncia della stessa Corte rimettente (sezione I^ civile, n. 1475 del 9 marzo 1979), secondo la quale "quando il dispositivo della decisione della Commissione Tributaria sia stato comunicato dalla segreteria della Commissione all’Ufficio tributario, ai sensi dell’art. 32, primo comma, seconda parte, del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare spedito per raccomandata, il termine per l’impugnazione da parte dell’Ufficio decorre dalla data che il funzionario appone, con la propria firma, sul duplicato dell’avviso da restituire alla segreteria della commissione e non dalla data di attestazione di consegna del plico da parte dell’incaricato postale".

Poichè tale sistema - a giudizio della rimettente - renderebbe l’ufficio tributario arbitro di determinare la data di decorrenza del termine di impugnazione, non ostando a ciò la prescrizione (contenuta nell’art. 32, primo comma, seconda parte del citato d.P.R. n. 636 del 1972, come sostituito dall’art. 19 del d.P.R. n. 739 del 1981) dell’obbligo di sottoscrizione "immediata" del duplicato, ne conseguirebbe la violazione sia del principio costituzionale di eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost., per la irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a determinare tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente, che del diritto di difesa, garantito dall’art. 24 Cost., consentendosi all’amministrazione finanziaria di fissare - ad libitum - la decorrenza del termine per l’impugnazione della decisione.

3. - L'eventuale dichiarazione di incostituzionalità delle disposizioni denunciate, comportando la tardività dell’appello proposto nel giudizio di merito dall’amministrazione finanziaria e conseguentemente il rigetto del ricorso per cassazione, renderebbe, infine, la questione sollevata rilevante per la decisione del giudizio a quo.

Considerato in diritto

1. - La Corte di cassazione dubita -in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione- della legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), nella parte in cui prevedono che il termine per impugnare le decisioni della Commissione tributaria decorra, per l’amministrazione finanziaria, "dalla data in cui il funzionario dell’Ufficio destinatario della comunicazione del dispositivo appone la propria firma per ricevuta sul duplicato dell’avviso da restituire alla segreteria della Commissione Tributaria e non dal momento in cui il plico é stato (a questi) consegnato dall’Ufficio postale".

2. - La questione non é fondata.

L’art. 32 del d.P.R. n. 636 del 1972 dettava nel primo e nell'ultimo comma due disposizioni dal seguente tenore testuale: "le comunicazioni sono fatte mediante avviso che a cura della segreteria é consegnato alle parti, le quali ne rilasciano ricevuta, o é rimesso per posta in piego raccomandato".

"Le notificazioni da effettuarsi a cura della segreteria ad un ufficio dell’amministrazione finanziaria possono avvenire con la trasmissione di un elenco in duplice esemplare uno dei quali datato e sottoscritto dall’ufficio ricevente é restituito alla segreteria della commissione ed inserito nel fascicolo".

Il successivo art. 38, terzo comma, prescriveva inoltre che il dispositivo delle decisioni doveva essere notificato al contribuente, a cura della segreteria della Commissione tributaria, entro dieci giorni dal deposito e comunicato nello stesso termine all’ufficio finanziario con elenco in duplice esemplare, uno dei quali, datato e sottoscritto dall’ufficio ricevente, era restituito alla segreteria della commissione e tenuto a disposizione del contribuente.

Sotto il vigore di siffatte disposizioni si era posto il problema se, in caso di trasmissione dell’elenco in duplice esemplare, il termine per l’appello decorresse dalla data di ricezione dell’elenco, o da quella, eventualmente successiva, di restituzione, da parte dell’ufficio, di copia dell’elenco datata e sottoscritta per ricevuta.

Sul punto la Corte di cassazione aveva fissato il principio secondo cui, in caso di trasmissione dell'elenco a mezzo del servizio postale, non essendo prevista la comunicazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento, il dies a quo per l’impugnazione decorreva dalla data apposta dal funzionario ricevente sul duplicato dell’avviso (recte: elenco) da restituire alla segreteria della Commissione tributaria, anche se successiva a quella di effettiva ricezione (sentenza n. 1475 del 1979).

La citata normativa come interpretata dal giudice di legittimità era stata peraltro censurata da talune commissioni tributarie sotto il profilo della violazione degli artt. 3 e 24 Cost.; ma questa Corte, investita della questione, aveva ordinato la restituzione degli atti ai giudici a quibus per un riesame dell'intera situazione reso necessario dalle sostanziali innovazioni legislative che erano nel frattempo intervenute (ordinanze nn. 263 e 214 del 1982).

Gli artt. 19 e 25 del d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739, entrato in vigore il 1° gennaio 1982, modificando la previgente disciplina hanno, infatti, statuito, per quel che qui rileva: a) che le comunicazioni sono fatte mediante avviso della segreteria della commissione consegnato alle parti, che ne rilasciano "immediatamente" ricevuta, o spedito in plico raccomandato "con avviso di ricevimento"; b) che le comunicazioni all’ufficio tributario possono essere effettuate mediante trasmissione di elenco in duplice esemplare, uno dei quali deve essere "immediatamente" datato e sottoscritto per ricevuta e restituito alla segreteria della commissione che lo ha inviato; c) che i termini che hanno inizio dalla notificazione o dalla comunicazione decorrono dalla data in cui l’atto é ricevuto; d) che il dispositivo della decisione é comunicato alle parti entro dieci giorni dal deposito.

Il mutato quadro normativo in forza del quale le comunicazioni a mezzo posta debbano essere effettuate in plico raccomandato "con avviso di ricevimento", mentre vale a superare l’interpretazione sulla cui base la Corte rimettente ha sollevato la questione di costituzionalità (interpretazione che prima della novella dell’art. 32 del d.P.R. n. 636 del 1972 era stata motivata proprio con l’assenza dell’avviso di ricevimento), induce a ritenere compiuta la comunicazione a mezzo posta alla data in cui il funzionario responsabile appone la propria firma sull’avviso di ricevimento spedito unitamente al plico raccomandato. E ciò in quanto la funzione dell'avviso di ricevimento é quella di attestare la data di ricezione dell'atto dalla quale, ai sensi dell'art. 32, comma quinto, parte seconda, del d.P.R. n. 636 del 1972, decorre il termine per l'impugnazione.

La datazione e sottoscrizione per ricevuta dell’elenco da parte del funzionario dell'ufficio, devono, poi, in conformità a quanto disposto dal citato art. 32, primo comma, essere eseguite "immediatamente", e cioé senza alcuna soluzione temporale rispetto alla ricezione del plico raccomandato poichè, come questa Corte ha avuto modo di rilevare, quel che é "immediato" non tollera per definizione intervalli temporali (sentenza n. 232 del 1998).

Sicchè, é evidente come l’eventuale ritardo con cui, successivamente alla data attestata dall'avviso di ricevimento del plico, il funzionario dell’ufficio destinatario della comunicazione abbia datato e sottoscritto l'elenco, non possa assumere, proprio per la sua illegittimità, alcun rilievo ai fini del decorso del termine per l'impugnazione della decisione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, primo comma, 32, primo ed ultimo comma, e 38, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte di cassazione con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 23 marzo 1999.