Ordinanza n. 77/99

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ORDINANZA N.77

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 46, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 27 marzo 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze sui ricorsi proposti dall'Agricola Barbialla S.r.l. contro l'Ufficio del Registro di Empoli, iscritte ai nn. 665 e 666 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il giudice relatore Cesare Ruperto.

  Ritenuto che nel corso di due procedimenti, promossi da una società avverso altrettanti avvisi di accertamento e liquidazione di imposta INVIM straordinaria notificati dal competente Ufficio del Registro, la Commissione tributaria provinciale di Firenze, con due ordinanze di identico contenuto emesse il 27 marzo 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui non prevede che "la pubblica amministrazione possa essere condannata al pagamento delle spese processuali, per il caso di dichiarazione di cessazione della materia del contendere per revoca o annullamento, da parte della pubblica amministrazione stessa, dell’atto impositivo impugnato, dopo la proposizione del ricorso";

  che, a parere della rimettente, la denunciata norma, disponendo in modo diverso dall'art. 44 - il quale, nel disciplinare una situazione equivalente, pone a carico del ricorrente che rinuncia al ricorso l'obbligo di rimborsare le spese di lite alle altre parti, salvo diverso accordo - contrasta: a) con l'art. 3 Cost., sancendo un'ingiustificata disparità di trattamento tra il cittadino, che rinunciando al ricorso deve rimborsare le spese alle altre parti, e l'amministrazione finanziaria che, in ipotesi di rinuncia alla pretesa tributaria, é invece esonerata dal pagamento delle spese di giudizio; b) con gli artt. 24 e 113 Cost., in quanto l'impossibilità di conseguire la ripetizione delle spese processuali, spesso rilevanti, "costituisce elemento lesivo del diritto" di difesa e del principio della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione, con particolare riguardo ai soggetti meno abbienti; c) con l'art. 97 Cost., poichè il criterio della soccombenza - esteso in via generale al processo tributario dall'art. 15 dello stesso decreto legislativo n. 546 del 1992 - costituisce anche per l'amministrazione finanziaria un elemento volto ad assicurare il rispetto dei principi di buon andamento, correttezza ed imparzialità, ponendosi come limite positivo alla sua attività discrezionale;

  che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle sollevate questioni.

  Considerato che i giudizi, concernenti la medesima norma, possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

  che anteriormente alla proposizione degli odierni incidenti di costituzionalità questa Corte, chiamata al vaglio di identiche questioni, ne ha già dichiarato la manifesta infondatezza con ordinanza n. 368 del 1998;

  che, nella motivazione di tale ordinanza e della sentenza n. 53 del 1998, riguardante analoghe questioni ed anch'essa ignorata, la Corte ha dato esaurienti risposte alle argomentazioni svolte dall'attuale rimettente onde giustificare i prospettati dubbi in ordine all'asserita violazione del principio di uguaglianza, del diritto di difesa e di tutela giurisdizionale del contribuente, nonchè del principio di buon andamento della pubblica amministrazione;

  che, in particolare, questa Corte ha ivi sottolineato come il legislatore - nell'opera, affidata alla sua discrezionalità, di conformazione degli istituti del processo tributario a quelli del rito civile - non abbia travalicato il limite della razionalità; nel contempo affermando l'inidoneità del richiamo, quale parametro, all'art. 97 Cost., che riguarda infatti le sole leggi concernenti in senso proprio l'ordinamento ed il funzionamento sotto l'aspetto amministrativo degli uffici giudiziari (v., da ultimo, sentenze n. 182 e n. 225 del 1996);

  che, relativamente a quanto ulteriormente prospettato in riferimento all'asserita violazione del principio di uguaglianza, basta solo ribadire la disomogeneità, sia con riguardo ai presupposti sia con riguardo agli effetti processuali e sostanziali, fra la rinuncia al ricorso e la cessazione della materia del contendere, donde la palese inconfigurabilità della paventata disparità di trattamento risultante dalla comparazione tra gli artt. 44 e 46 del decreto legislativo n. 546 del 1992;

  che, pertanto, le questioni sono manifestamente infondate.

  Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 46, comma 3, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevate - in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113, della Costituzione - dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 marzo 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.