Ordinanza n. 48/99

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ORDINANZA N. 48

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 25, secondo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promosso con ordinanza emessa il 10 aprile 1998 dal Pretore di Trani, sezione distaccata di Andria, nel procedimento civile vertente tra Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a. e Cellammare Matteo ed altro, iscritta al n. 452 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visto l'atto di costituzione della Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a. nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che il Pretore di Trani, con ordinanza emessa il 10 aprile 1998, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, dell’art. 25, secondo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), "nella parte in cui non consente l’opponibilità all’impresa designata della sentenza di condanna della società assicuratrice contumace, quando il processo di merito, in mancanza delle condizioni per la declaratoria di interruzione ai sensi dell’art. 300, comma 4, c.p.c. e della volontaria costituzione del commissario liquidatore, sia proseguito nei confronti della impresa assicuratrice in bonis e non nei confronti di quella messa in liquidazione coatta";

che la norma denunciata - secondo la quale, se il provvedimento di liquidazione coatta dell’impresa assicuratrice interviene in corso di giudizio "e questo prosegua nei confronti dell’impresa in liquidazione coatta, le pronunce relative sono opponibili, entro i limiti di risarcibilità fissati dall’articolo 21, ultimo comma, all’impresa designata a condizione che la pendenza del giudizio le sia stata comunicata da chi abbia interesse con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario" - andrebbe interpretata, ad avviso del giudice a quo, nel senso che la sentenza di condanna sarebbe opponibile all’impresa designata solo in quanto il processo, a seguito di interruzione e successiva riassunzione, o di spontanea costituzione in giudizio del commissario liquidatore, sia proseguito nei confronti dell’impresa in liquidazione in persona del commissario liquidatore;

che, pertanto, nel caso in cui l’evento interruttivo, stante la contumacia dell’impresa assicuratrice, non emerga nelle forme tassativamente previste dall’art. 300 cod. proc. civ. e d’altro canto il commissario liquidatore non si costituisca spontaneamente in giudizio, il processo proseguirebbe tra le parti originarie, e non nei confronti dell’impresa in liquidazione, con conseguente inopponibilità della sentenza all’impresa designata;

che la norma, così interpretata, violerebbe l’art. 3 Cost. per l’irragionevole disparità di trattamento che si determinerebbe tra l’ipotesi considerata, di contumacia dell’impresa assicuratrice, e quella in cui l’impresa si sia costituita in giudizio prima della messa in stato di liquidazione coatta ed il suo procuratore dichiari l’evento interruttivo;

che risulterebbe altresì leso il diritto di difesa del danneggiato, garantito dall’art. 24 Cost., in relazione all’impossibilità per costui di esercitare l’azione risarcitoria anche nei confronti dell’impresa designata;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di infondatezza della questione;

che, ad avviso della difesa erariale, l’interpretazione della norma prospettata dal giudice a quo sarebbe errata, in quanto la sentenza di condanna dovrebbe ritenersi opponibile all’impresa designata tanto nel caso in cui sia stata emessa nei confronti del commissario liquidatore, quanto nel caso in cui sia stata emessa nei confronti dell’impresa assicuratrice;

che la Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a., opponente nel giudizio a quo, ha depositato fuori termine atto di costituzione.

Considerato che la ratio dell’art. 25, secondo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990, é quella di consentire la prosecuzione del giudizio per il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli, nonostante la messa in liquidazione dell’impresa assicuratrice ed in deroga quindi al generale divieto di azioni individuali nei confronti delle imprese in liquidazione coatta amministrativa;

che l’opponibilità della sentenza all’impresa designata, successore a titolo particolare dell’impresa posta in liquidazione, é soggetta all’unica condizione che la pendenza del giudizio le sia stata comunicata con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario;

che deve ritenersi a tal fine irrilevante la circostanza che il processo prosegua tra le parti originarie - non essendo emerso l’evento interruttivo nelle forme tassativamente previste dall’art. 300 cod. proc. civ. e non avendo ritenuto il liquidatore di costituirsi in giudizio spontaneamente - ovvero nei confronti del liquidatore, a seguito di interruzione o costituzione spontanea, in quanto l’opponibilità della sentenza di condanna resta condizionata, nell’uno come nell’altro caso, al solo adempimento della litis denuntiatio (v., da ultimo, Cass. 23 giugno 1997, n. 5574);

che la formulazione ipotetica della norma ("... e questo prosegua nei confronti dell’impresa in liquidazione coatta") si giustifica dunque non già con riferimento all’eventualità che il processo non venga interrotto - eventualità del tutto irrilevante in relazione alla finalità della norma - ma in considerazione piuttosto della possibilità che il processo stesso, per qualsiasi motivo, non giunga alla fase della decisione (come nel caso in cui, ad esempio, l’impresa designata provveda al risarcimento del danno, anche in via di transazione, come previsto dall’art. 29, secondo comma, della legge n. 990 del 1969);

che la questione, essendo fondata su un erroneo presupposto interpretativo, va pertanto dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 25, secondo comma, della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Trani, sezione distaccata di Andria, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 25 febbraio 1999.