Ordinanza n. 45/99

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ORDINANZA N.45

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 236, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), 30-bis, quarto comma, e 30-ter, comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso con ordinanza emessa il 27 maggio 1998 dal Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta sull’istanza proposta da Salvatore David La Franca, iscritta al n. 601 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta, chiamato a decidere sul reclamo proposto da un detenuto in espiazione di pena contro il rigetto di un’istanza di permesso premio, con ordinanza emessa il 27 maggio 1998 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 236, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), 30-bis, quarto comma, e 30-ter, comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà);

che l’art. 236 delle norme di coordinamento del codice di procedura penale prevede che nelle materie di competenza del tribunale di sorveglianza continuano ad osservarsi le disposizioni processuali della legge n. 354 del 1975, le quali disciplinano il procedimento di reclamo al tribunale di sorveglianza (art. 30-bis, quarto comma, da applicare ai permessi premio per il richiamo espresso dell’art. 30-ter, comma 7), stabilendo che il giudice competente provvede, assunte, se del caso, sommarie informazioni, entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo;

che queste disposizioni ¾ denunciate nella parte in cui non consentirebbero di applicare gli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale, i quali, per il procedimento di esecuzione, prevedono che sia dato avviso all’interessato ed al suo difensore dell’udienza in camera di consiglio, con un termine per comparire ¾ violerebbero: a) l’art. 3 della Costituzione, per l’irragionevole disparità di trattamento del detenuto che ha proposto reclamo in materia di permessi premio o che é parte negli altri procedimenti di sorveglianza, per i quali varrebbero, invece, le garanzie proprie della giurisdizione, assicurate, appunto, dagli artt. 666 e 678 cod. proc. pen.; b) l’art. 24, secondo comma, della Costituzione, perchè il procedimento di decisione del reclamo non consentirebbe di dare comunicazione dell’udienza all’interessato ed al suo difensore, così ledendo il diritto alla difesa ed il contraddittorio, in un procedimento al quale dovrebbe sempre partecipare, ad avviso del giudice rimettente, il solo pubblico ministero; c) l’art. 27, terzo comma, della Costituzione, in quanto la mancanza di garanzie proprie della giurisdizione nel procedimento di decisione del reclamo violerebbe il principio della funzione rieducativa della pena;

che il giudice rimettente ricorda che é stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 236, comma 2, del decreto legislativo n. 271 del 1989, 14-ter, primo, secondo e terzo comma, e 30-bis della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui non consentivano l’applicazione degli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale nel procedimento di reclamo avverso il decreto del magistrato di sorveglianza che esclude dal computo della detenzione il periodo trascorso in permesso premio (sentenza n. 53 del 1993); lo stesso giudice ritiene che analoghe ragioni debbano portare, attraverso una pronuncia di incostituzionalità, all’applicazione della medesima disciplina anche al procedimento di reclamo in materia di permessi premio;

che nel giudizio dinanzi alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata.

Considerato che, nel procedimento per la decisione sul reclamo proposto dal detenuto contro il rigetto dell’istanza di permesso premio, il Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta, fissando l’udienza in camera di consiglio, ha disposto che ne fosse dato avviso, oltre che al procuratore generale, anche all’interessato ed al suo difensore, facendo così applicazione di regole, desunte dal sistema, che assicurano, in una delle forme possibili, il diritto di difesa ed il contraddittorio, garantiti anche nel procedimento di reclamo in materia di permessi premio, come del resto ha di recente ritenuto la Corte di cassazione, affermando che in tale materia trovano applicazione le norme relative al procedimento in camera di consiglio (artt. 666 e 678 cod. proc. pen.);

che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve essere dichiarata manifestamente inammissibile, essendo stata prospettata sulla base di un’interpretazione delle norme denunciate diversa da quella seguita dal giudice rimettente e già applicata nel procedimento principale (cfr. ordinanze n. 337 del 1994 e n. 237 del 1996).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 236, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), 30-bis, quarto comma, e 30-ter, comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 febbraio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Cesare MIRABELLI

Depositata in cancelleria il 25 febbraio 1999.