Ordinanza n. 16/99

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 16

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 294, comma 1, e 302 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1997 dal Tribunale di Bari – Sezione per il riesame, iscritta al n. 1 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Tribunale di Bari, adito in sede di appello ex art. 310 del codice di procedura penale avverso il provvedimento del locale Giudice per le indagini preliminari che aveva respinto la richiesta di scarcerazione di due fermati che avevano rifiutato di rendere l’interrogatorio a norma dell’art. 391, comma 3, e nei cui confronti era stata adottata la misura cautelare della custodia in carcere, senza che, alla stregua dell’art. 294, comma 1, del codice di procedura penale, si fosse proceduto ad assumere l’interrogatorio successivamente all’applicazione della misura, ha, con ordinanza del 27 ottobre 1997, sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità dello stesso art. 294, comma 1, nella parte in cui stabilisce che "il giudice, se non vi ha proceduto nel corso dell’udienza di convalida … del fermo di indiziato di delitto, procede all’interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia", nonchè dell’art. 302 dello stesso codice "nella parte in cui non prevede la perdita di efficacia della custodia cautelare applicata a persona che, pur se interrogata nel corso dell’udienza di convalida del fermo, dall’inizio dell’esecuzione della custodia non sia stata (nuovamente) interrogata immediatamente e comunque non oltre cinque giorni";

che secondo il giudice a quo, poichè il quadro normativo originario in tema di interrogatorio della persona in vinculis risulterebbe radicalmente modificato sia a seguito degli interventi del legislatore sia in conseguenza di decisioni della Corte costituzionale, ne sarebbe derivata una situazione deteriore e, per di più, lesiva del diritto di difesa, per il fermato poi sottoposto alla misura custodiale rispetto alla persona raggiunta esclusivamente dalla misura;

che, più in particolare, si richiamano le modifiche che hanno attinto l’art. 391, comma 3, e l’art. 293, comma 3, del codice di procedura penale, in un panorama in cui la persona colpita da un’ordinanza di custodia cautelare ha la possibilità di rendere l’interrogatorio di cui all’art. 294, comma 1, conoscendo gli atti sui quali si fonda la richiesta del pubblico ministero con possibilità del suo difensore di apprestare una più efficace linea difensiva, garanzia non concessa all’indagato colpito da un’ordinanza di custodia cautelare dopo la convalida del fermo o dell’arresto, il quale viene interrogato in una fase, come l’udienza di convalida, in cui non ha la possibilità di conoscere gli atti su cui la richiesta si fonda nè, ovviamente, di estrarne copia;

che, di conseguenza, l’equiparazione dell’interrogatorio previsto dall’art. 391, comma 3, all’interrogatorio previsto dall’art. 294, penalizzerebbe la posizione del fermato, senza che a tale posizione deteriore possa ovviarsi nè con l’interrogatorio contemplato in sede di richiesta di revoca o di sostituzione della misura (trattandosi di evenienza soltanto ipotetica e comunque priva di effetti sul piano della efficacia della misura stessa), nè con la facoltà per l’arrestato o il fermato di prendere visione (come é avvenuto nel caso di specie) degli atti posti a fondamento del decreto di fermo: si tratterebbe di una richiesta il cui accoglimento é rimesso alla discrezionalità dell’organo procedente, per giunta, da considerare di estrema latitudine, attesi i termini di efficacia della procedura coercitiva e la segretezza degli atti di essa dotati di una specifica autonomia rispetto a quelli posti a base della richiesta di misura cautelare;

che nel giudizio non si sono costituite le parti private nè ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato che il giudice a quo ha di mira un intervento additivo da parte di questa Corte volto ad introdurre, anche nel caso in cui l’indagato si trovi in vinculis in forza di un provvedimento di fermo, il dovere del giudice, all’esito del giudizio di convalida, di procedere all’interrogatorio del fermato, a norma dell’art. 294, comma 1, del codice di procedura penale, nel caso in cui sempre al termine di tale procedura abbia adottato la misura cautelare della custodia in carcere, così da rendere operante, ove venga omesso l’interrogatorio nei cinque giorni dalla privazione dello status libertatis, l’effetto estintivo della misura a norma dell’art. 302 del codice di procedura penale;

che correttamente il giudice a quo ha, dunque, denunciato il comma 1 dell’art. 294, nella parte in cui preclude al giudice di procedere all’"interrogatorio di garanzia" nei casi in cui abbia già interrogato l’arrestato o il fermato nel corso dell’udienza di convalida;

che la norma adesso censurata, introdotta dall’art. 13 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n. 12, risponde all’evidente, quanto ragionevole esigenza, già avvertita dalla prevalente interpretazione giurisprudenziale, di evitare un’inutile duplicazione di attività processuali, realizzandosi anticipatamente in sede di convalida, le finalità di garanzia poste a base dell’interrogatorio dell’imputato in stato di custodia cautelare; più precisamente, il pubblico ministero, se non ritiene di comparire all’udienza "trasmette le richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano (art. 390, comma 3-bis), e invece se compare all’udienza," illustra le richieste in ordine alla libertà personale (art. 391, comma 3);

che, peraltro, la medesima finalità viene a realizzarsi anche nel caso in cui l’arrestato o il fermato rifiuti l’interrogatorio in sede di convalida, dato che tale rifiuto interviene in presenza di un atto contestativo articolato secondo le accennate peculiari cadenze della procedura;

che appare inconferente il richiamo all’art. 293, comma 3, del codice di procedura penale, quale integrato ad opera dell’art. 10 della legge 8 agosto 1995, n. 332, che prescrive il deposito nella cancelleria del giudice che ha adottato la misura, oltre che dell’ordinanza che ha disposto la custodia cautelare, anche della "richiesta del pubblico ministero" e degli "atti presentati con la stessa", risultando tale precetto coordinato all’esigenza "di consentire al difensore pieno accesso agli atti depositati dal pubblico ministero, sul presupposto che, dopo l’esecuzione della misura cautelare, non sussistono ragioni di riservatezza tali da giustificare limitazioni al diritto di difesa", così da assicurare "al difensore la più ampia e agevole conoscenza degli elementi su cui é fondata la richiesta del pubblico ministero, al fine di rendere attuabile un’adeguata e informata assistenza all’interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare ex art. 294 del codice di procedura penale" (v. sentenza n. 192 del 1997); un’esigenza non avvertibile allorchè la misura sia stata adottata all’esito del procedimento di convalida almeno nel senso che la conoscenza anticipata del contenuto della eventuale richiesta vale a qualificare tale deposito come preordinato esclusivamente all’esercizio del potere di gravame;

che, dunque, la diversità di situazioni poste a confronto esclude che possa dirsi vulnerato il principio di eguaglianza, mentre l’interrogatorio in sede di convalida risulta, considerato il complessivo contesto in cui la relativa udienza si svolge, in grado di soddisfare compiutamente l’esigenza di tutela dell’indagato anche con riferimento alla misura disposta, così da escludere qualsivoglia lesione del diritto di difesa;

che la questione deve pertanto essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 294, comma 1, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Bari con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Giuliano VASSALLI

Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1999