Ordinanza n. 8/99

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ORDINANZA N. 8

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO               

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza emessa il 9 dicembre 1997 dalla Commissione tributaria regionale di Bari sul ricorso proposto dall'Ufficio IVA di Bari contro Zeta Emme s.r.l., iscritta al n. 183 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto che la Commissione tributaria regionale di Bari, con ordinanza del 9 dicembre 1997 ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per violazione dei principi e criteri direttivi fissati nell’art. 30, comma 1, lettera g), della legge delega 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonchè per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale);

che, a parere della rimettente, la norma denunciata, nell’escludere dalle ipotesi di sospensione necessaria del processo tributario quella in cui la decisione della causa dipenda dalla definizione di altra controversia pendente dinanzi allo stesso o ad altro giudice, violerebbe il criterio direttivo di cui al citato art. 30, comma 1, lettera g), della legge n. 413 del 1991, che sancisce l’adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile nel quale la sospensione necessaria per pregiudizialità sarebbe invece prevista dall’art. 295 del codice di procedura civile;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che venga dichiarata l’infondatezza della questione prospettata.

Considerato che, come più volte affermato da questa Corte, la determinazione dei "principi e criteri direttivi", richiesti dall’art. 76 della Costituzione per una valida delegazione legislativa, non può eliminare ogni margine di scelta nell’esercizio della delega (sentenze n. 198 del 1998, n. 362 del 1995, n. 158 del 1985, n.56 del 1971, ordinanze n. 21 del 1988, n. 321 del 1987,);

che i principi e criteri direttivi se servono, da un lato, a circoscrivere il campo della delega, sì da evitare che essa venga esercitata in modo divergente dalle finalità che l’hanno determinata, dall’altro, devono consentire al potere delegato la possibilità di valutare le particolari situazioni giuridiche da regolamentare nella fisiologica attività di "riempimento" che lega i due livelli normativi (sentenze n. 198 del 1998, n. 362 del 1995, n. 158 del 1985, n.56 del 1971, ordinanze n. 21 del 1988, n. 321 del 1987);

che il criterio direttivo di carattere generale, dettato dal legislatore delegante nell'art. 30, comma 1, lettera g), é quello dell’adeguamento, e non dell’uniformità, delle norme del processo tributario a quelle del processo civile;

che ulteriore criterio direttivo, di carattere specifico, é quello della sollecita definizione del processo tributario previsto dal citato art. 30, comma 1, lettera g), numero 3, per l'ipotesi di sospensione, interruzione ed estinzione del processo;

che, con riferimento alla disciplina della sospensione nel processo tributario, questa Corte ha affermato che "il legislatore, limitando i casi di sospensione del processo, ha inteso rendere più rapida e agevole la definizione del processo tributario oberato di una rilevante mole di contenzioso", sicchè le commissioni tributarie possono decidere, incidenter tantum, ogni questione pregiudiziale alle controversie ad esse devolute (sentenza n. 31 del 1998);

che, con riferimento alla sospensione per pregiudizialità nel processo civile disciplinata dall’art. 295 del codice di procedura civile, questa Corte ha rilevato che la recente riforma di tale norma "nell’attenuare il nesso di pregiudizialità penale in consonanza con l’autonomia voluta dal nuovo codice di procedura penale per le azioni civili restitutorie e risarcitorie, ha espresso, più in generale, il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo in quanto tale" (sentenza n. 182 del 1996);

che, alla luce delle suesposte considerazioni, la mancata previsione - nella norma denunciata - della ipotesi di sospensione necessaria di cui all'art. 295 cod. proc. civ. non vìola i criteri direttivi della legge delega n. 413 del 1991 e, dunque, l'art. 76 della Costituzione;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) sollevata, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria regionale di Bari con l’ordinanza in epigrafe.

Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1999.

Presidente Renato GRANATA

Redattore Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 21 gennaio 1999