Ordinanza n. 440/98

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ORDINANZA N.440

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3 del decreto legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia previdenziale), promossi con ordinanze emesse il 19 marzo 1998 dal Pretore di Bergamo, iscritta al n. 364 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 1998, ed il 21 aprile 1998 dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, iscritta al n. 458 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 1998.

  Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 25 novembre 1998 il Giudice relatore Valerio Onida,

ritenuto che con ordinanza emessa l'8 novembre 1996, pervenuta a questa Corte il 4 marzo 1997, ed iscritta al n. 125 R.O. del 1997, il Pretore di Bergamo ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dell'art. 3 del decreto legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia previdenziale), "nella parte in cui non consente che alla regolarizzazione contributiva possano provvedere anche i soggetti che per qualunque motivo abbiano perso la capacità patrimoniale o la rappresentanza della persona giuridica inadempiente";

che identica questione, in riferimento agli stessi parametri, é stata sollevata dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, con ordinanza emessa il 2 maggio 1997, pervenuta a questa Corte il 2 settembre 1997, ed iscritta al n. 646 R.O. del 1997;

che ad avviso dei remittenti la norma impugnata, la quale ammette alla regolarizzazione, entro il termine del 30 giugno 1996, le omissioni contributive relative a periodi anteriori alla prima denuncia della posizione contributiva, ovvero, per i soggetti già iscritti, relative a periodi fino al 31 dicembre 1995, non consentirebbe a coloro che abbiano perso la capacità patrimoniale o la rappresentanza della persona giuridica inadempiente di sanare le irregolarità commesse quando potevano disporre del patrimonio o rivestivano le cariche sociali, e pertanto non consentirebbe a costoro di estinguere i reati connessi alle predette irregolarità;

che ciò contrasterebbe, secondo i giudici a quibus, da un lato con il principio di personalità della responsabilità penale, sancito dall'art. 27, primo comma, della Costituzione, in quanto la possibilità di essere prosciolto verrebbe a dipendere dalla libera determinazione di un terzo, come il curatore del fallimento o il nuovo rappresentante della società; dall'altro lato con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, in quanto determinerebbe una disparità di trattamento dell'imputato fallito o non più legale rappresentante della società inadempiente rispetto all'imputato in bonis ovvero ancora legale rappresentante della società, disparità che sarebbe irragionevole perchè collegata a circostanze del tutto irrilevanti sotto il profilo penalistico;

che questa Corte, con ordinanza n. 398 del 1997, resa nei giudizi riuniti promossi dalle predette ordinanze, ha ordinato la restituzione degli atti ai giudici remittenti perchè valutassero nuovamente la questione alla luce della sopravvenuta situazione normativa creatasi per effetto della riapertura dei termini per la regolarizzazione delle omissioni contributive, disposta prima dall'artt. 1, comma 226, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e poi dall'art. 4 del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140;

che con due nuove identiche ordinanze, emesse rispettivamente il 19 marzo e il 21 aprile 1998, pervenute a questa Corte rispettivamente l’11 maggio 1998 (R.O. n. 364 del 1998) e l’8 giugno 1998 (R.O. n. 458 del 1998), il Pretore di Bergamo e il Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, osservato che la normativa sopravvenuta non innova in ordine alla titolarità del diritto di chiedere la regolarizzazione delle omissioni contributive, risultando pertanto irrilevante in relazione alla presente questione di legittimità costituzionale, e richiamata integralmente la motivazione delle precedenti ordinanze, hanno disposto la restituzione degli atti a questa Corte per l'esame della medesima questione di legittimità costituzionale;

che nel giudizio relativo all'ordinanza iscritta al n. 364 del 1998 é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata, "occorrendo attraverso una pronuncia interpretativa di rigetto";

che, secondo l'Avvocatura, il giudice a quo non avrebbe motivato in ordine alla interpretazione di una norma sostanzialmente neutra in relazione alla questione di legittimità costituzionale prospettata, la cui effettiva rilevanza avrebbe potuto essere ricostruita alla luce della pur limitata capacità riconosciuta al fallito e del principio generale secondo il quale il creditore non può di norma rifiutare il pagamento del terzo; mentre dalla ordinanza non sarebbe dato di sapere se l'eventuale limite alla esperibilità del condono dipenda dalla norma denunciata ovvero, come appare più plausibile alla difesa del Presidente del Consiglio, dai limiti propri del sistema giuridico, cui l'art. 4 del decreto legge n. 79 del 1997 (che ha riaperto i termini della regolarizzazione contributiva, già prevista dalla disposizione impugnata) sarebbe estraneo;

che comunque, secondo l'Avvocatura, rientra nella discrezionalità del legislatore introdurre nel sistema giuridico una norma speciale che deroghi, in funzione di ragionevoli obiettivi, ai suddetti limiti generali del sistema giuridico.

Considerato che i due giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono essere riuniti per essere decisi con unica pronunzia;

che la questione sollevata si riferisce al presunto impedimento ad effettuare la regolarizzazione contributiva, che sussisterebbe per l'imputato il quale, per "qualunque motivo", abbia perduto la capacità patrimoniale, ovvero - ipotesi ben distinta - abbia perduto la rappresentanza legale della società tenuta ai versamenti contributivi omessi;

che, peraltro, ancorchè nell'ordinanza n. 125 R.O. del 1997, richiamata nell'ordinanza n. 364 R.O. del 1998, si riferisca la dichiarazione del difensore dell'imputato secondo cui questi non avrebbe potuto effettuare il versamento prescritto in quanto dichiarato fallito, e nell'ordinanza n. 646 R.O. del 1997, richiamata nell'ordinanza n. 458 R.O. del 1998, nulla si dica circa i caratteri della fattispecie, risulta dagli atti che in entrambi i casi l'imputato non é più legale rappresentante della società di capitali inadempiente all'obbligo contributivo, ed é quest'ultima che é stata dichiarata fallita in un momento successivo all'omissione contributiva contestata;

che la questione di legittimità costituzionale sollevata riguarda dunque, più propriamente, il presunto impedimento normativo che sussisterebbe alla regolarizzazione contributiva da parte dell'imputato il quale non sia più rappresentante legale della società inadempiente, successivamente fallita;

che peraltro i remittenti omettono di indicare l'iter logico e argomentativo in base al quale essi giungono a concludere per l'esistenza di tale impedimento;

che la norma denunciata, contenuta nell'art. 3 del decreto legge n. 499 del 1996, non convertito in legge, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dall'art. 1, comma 6, della legge 28 novembre 1996, n. 608, e riproposta, con nuovi termini, dall'art. 4 del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, si limita a prevedere modalità, termini ed effetti della regolarizzazione, e non enuncia nè contiene affatto il principio che i remittenti vorrebbero trarne, secondo cui non sarebbe consentito all'imputato del reato di omissione contributiva di effettuare la regolarizzazione da detta norma prevista, con effetto estintivo del reato, quando egli si trovi a non essere più rappresentante legale della società inadempiente, in particolare quando detta società sia successivamente fallita;

che, pertanto, essendo la norma denunciata del tutto estranea al problema cui ha riguardo la censura mossa dai giudici a quibus, nè essendo dato di ricavare dalle ordinanze l'indicazione di altri disposti legislativi ai quali la censura medesima, proposta con esclusivo riferimento a detta norma, possa più correttamente riferirsi, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del decreto legge 24 settembre 1996, n. 499 (Norme in materia previdenziale), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, dal Pretore di Bergamo e dal Pretore di Bergamo, sezione distaccata di Grumello del Monte, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Valerio ONIDA

Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.