Sentenza n. 417/98

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SENTENZA N.417

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Avv. Fernanda CONTRI

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI    

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come novellato dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi), promossi con ordinanze emesse il 3 ottobre 1996 dal Tribunale di Trani nel procedimento civile vertente tra l’INPS e Visicchio Domenico Francesco iscritta al n. 1293 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 1996 ed il 21 agosto 1997 dal pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Bentivogli Alfredo ed altri e l’INPS iscritta al n. 753 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 1997.

  Visti gli atti di costituzione dell’INPS;

  udito nell’udienza pubblica del 29 settembre 1998 il Giudice relatore Fernanda Contri;

  udito l’avv. Fabio Fonzo per l’INPS.

Ritenuto in fatto

 

  1. - Nel corso di un giudizio di appello promosso dall’INPS contro Domenico Francesco Visicchio, il Tribunale di Trani, con ordinanza emessa il 3 ottobre 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come modificato dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi), nella parte in cui prevede che i contributi indebitamente versati dalle imprese artigiane siano, salvo il caso di dolo, restituiti all’assicurato od ai suoi aventi causa senza interessi, anche in caso di colpevole ritardo dell’ente nella restituzione di quanto indebitamente richiesto e percepito.

Davanti al Tribunale di Trani, l’INPS impugnava la sentenza del Pretore di Trani che - in accoglimento del ricorso presentato dall’assicurato per ottenere dall’ente appellante il rimborso di contributi, relativi al periodo 1980-82, indebitamente richiesti e versati - aveva condannato l’INPS al pagamento, in favore del ricorrente, degli interessi e della rivalutazione monetaria dal giorno della costituzione in mora, in applicazione dei principi generali in materia di indebito oggettivo.

  La rilevanza della questione sollevata discenderebbe dalla circostanza che, con l’atto di appello, l’INPS aveva invocato la disposizione impugnata, a norma della quale i contributi indebitamente versati, salvo il caso di dolo, sono restituiti all’assicurato, o ai suoi aventi causa, senza interessi.

  Al Collegio rimettente la disciplina impugnata appare in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto irragionevolmente discriminatoria sia rispetto ad ogni altro credito previdenziale, legalmente produttivo di interessi, sia, più in generale, rispetto ad ogni altra ipotesi di indebito oggettivo.

  Il Tribunale di Trani dubita altresì della legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge n. 463 del 1959, come modificato dall’art. 12 della legge n. 613 del 1966, in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione in quanto, senza apparente giustificazione, limiterebbe il diritto di azione e di difesa "di una specifica categoria di cittadini", gli artigiani, impedendo loro di chiedere ed ottenere il risarcimento del danno da ritardo, anche nei casi di assoluta assenza di colpa da parte loro, e di rimborso tardivo imputabile esclusivamente a colpa dell’INPS.

  2. - Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito l’INPS, per chiedere che la questione sollevata sia dichiarata infondata.

  Ad avviso dell’ente appellante nel procedimento civile a quo, la disciplina impugnata appare giustificata in considerazione delle peculiarità del rapporto assicurativo di cui si tratta: un rapporto previdenziale nel quale il soggetto che esegue il versamento é, contemporaneamente, anche il soggetto personalmente interessato all’entità della prestazione. Tale peculiarità renderebbe comprensibile "che i versamenti (in qualche modo) ‘irregolari’ siano considerati con una qualche maggiore rigidità rispetto ad analoghi versamenti da lavoro dipendente".

  3. - Una questione parzialmente analoga é stata sollevata dal Pretore di Bologna nel corso di un giudizio promosso da Bentivogli Alfredo ed altri soci ed eredi di soci della Autotrasporti Fratelli Bentivogli s.n.c. contro l’INPS. Il Pretore di Bologna, con ordinanza emessa il 21 agosto 1997, ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 12 della legge n. 613 del 1966.

  I ricorrenti nel giudizio a quo hanno convenuto l’INPS davanti al Pretore di Bologna deducendo che: fino al mese di novembre 1985 la società aveva versato all’Istituto i contributi obbligatori per l’invalidità e la vecchiaia come impresa artigiana; a sèguito di una ispezione conclusasi nel novembre 1985, l’INPS aveva accertato che la società aveva superato il limite di legge nel numero degli occupati e che pertanto non poteva più essere considerata artigiana ai fini della contribuzione dovuta per i propri dipendenti; in sèguito a tale accertamento, dopo aver provveduto a regolarizzare la contribuzione, i ricorrenti chiesero inutilmente all’INPS la restituzione della contribuzione obbligatoria versata per il periodo 1978-1985, comprensiva di interessi legali e rivalutazione monetaria dal momento della domanda di restituzione di quanto indebitamente pagato.

  Costituitosi nel giudizio davanti al Pretore di Bologna, l’INPS ha eccepito che l’art. 12 della legge n. 613 del 1966 esclude il pagamento degli interessi legali nel caso della restituzione di contributi indebitamente versati da artigiani e commercianti.

  Il giudice rimettente ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 12 della legge n. 613 del 1966, sollevata ad istanza dei ricorrenti nel procedimento civile a quo.

  Quanto alla rilevanza della questione sollevata, il Pretore di Bologna osserva che "ove non venisse affermata dalla Corte costituzionale la illegittimità costituzionale di tale norma, la domanda dei ricorrenti di ottenere il pagamento dall’INPS degli interessi legali sulle somme che lo stesso istituto aveva dovuto restituire loro, in quanto contributi divenuti oggettivamente non dovuti, dovrebbe essere respinta".

  Nel merito, il rimettente rileva che la disciplina impugnata - nell’escludere la corresponsione di interessi in caso di restituzione, da parte dell’INPS, di contributi indebitamente versati da artigiani e commercianti - appare in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, introducendo un’ingiustificata disparità di trattamento "rispetto a quanto disposto in ogni caso di ripetizione dell’indebito, ed anche nelle altre gestioni previdenziali".

  Indicando, quale tertium comparationis, gli artt. 1282 e 2033 del codice civile, ed altresì - invocandola genericamente - la disciplina riguardante altre categorie di contribuenti lavoratori autonomi, nonchè quella delle assicurazioni dei dipendenti dell’industria e dell’agricoltura, il giudice a quo dubita che la diversità di trattamento disposta dal legislatore abbia o conservi "idonee e valide ragioni, che derivino dalle caratteristiche specifiche del rapporto assicurativo-previdenziale" delle categorie di cui si tratta.

  4. - Nel giudizio davanti a questa Corte si é costituito l’INPS, per chiedere che la questione sollevata dal Pretore di Bologna sia dichiarata inammissibile o infondata.

  Ad avviso dell’INPS, la questione dovrebbe essere dichiarata inammissibile in quanto sollevata senza adeguata precisazione dei termini, dei motivi e dei profili della medesima, e senza sufficiente motivazione della sua rilevanza nel giudizio a quo. A quest’ultimo riguardo, l’INPS rileva che "i ricorrenti facevano parte di una società artigiana, mentre la norma di riferimento si inserisce all’interno del testo normativo riguardante i commercianti".

  Quanto al merito della questione, l’INPS osserva che la disciplina impugnata, derogatoria rispetto ai princìpi generali in materia di indebito oggettivo, trova la sua giustificazione nel sistema normativo, concernente i commercianti, nel quale é inserita. L’assicurazione generale obbligatoria a favore dei commercianti, si deduce nell’atto di costituzione, viene alimentata esclusivamente dai contributi versati dagli iscritti, cosicchè qualunque sottrazione di risorse si tradurrebbe in un depauperamento del fondo e nella incapacità del medesimo a pagare le prestazioni dovute. La disposizione denunciata risponderebbe pertanto ad un "supremo interesse pubblicistico alla corretta erogazione delle prestazioni".

  Secondo l’INPS, inoltre, "non rileva come elemento di comparazione la disciplina civilistica menzionata dal Pretore, afferendo la stessa ad ipotesi di rapporti contrattuali fra privati in cui gli interessi dei medesimi si pongono su un piano di parità e non esistendo in ipotesi alcun soggetto debole da tutelare". Per contro, sottolinea la difesa dell’Istituto, "il fondo assicurativo ... ha come obiettivo il raggiungimento di un interesse superiore al quale deve essere sacrificato l’interesse singolo, interesse superiore costituito dall’erogazione delle prestazioni a favore degli iscritti".

  5. - In prossimità dell’udienza, l’INPS ha depositato un memoria illustrativa per svolgere ulteriormente argomenti già addotti, con l’atto di costituzione, a sostegno dell’infondatezza della questione sottoposta a questa Corte dal Pretore di Bologna, da estendere anche a quanto già a suo tempo dedotto per argomentare l’infondatezza della questione sollevata dal Tribunale di Trani.

  Nella memoria si aggiunge che la specialità della disciplina dell’indebito versamento di contributi alla gestione di cui si tratta era già prevista ab origine dalle norme novellate dall’impugnato art. 12 della legge n. 613 del 1966.

  In relazione alla posizione dei ricorrenti nel giudizio a quo, l’INPS sottolinea che la pretesa degli stessi é conseguenza di un loro comportamento illegittimo, avendo essi indebitamente richiesto l’iscrizione come impresa artigiana pur non avendone diritto, come accertato dallo stesso istituto in sede ispettiva.

  La difesa dell’INPS richiama infine l’ordinanza n. 485 del 1988 di questa Corte, per rimarcare le diversità che contraddistinguono il lavoro autonomo rispetto a quello subordinato.

Considerato in diritto

 

  1. - Il Tribunale di Trani dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come modificato dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi), nella parte in cui prevede che i contributi indebitamente versati all’INPS dagli artigiani siano, salvo il caso di dolo dell’assicurato, restituiti a quest’ultimo od ai suoi aventi causa senza interessi. Specialmente nel caso in cui il pagamento indebito consegua ad una specifica richiesta dell’INPS, ed il ritardo nella restituzione dipenda da colpa dell’ente di previdenza, la disciplina impugnata appare al collegio rimettente in contrasto con i menzionati parametri costituzionali. Per quanto concerne il contrasto con l’art. 3, i tertia comparationis indicati dal collegio rimettente sono, da un lato, i princìpi in tema di accessori dei crediti previdenziali; dall’altro, i princìpi in tema di indebito oggettivo, applicabili alla generalità dei creditori, di cui all’art. 2033 cod. civ.

  Della legittimità dell’art. 12 della legge n. 613 del 1966, che sostituisce l’ultimo comma dell’art. 7 della legge n. 463 del 1959, dubita anche il Pretore di Bologna. La disposizione viene da quest’ultimo impugnata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui prevede che i contributi indebitamente versati dagli artigiani siano, salvo il caso di dolo, restituiti all’assicurato senza interessi.

  Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione denunciata sarebbe irragionevolmente discriminatoria rispetto alla disciplina della restituzione dei contributi indebitamente versati all’INPS in favore di altre categorie di lavoratori (ad esempio, lavoratori dipendenti dell’industria e del settore agricolo) e rispetto ad ogni altra ipotesi di indebito oggettivo.

  2. - Le due ordinanze prospettano questioni in parte analoghe ed in parte oggettivamente connesse. I relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e definiti con un’unica pronuncia.

  3. - Preliminarmente, va disattesa l’eccezione, sollevata dall’INPS, di inammissibilità della questione prospettata dal Pretore di Bologna.

  Risulta dal testo della disposizione denunciata che la disciplina recata dal primo comma é estesa dal secondo comma ai contributi versati dagli artigiani, prevedendo espressamente il secondo comma dell’impugnato art. 12 della legge n. 613 del 1966 che sia abrogato "e sostituito dal primo comma dello stesso art. 12" l’art. 7, ultimo comma, della legge n. 463 del 1959, riguardante l’assicurazione obbligatoria degli artigiani. La circostanza che tale disposizione modificativa della disciplina concernente gli artigiani sia inserita in un testo legislativo prevalentemente destinato a disciplinare la previdenza degli esercenti attività commerciali non influisce in alcun modo sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Bologna, nè rende carente la delimitazione della questione di legittimità costituzionale.

  4. - In riferimento all’art. 3 della Costituzione, entrambi i rimettenti sollevano la questione di legittimità costituzionale in relazione a più di un tertium comparationis.

  Viene prospettata innanzi tutto la violazione del principio di eguaglianza in relazione alla disciplina dell’indebito oggettivo contenuta nell’art. 2033 del codice civile "che i giudici a quibus considerano il tertium comparationis prioritario" assumendosi ingiustificata l’esclusione degli interessi legali decorrenti dal momento della domanda amministrativa nell’ipotesi di tardiva restituzione, da parte dell’INPS, di contributi previdenziali indebitamente versati da artigiani iscritti alla relativa gestione dell’Istituto.

  La questione, nei limiti di sèguito precisati, é fondata.

  Per scrutinarne il merito é tuttavia necessario scinderne due differenti profili.

  Occorre verificare, in primo luogo, se debba ritenersi costituzionalmente dovuta l’estensione dell’obbligo di corrispondere gli interessi legali; in secondo luogo, se debba ritenersi imposta dalla Costituzione l’estensione, all’ipotesi di cui si tratta, della disciplina della decorrenza degli interessi contenuta nell’art. 2033 cod. civ.

  Quanto al primo profilo, il vulnus recato al principio di eguaglianza dalla disciplina impugnata deriva non già dalla esclusione degli interessi legali, bensì dalla esclusione totale di interessi, che la disciplina impugnata non riconosce neppure in una misura ridotta. Legittimamente il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, potrebbe decidere di quantificare gli stessi in una diversa, purchè non simbolica, misura, tenendo conto anche, eventualmente, delle molteplici e differenti possibili cause di indebito contributivo.

  Una volta stabilito, coerentemente con l’art. 3 della Costituzione, il principio che impone il riconoscimento all’assicurato, in una misura non simbolica da determinarsi discrezionalmente ad opera del legislatore, degli interessi sulla contribuzione indebitamente pagata alla gestione, si presenta il problema della decorrenza degli stessi.

  Anche sotto questo secondo profilo, la Costituzione non richiede una meccanica estensione dei princìpi di cui all’art. 2033 cod. civ., che non assurgono al rango di princìpi costituzionali. Il legislatore può anzi scegliere tra una pluralità di soluzioni, tutte idonee a ristabilire la conformità alla Costituzione della disciplina dell’indebito contributivo degli artigiani iscritti nella gestione speciale dell’INPS per i lavoratori autonomi.

  Non essendo desumibile dai parametri invocati una soluzione univoca nè in ordine alla quantificazione degli interessi, nè in ordine alla loro decorrenza, questa Corte deve limitarsi a dichiarare la disciplina impugnata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede la liquidazione di alcuna somma a titolo di interessi. La individuazione dei criteri di quantificazione di tale somma é tuttavia rimessa al necessario intervento del legislatore, al quale spetta il compito di trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza di ragionevole armonizzazione della disciplina impugnata con i principi generali in tema di indebito oggettivo "derogabili entro i limiti precisati" e l’esigenza di tener conto delle particolarità della materia dell’indebito contributivo dei lavoratori autonomi assicurati presso l’INPS.

  Spetta al legislatore valutare l’opportunità di diversificare la disciplina in relazione alla moltiplicità delle possibili cause di indebito contributivo. Così come allo stesso compete di disciplinare il termine di decorrenza necessario a consentire all’Istituto l’attività di verifica e di controllo dei presupposti della restituzione. Gli interessi da corrispondere sulla somma indebitamente pagata dall’assicurato dovranno pertanto maturare dalla scadenza di un congruo termine, decorrente dalla presentazione della domanda di restituzione, idoneo a consentire all’INPS l’accertamento del carattere indebito dei contributi chiesti in restituzione, nonchè l’assenza del dolo, a norma delle stesse disposizioni censurate.

  Rimangono assorbiti gli ulteriori profili prospettati dalle ordinanze in epigrafe.

  5. - La dichiarazione di illegittimità costituzionale, nei medesimi termini e limiti sopra precisati, deve estendersi, in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche all’art. 15 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e di riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri), come sostituito dall’art. 12, secondo comma, della legge n. 613 del 1966, ed al primo comma di quest’ultimo articolo, concernente gli esercenti attività commerciali. Tra le due disposizioni da ultimo menzionate "alle quali deve estendersi in via conseguenziale la dichiarazione di incostituzionalità" e l’ultimo comma dell’articolo 7 della legge n. 463 del 1959, impugnato nel presente giudizio nel testo modificato dall’art. 12 della legge n. 613 del 1966, vi é infatti "in virtù della equiparazione disposta dallo stesso art. 12" piena coincidenza testuale, ed i medesimi motivi che impongono di dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge n. 463 del 1959, come sostituito dal predetto art. 12, sussistono anche con riferimento alla restituzione dei contributi indebitamente versati da coltivatori diretti ed esercenti attività commerciali.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, ultimo comma, della legge 4 luglio 1959, n. 463 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli artigiani ed ai loro familiari), come modificato dall’art. 12 della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi), nella parte in cui non prevede la corresponsione di una somma a titolo di interessi dalla scadenza di un congruo termine, secondo i principi di cui in motivazione;

  2) dichiara, in applicazione dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità costituzionale dell’art. 15 della legge 9 gennaio 1963, n. 9 (Elevazione dei trattamenti minimi di pensione e di riordinamento delle norme in materia di previdenza dei coltivatori diretti e dei coloni e mezzadri), come sostituito dall’art. 12, secondo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 613, e dell’art. 12, primo comma, della legge 22 luglio 1966, n. 613 (Estensione dell’assicurazione obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti agli esercenti attività commerciali ed ai loro familiari coadiutori e coordinamento degli ordinamenti pensionistici per i lavoratori autonomi), nella parte in cui non prevedono la corresponsione di una somma a titolo di interessi dalla scadenza di un congruo termine, secondo i principi di cui in motivazione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Fernanda CONTRI

Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1998.