Ordinanza n. 413/98

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ORDINANZA N.413

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI           

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI              

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO  

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 444 e 445 del codice di procedura penale e dell'art. 168 del codice penale, promossi con n. 3 ordinanze emesse il 3 marzo (n. 2 ordinanze) ed il 13 febbraio 1998 dal Pretore di Siracusa, rispettivamente iscritte ai nn. 307, 308 e 328 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 18 e 19, prima serie speciale, dell'anno 1998.

  Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

  udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1998 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che con due identiche ordinanze il Pretore di Siracusa ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 445 del codice di procedura penale e 168 del codice penale, nella parte in cui prevedono, nell’ambito delle rispettive sfere di applicazione, che la sentenza di applicazione della pena non é titolo per la revoca della sospensione condizionale della pena, in relazione agli artt. 3, 13, primo comma, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 27, primo, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 102, secondo comma, 111, primo comma, della Costituzione;

  che in entrambi i procedimenti il rimettente premette di essere stato investito quale giudice dell’esecuzione di richiesta di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, concessa con una prima sentenza di applicazione della pena, dopo che era passata in giudicato una seconda sentenza di applicazione della pena per un reato commesso entro i cinque anni dalla prima condanna;

  che il giudice a quo, rilevato che, alla stregua del "diritto vivente" affermato da due recenti sentenze delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, non é possibile accogliere la richiesta di revoca avanzata dal pubblico ministero, precisa di non ignorare le recenti ordinanze della Corte costituzionale che hanno ritenuto analoghe questioni di legittimità costituzionale inammissibili, in quanto comporterebbero un intervento additivo in malam partem, ma chiede a questa Corte di prendere nuovamente in considerazione le censure in riferimento agli ulteriori parametri sopra indicati;

  che, in particolare, il rimettente lamenta la violazione:

- dell’art. 3 Cost., in quanto é irragionevole che, in caso di soggetti che abbiano commesso i medesimi reati e ai quali sia stata applicata la medesima pena, la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena operi solo nei confronti di chi sia stato giudicato con il rito ordinario;

- degli artt. 13, primo comma, e 24, secondo comma, Cost., perchè, stando all'orientamento delle Sezioni Unite, con la sentenza emessa a norma dell’art. 444 cod. proc. pen. la pena verrebbe applicata a persona non riconosciuta autore di un reato;

- dell’art. 25, secondo comma, Cost., in quanto l’applicazione della pena conseguirebbe ad un fatto che, peraltro, non si sa se sia stato effettivamente commesso;

- dell’art. 27, primo, secondo e terzo comma, Cost., in quanto l’applicazione della pena in mancanza di un giudizio positivo di responsabilità si pone in contrasto con i principi della personalità della responsabilità penale, della presunzione di non colpevolezza e dell’effetto rieducativo della sanzione, che presuppone un soggetto colpevole;

- dell’art. 101, secondo comma, Cost., in quanto l’indipendenza del giudice risulta vulnerata in caso di emanazione di una sentenza vincolata all’accordo delle parti;

- dell’art. 102, primo comma, Cost., perchè l’istituto dell’applicazione della pena subordina l’esercizio della funzione giurisdizionale alla volontà delle parti;

- dell’art. 111, primo comma, Cost., perchè la sentenza di applicazione della pena é carente di una effettiva motivazione;

  che con altra ordinanza il Pretore di Siracusa, chiamato ad applicare la pena su richiesta delle parti in qualità di giudice del dibattimento, ha sottoposto ad identiche censure gli artt. 168 cod. pen. e 445 cod. proc. pen., impugnando altresì, in subordine, l’art. 444 cod. proc. pen.;

  che, al riguardo, il rimettente rileva che, ove la Corte ritenga che il "diritto vivente" in tema di effetti della sentenza di applicazione della pena non presenti vizi di legittimità costituzionale, le censure debbono essere estese all’intero rito alternativo del patteggiamento;

  che nei vari giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo, con distinti ma identici atti di intervento, che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

  Considerato che, in relazione al contenuto pressochè identico delle tre ordinanze, deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi;

  che il giudice a quo chiede alla Corte una pronuncia volta ad integrare le cause di revoca di diritto della sospensione condizionale della pena, tassativamente indicate dall’art. 168, primo comma, cod. pen., in modo che la revoca operi anche a seguito della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, così riservando un trattamento deteriore per il condannato;

  che identica questione é già stata dichiarata manifestamente inammissibile con l'ordinanza n. 297 del 1997, in base al rilievo che nel giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale é precluso alla Corte qualsiasi intervento additivo in materia penale che si risolva in un trattamento deteriore per il condannato, sempre che la disciplina non sia frutto di una scelta palesemente arbitraria e ingiustificata;

  che, con particolare riferimento alle censure rivolte all’art. 444 cod. proc. pen., il rimettente vorrebbe sottoporre a giudizio di costituzionalità l’intera disciplina dell’applicazione della pena su richiesta delle parti;

  che analoga questione é già stata dichiarata manifestamente inammissibile con ordinanza n. 172 del 1998;

  che, al riguardo, questa Corte ha ripetutamente affermato, anche con specifico riferimento ai procedimenti speciali, che sono inammissibili questioni formulate in termini tali da comportare interventi legislativi non costituzionalmente vincolati e, in quanto tali, rientranti nella sfera della discrezionalità del legislatore (vedi da ultimo, per quanto concerne in particolare l'applicazione della pena su richiesta delle parti, l'ordinanza n. 399 del 1997);

  che nelle ordinanze oggetto del presente giudizio, pur essendo evocati ulteriori parametri costituzionali, non vengono prospettati profili sostanzialmente nuovi, tali da indurre questa Corte a rivedere le precedenti decisioni;

  che pertanto le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

  riuniti i giudizi,

  dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 444 e 445 del codice di procedura penale e dell’art. 168 del codice penale, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 13, primo e secondo comma, 24, secondo comma, 25, secondo comma, 27, primo, secondo e terzo comma, 101, secondo comma, 102, primo comma, 111, primo comma, Cost., dal Pretore di Siracusa, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Guido NEPPI MODONA

Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1998.