Ordinanza n. 373/98

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ORDINANZA N.373

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 599, comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1997 dalla Corte d’appello di Roma, iscritta al n. 617 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che la Corte di appello di Roma, chiamata a decidere sulla richiesta di rinvio del procedimento in camera di consiglio instaurato a sèguito di gravame avverso una sentenza pronunciata in esito a giudizio abbreviato — rinvio richiesto dal difensore dell’imputato che aveva dichiarato di aderire all’astensione degli avvocati dalle udienze — premesso che l’adesione all’astensione dalle udienze costituisce un legittimo impedimento del difensore rilevante a norma dell’art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, ma che, celebrandosi il procedimento in camera di consiglio, ai sensi degli art. 443, comma 4, e 599 del codice di procedura penale, l’art. 486, comma 5, non può trovare applicazione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, ed all’art. 2, numero 93, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, questione di legittimità dell’art. 599, comma 2, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede il rinvio dell’udienza camerale ovvero la nomina di un difensore in sostituzione di quello non comparso nel caso di legittimo impedimento del difensore dell’imputato";

che ad essere chiamato in causa é, per primo, l’art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto le norme che regolamentano la partecipazione del difensore nel giudizio camerale, svuoterebbero il diritto di difesa in caso di legittimo impedimento del difensore che, non provocando il rinvio del processo, rende impossibile l’applicazione di quella normativa che consente comunque al difensore di comparire nel procedimento in camera di consiglio (art. 127, comma 3, del codice di procedura penale), tanto da determinare l’impossibilità di effettivo espletamento della difesa tecnica; una situazione resa ancor più grave ove l’imputato sia assistito da un difensore di fiducia, non essendo prevista la nomina di un difensore in sua sostituzione, come é invece contemplato dall’art. 420, comma 3, del codice di procedura penale per il caso di legittimo impedimento del difensore all’udienza preliminare;

che l’art. 3 della Costituzione sarebbe vulnerato, per il diverso trattamento, in caso di legittimo impedimento del difensore nell’udienza preliminare entro la quale si colloca, di norma, il giudizio abbreviato, operando, oltre tutto, l’art. 441 del codice di procedura penale un espresso rinvio proprio alle disposizioni previste per tale udienza; una diversità irragionevole in quanto, mentre l’udienza preliminare é destinata a concludersi in ogni caso (salvo che si pervenga all’accesso ai riti alternativi) con una decisione di tipo processuale, il giudizio camerale di appello incide sul merito dell’accusa pervenendo comunque alla definizione del processo;

che, infine, la norma denunciata contrasterebbe con l’art. 2, numero 93, della legge-delega (e, dunque, con l’art. 76 della Costituzione, entrambi non richiamati nel dispositivo e la norma costituzionale neppure nella motivazione), il quale prevede che il procedimento in camera di consiglio si svolga nel contraddittorio delle parti, un contraddittorio non reso effettivo privandosi il difensore di ogni possibilità di far valere il suo legittimo impedimento a comparire all’udienza camerale;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.

Considerato che, pure se l’ordinanza di rimessione sembrerebbe chiamare in causa il regime che non prevede come necessaria la presenza del difensore nelle udienze camerali, in effetti le censure, anche per i parametri costituzionali invocati, concernono esclusivamente il rito camerale in grado di appello e, più in particolare, il giudizio di appello a seguito di processo celebrato in primo grado con rito abbreviato, che, a norma dell’art. 443, comma 4, "si svolge con le forme previste dall’art. 599"; con la conseguenza che, per quanto attiene alla presenza del difensore, trova applicazione l’art. 127, comma 3, a norma del quale "Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso nonchè i difensori sono sentiti se compaiono";

che, peraltro, il giudice a quo mostra di perseguire due soluzioni poste in modo, per così dire, parallelo, nel caso di mancata partecipazione al giudizio camerale di appello del difensore che sia legittimamente impedito, vale a dire, da un lato, l’applicazione della regola che prevede il rinvio dell’udienza, cioé, dell'art. 486, comma 5, dall’altro lato, la nomina di un difensore sostituto a norma dell’art. 97, comma 4;

che, mentre l’una prospettazione si fonda sulla addotta violazione del diritto alla difesa tecnica, vulnerato in quanto, in presenza di un legittimo impedimento del difensore, tale diritto si esaurirebbe sul piano meramente cartolare, l’altra evoca la violazione del principio di eguaglianza, assumendo come tertium comparationis la disciplina dell’udienza preliminare, relativamente alla quale, una volta prescritta la presenza necessaria del difensore, si stabilisce che se il difensore dell’imputato non é presente il giudice provvede a norma dell’art. 97, comma 4;

che é dunque evidente come, a fondamento di entrambe le prospettate soluzioni, l’ordinanza di rimessione collochi la necessità della presenza del difensore nel giudizio di appello camerale a seguito di giudizio abbreviato, donde la duplicità delle scelte in caso di legittimo impedimento del difensore entrambe da conseguire mediante una sentenza additiva: la prima, volta all’estensione delle regole dettate per l’udienza dibattimentale (art. 486, comma 5); la seconda volta all’applicazione (ma solo per il caso di legittimo impedimento del difensore) delle regole dettate per l’udienza preliminare e cioé la designazione di un difensore sostituto;

che, infine, nel prendere in esame il dedotto contrasto con l’art. 2, numero 93, della legge delega, la cui collocazione nella sola motivazione dell’ordinanza esimerebbe questa Corte dall’esame della questione, il giudice a quo si limita a registrare l’assenza di ogni garanzia del contraddittorio derivante da un sistema che non riconosce alcun rilievo all’assenza del difensore non comparso, per legittimo impedimento, nel giudizio camerale;

che, conseguentemente, la questione non risulta formulata in termini univoci, in quanto il giudice a quo, oscillando tra la richiesta di estensione al procedimento di appello camerale ora dell’art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, ora dell’art. 420, comma 3, dello stesso codice, prospetta due possibili soluzioni di portata tutt’altro che equivalente; onde la questione é da ritenere manifestamente inammissibile, attesa l’ancipite prospettazione da parte del rimettente (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 325 del 1994 e n. 207 del 1993).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 599, comma 2, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di appello di Roma con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 novembre 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Giuliano VASSALLI

Depositata in cancelleria il 20 novembre 1998.